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Discussione: Exomologesi

  1. #1
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    Exomologesi

    Siamo in tempo di Quaresima, tempo di contrizione, di afflizione, di pentimento dei peccati commessi, perciò è "d'uopo" argomentare sulla

    “exomologesi”, parola d’origine greca, composta da “ex” (= fuori) + “omoy” (= insieme), che nella Chiesa antica aveva doppia valenza: indicava nel penitente la confessione dei peccati e la sua professione di fede.

    Sappiamo che Gesù trasmise agli apostoli il potere di rimettere i peccati. Essi esercitarono questo potere trasmettendolo a loro volta ai loro successori, ma non ci sono elementi per comprendere le modalità e la forma istituzionale del sacramento della confessione e della penitenza o riconciliazione.

    Tertulliano e Cipriano furono i primi ad iniziare l’elaborazione della dottrina penitenziale nella Chiesa occidentale del III e IV secolo.

    Il filosofo e apologeta cartaginese cristiano Tertulliano (155 circa – 230 circa) scrisse numerosi libri, fra i quali il “De paenitentia”, in cui dice che la penitenza è quella che si rivolge ai peccati, che possono essere materiali e spirituali, ed esorta a non ricadere nella colpa dopo il perdono.

    Il vescovo di Cartagine, Cipriano (210 circa – 258) nella sua dottrina sulla penitenza espresse due princìpi: l’assoluzione impartita dal vescovo al peccatore non impedisce che Dio, il quale conosce la profondità del pentimento, perdoni (Laps. 17; Ep. 55, 18, 1); il "sacerdos" (in Cipriano designa il vescovo) è un “servo”che non può ingerirsi nei diritti del Signore. Il pentimento non è un merito che estorce il perdono: è rinuncia a sé stessi, abbandono alla grazia di Dio.

    Comunque due eventi indussero le comunità cristiane a precisare la loro opinione sulla penitenza: la controversia montanista —riguardo la riconciliazione per i peccati di adulterio e di fornicazione— e la controversia circa gli apostati della persecuzione di Decio (250) e di quella di Valeriano (257).

    Gli storici del cristianesimo confermano l’esistenza del sacramento della penitenza fin dalle origini della Chiesa, che non negava il perdono e la riconciliazione ai cristiani peccatori veramente pentiti, anche se colpevoli dei tre peccati capitali: omicidio, adulterio, apostasia della fede.

    Nella Chiesa antica per i cristiani battezzati era importante la possibilità della penitenza per i peccati commessi, ma era connessa con modalità "risarcitorie" spesso disumane.
    Ultima modifica di doxa; 11-03-2021 alle 15:31

  2. #2
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    Nel “De Paenitentia” di Tertulliano ci sono pagine in cui si descrive l‘esigenza della penitenza e il pericolo rappresentato dall‘atteggiamento che induce molti, per timore, a non confessarsi.

    Secondo questo filosofo si deve avere pudore prima di esporsi al pericolo, ma non si deve avere vergogna di liberarsi dal peccato tramite la confessione ed ottenere la riconciliazione con Dio.

    Pur non essendo il suo scopo principale, il trattato di Tertulliano ci fornisce una descrizione molto interessante del processo penitenziale che veniva proposto nella Chiesa del suo tempo.

    “Fare penitenza” significava convertirsi e non peccare più. Come il battesimo è unico anche la penitenza non poteva essere reiterata. Questo principio fu formulato definitivamente all’inizio del III secolo da Tertulliano come rimedio al peccato commesso.

    Il principio della non reiterabilità condizionò il sistema penitenziale antico fino al VI secolo.

    La confessione era privata, ascoltata soltanto dal vescovo (o da un sacerdote incaricato) ma il percorso penitenziale era pubblico. Cominciava nella comunità ecclesiale alla presenza dei fedeli, riuniti durante un rito liturgico presieduto dal vescovo, il quale non alludeva al peccato che in privato gli era stato in precedenza rivelato dal peccatore. Il sacerdote comminava la penitenza canonica e l’adeguata espiazione.

    L’iniziativa del peccatore di presentarsi davanti al vescovo e alla comunità ecclesiale, è l’exomologesi”, riconoscimento della propria colpevolezza al fine di cambiare vita.

    Il vescovo accoglieva il peccatore tra le schiere dei penitenti all’inizio della Quaresima, imponendogli le mani sul capo (chirotonia) e dandogli il cilicio. Al termine della cerimonia il penitente veniva simbolicamente espulso dalla Chiesa per manifestare l’interdizione di accostarsi all’eucarestia fino al giorno della riconciliazione.

    Penitenza canonica

    Lo stato di penitente era molto gravoso. Comportava il dover partecipare alla celebrazione eucaristica fuori dalla chiesa, oppure assistere alla Messa dall'ingresso nella chiesa, prima dell'entrata nella navata, od anche poteva sedere nell'ultimo posto in fondo.

    Il peccatore era escluso dalla comunione, doveva mantenere a lungo la posizione genuflessa; il suo aspetto esteriore doveva essere dimesso, non pulito, vestito con stoffa ruvida e grezza, simbolo dei penitenti.

    Le pene consistevano in mortificazioni corporali più o meno dure che solitamente coincidevano con il digiuno, inteso come rinuncia ad alcuni cibi. Il penitente si nutriva di pane ed acqua solo nei casi più gravi, mangiava legumi, formaggi, si asteneva dalla carne, o solo dalla carne e dal vino.

    La repressione non mirava alla rottura della relazione del penitente con gli altri fedeli, ma serviva a renderlo consapevole delle conseguenze del suo peccato e la necessità della conversione.

    L’actio paenitentiae prevedeva duri obblighi, la cui durata poteva essere di mesi o di anni, in base al giudizio del vescovo, che considerava la gravità delle colpe e dell’impegno del peccatore nel “cammino di conversione”.

    Le opere di penitenza erano private e pubbliche: privatamente il penitente era tenuto a digiuni, pianti e preghiere; doveva trascurare la sua pulizia corporea e dormire su un giaciglio cosparso di cenere; pubblicamente doveva chiedere l’intercessione dei martiri, dei confessori, dei fedeli, e dar prova della propria conversione interiore.

    Dal IV secolo si aggiunsero gli obblighi penitenziali di carattere rituale: durante la Quaresima i penitenti dovevano ricevere l’imposizione delle mani dal presbitero; nei giorni festivi avevano l’obbligo di pregare in ginocchio; in occasione dei funerali dovevano trasferire i defunti in chiesa e poi dar loro sepoltura.

    Nel IV secolo vennero introdotti anche gli interdetti che gravavano sul penitente non solo durante il tempo di espiazione, ma anche dopo la riconciliazione, condizionandone l’intera esistenza: gli veniva proibito il servizio militare, di avere cariche pubbliche, di svolgere attività commerciali, di adire ai tribunali civili, di ricevere gli ordini sacri. Al penitente sposato era vietata l’attività sessuale col coniuge; al penitente vedovo era impedito di contrarre un nuovo matrimonio; il penitente celibe non poteva sposarsi né prima né dopo la riconciliazione e il suo stato esigeva la castità totale.

    Il paradosso: il peccatore voleva convertirsi ma la sua vita non poteva cambiare, perché egli restava per sempre penitente, anche dopo il perdono ricevuto. Ciò significava la “morte” civile e sociale per il peccatore e la rottura del matrimonio. Chi non ce la faceva e abbandonava la penitenza veniva considerato un apostata, come tale subiva la scomunica perpetua.

    Quel violento, disumano regime di penitenza non era usato dalle comunità cristiane in Gran Bretagna e in Irlanda. Esse elaborarono una modalità che prevedeva la penitenza privata ripetibile, anziché la penitenza possibile solo una volta nella vita dopo il battesimo; fu data ai penitenti l’opportunità di ricorrere al sacramento della penitenza quando la ritenevano necessaria dopo l’esame di coscienza.

    In privato il peccatore poteva confessare le proprie colpe al sacerdote e non più al vescovo.

    Quel diverso sistema penitenziale era descritto nei primi “Libri penitenziali” che servivano da guida all’azione dei penitenzieri. Sono libri che contengono la classificazione delle colpe cui corrispondevano le penitenze da imporre, “le tariffe”, la “penitenza tariffata”, che si concretizzava con digiuni, preghiere, a volte con offerte in denaro.
    Ultima modifica di doxa; 11-03-2021 alle 16:09

  3. #3
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    La Chiesa col passar del tempo ebbe la necessità di articolare meglio il peccato e la penitenza per maggior beneficio spirituale del peccatore. Inoltre, non in tutte le zone era in uso la penitenza canonica. Luoghi lontani da Roma come la Scozia, l'Inghilterra e l'Irlanda non conobbero l'antica penitenza.
    Dall'Irlanda, uno dei centri di maggior importanza del Cristianesimo, si propagò nel resto d'Europa la visione di un Dio più amorevole e un maggior discernimento nel valutare il peccato e le sue conseguenze.

    La Chiesa, inoltre, divise i peccati in categorie, alle quali venivano assegnate penitenze specifiche. Questo nuovo tipo di penitenza venne detta "penitenza tariffata" poiché ogni peccato contraeva un debito verso Dio che andava pagato secondo un "prezzo" o "tariffa" penitenziale stabilito o quantomeno indicato a priori. La pratica mirava anche ad uniformare il trattamento per i fedeli evitando che per lo stesso peccato qualcuno espiasse di più e qualcuno di meno, nonché a educare i sacerdoti nella gestione delle anime.

    Le "tariffe penitenziali" venivano raccolte nei cosiddetti "Libri Penitenziali". Ebbero la massima diffusione dal VII al IX secolo.

    Nella scrupolosa tassonomia dei penitenziali veniva sanzionato qualsiasi peccato, spesso distinguendo la durata della pena non solo in base alla gravità della colpa, ma anche in rapporto allo stato di salute e socio-economico del peccatore, come attesta il “Paenitentiale” del monaco missionario ed evangelizzatore irlandese Colombano (540 circa - 615) che fondò numerosi monasteri e chiese in Europa, fra i quali il complesso monastico di Bobbio (prov. di Piacenza) nel quale morì.

    Con il suo penitenziale introdusse l’uso della confessione privata in sostituzione del pubblico rituale per il sacramento della penitenza. Tra il VII e l’VIII secolo questo sistema venne diffuso in Europa, dando al regime penitenziale antico ciò che gli mancava: la ripetibilità della penitenza anziché l’unicità, la segretezza del processo penitenziale in sostituzione della dimensione pubblica, la liberazione dalle tasse penitenziali dopo averle pagate al posto della gravosità degli interdetti, che rimanevano attivi anche dopo la riconciliazione. Il peccatore confessava al sacerdote e non al vescovo, espiava in privato, e ri-espiava tante volte quante aveva peccato, così come è in uso ancora oggi.

    Il dato costante che emerge dai testi è l’onerosità e la lunghezza dei digiuni, che venivano imposti per giorni, mesi o addirittura anni, tali da renderli insostenibili. Per paradosso, il nuovo sistema garantiva l’accessibilità della penitenza a tutti, ma era impraticabile.

    I “penitenziali” contenevano liste di commutazioni per consentire al peccatore di “riscattare” il proprio digiuno, per esempio facendolo compiere ad un altro in cambio di denaro, donazioni di terre o celebrazioni di messe. Da questo paradosso scaturì l’inevitabile disparità di trattamento tra peccatori ricchi e peccatori poveri.

    Ad ogni peccato corrispondeva una tassa precisa da pagare con digiuni e preghiere. Il confessore imponeva al penitente le “tariffe”, che una volta “saldate” aveva il perdono.

    Dopo la “tassazione” il peccatore faceva penitenza. Dopo averla compiuta tornava dal confessore per avere l’assoluzione dal peccato o dai peccati.

    Quest’uso si affermò dal IX secolo ma suscitò reazioni contrastanti. Anche il metodo dei penitenziali evidenziò problemi. L'autorità della Chiesa era frammentata nei luoghi distanti da Roma e i libri penitenziali avevano indicazioni spesso diverse tra loro e a volte arbitrarie. Già il Concilio di Reims e di Chalon-sur-Saône, nell'813 impose di bruciare i vecchi penitenziali e redigerne di nuovi, con maggior coerenza e maggior buonsenso.

    Dall'altro tali libri rendevano il pentimento un atto meccanico che incentivava più il senso di colpa che il senso di comunione con Dio, inoltre, non stimolavano le virtù e non insegnavano il discernimento sia nei sacerdoti sia nei fedeli.

    Tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo il breve trattato titolato “De vera et falsa poenitentia” dà la prima formulazione teologica del valore del “sacramentum confessionis”.
    Ultima modifica di doxa; 11-03-2021 alle 16:20

  4. #4
    Opinionista L'avatar di crepuscolo
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    Mi sembra evidente da quanto hai riportato che il peccato abbia assunto con il tempo un'istituzionalizzazione parallela a quella ecclesiastica.
    E' pure ovvio, risolta così la questione, che il povero peccatore risulti più un oggetto che un soggetto; a questo punto non mi meraviglio se la Chiesa abbia assunto col tempo un potere dominante ed un arricchimento senza precedenti. Infatti seguendo l'dea di cono che in buona parte si riferisce ai vari catechismi tutti sono peccatori impenitenti.
    Se togliamo a Dio la possibilità di intervenire direttamente nell'animo delle persone ricadiamo nel legalismo ebraico che Gesù condannava aspramente.
    Se fai questo devi fare quest'altro, e, se mi permetti doxa, a me non va poiché io ed io solo sono in rapporto con Dio in quanto responsabile di me stesso.
    Gesù è il mio maestro e questo mi basta. Con questo non voglio negare l'influenza che la Chiesa ha avuto e continua ad avere, ma la vedo più come la sua sopravvivenza piuttosto che la mia.

  5. #5
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    Buonasera Crep, condivido quanto hai scritto.

    Non sono un credente, però mi piace la storia del cristianesimo e della Chiesa nei loro vari aspetti.

    In occasione di questa quaresima ho voluto ripassarmi in modo sintetico l’evoluzione del sacramento della confessione, penitenza e riconciliazione e debbo dirti che mi sembra di capire perché nel nostro tempo la maggior parte dei cristiani considera con disagio il sacramento della penitenza, perciò è in “disuso”.

    Con questo post, l’ultimo in questo topic, voglio dire che tra le riforme attuate dalla Chiesa cattolica nell’XI secolo ci fu anche quella del sacramento della penitenza. Vennero aboliti i “libri penitenziali”, considerati continua fonte di errori e di contraddizione all’autorità papale.

    Esempio, se venivano sommati i peccati si sommavano le pene, e queste potevano superare gli anni di vita del “credente”.

    I libri penitenziali vennero sostituiti con le “Summae confessorum” o “Summae de paenitentia”, che indicavano come accogliere ed educare il penitente, quali virtù insegnargli per evitare il peccato, anziché dirgli quanti giorni digiunare.

    Poiché la Chiesa aveva anche funzioni giuridiche che tutelavano la società civile, le "Summe" indicarono anche le conseguenze giuridiche di un peccato, che oltre ad offendere Dio e dannare l'anima, laceravano il tessuto sociale.

    Il diritto germanico prevedeva il “guidrigildo”: la somma in denaro che stabiliva il valore teorico di un individuo. Veniva considerata una indennità congrua, idonea a risarcire il danneggiato e i suoi parenti. Era calcolata a seconda del valore sociale dell’offeso.

    In Italia il guidrigildo fu introdotto nel 643 dai Longobardi con l’Editto di Rotari
    , per conseguenza si diffuse l’uso della “compositio”, cioè il riscatto della penitenza con il versamento di una somma in denaro. Questa pratica permise abusi. Divenne abitudine elargire ai monasteri delle terre per pagare le espiazioni che il peccatore avrebbe dovuto fare per avvicinarsi a Dio. La Chiesa si arricchì e aumentò il suo potere, ma numerose voci si levarono a difesa del pentimento sincero e contro la pratica della compositio. Il problema fu dibattuto anche in alcuni Concili, senza riuscire ad estirpare la tendenza del concedere il perdono in cambio di denaro o altri beni.

    Per aggirare o tentare di gestire il problema la pratica della compositio venne sostituita con quella scandalosa dell'indulgenza...poi ci fu Lutero, il Concilio di Trento dal 1545 al 1563, la Controriforma cattolica, ma questa è un’altra storia.
    Ultima modifica di doxa; 11-03-2021 alle 18:19

  6. #6
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    La Chiesa non ha mai inventato niente: Tutto, come sempre, parte dalle Parole del Suo Divino Fondatore....

    «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». (Giovanni 20)

    Riguardo a ciò che dicevi sulla ritrosìa da parte di alcuni ad accostarsi a questo Sacramanto, essa trae origine dalla mancanza di umiltà. Specialmente al giorno d'oggi, dire "ho sbagliato" costa sacrificio e quando si arriva a dirlo, poi si cerca di addolcire la pillola con un bel "però", trovando mille giustificazioni.
    amate i vostri nemici

  7. #7
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    E' vero che li ha mandati, la prima volta con la borsa, poi senza una lira, senza niente; sennò Dio che ci starebbe a fare.
    Tutti possono andare nei posti con i soldi, persino il Papa.

  8. #8
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    La confessione non si paga. Il Perdono ricevuto da Dio non ha prezzo.
    amate i vostri nemici

  9. #9
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    Il perdono ricevuto dall'uomo che ha non l'umiltà da te tanto decantata ma la presunzione subdola di rappresentare Dio si paga a caro prezzo con la ripetitività del peccato.

  10. #10
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    'Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro a cui non perdonerete, resteranno non perdonati' (Giovanni 20)

    " E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli ". (Matteo 16)

    L'ha detto quel Gesù che credi di conoscere tanto bene....
    amate i vostri nemici

  11. #11
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Citazione Originariamente Scritto da conogelato Visualizza Messaggio
    'Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro a cui non perdonerete, resteranno non perdonati' (Giovanni 20)

    .
    Lapalisse non avrebbe saputo dirlo meglio.
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  12. #12
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    A volte le cose sono estremamente semplici, amica mia: Se il Cristo non ha pronunciato quelle Parole, ha ragione Crep. Se le ha pronunciate, il loro Valore è incommensurabile!
    amate i vostri nemici

  13. #13
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Tra semplicità e banalità il passo è breve.
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  14. #14
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    A volte le cose sono estremamente semplici, amica mia: Se il Cristo non ha pronunciato quelle Parole, ha ragione Crep. Se le ha pronunciate, il loro Valore è incommensurabile!
    A parte il fatto che credo in Gesù di Nazareth; è alla Chiesa che non credo più.
    Detto ciò risulta evidente che la mia grande fede in Cristo è maggiore della mia poca fede nella Chiesa che tu ti vanti di rappresentare.
    Odio la gerarchia perché il mio spirito è uno spirito libero di uguaglianza verso tutti, credenti o no.
    Cristo le può anche aver pronunciate ma sicuramente c'è chi l'ha travisate pensando più a sé che agli altri.
    Difronte a Dio io sono responsabile di me stesso e non mi faccio rappresentare da nessuno, fosse anche il Papa.
    Se nell'al di là il Papa venisse condannato di conseguenza verrei condannato anch'io, e questa sarebbe solo una grande scusa per non aver voluto essere me stesso fino in fondo.
    Ultima modifica di crepuscolo; 17-03-2021 alle 14:55

  15. #15
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Tra semplicità e banalità il passo è breve.
    A noi distinguere.
    amate i vostri nemici

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