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Discussione: Fenomenologia dell'obbedienza

  1. #1
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    Fenomenologia dell'obbedienza

    Il professor Natalino Irti, ex docente di diritto all’università di Roma, “La Sapienza”, ha pubblicato recentemente il libro titolato “Viaggio tra obbedienti”, edito da “La nave di Teseo”.

    Questo libro non è un trattato sull’obbedienza né un discorso sulla servitù volontaria, che sottomette gli individui, ma un excursus in tempi e luoghi diversi: voti monastici, doveri militari, vincoli di partito, fedeltà costituzionali, e giunge fino al nostro periodo di pandemia, con le restrizioni alla libertà personale e l’obbedienza alle decisioni governative conseguenti a quelle sanitarie: l’individuo ascolta, interroga sé stesso, scioglie il dubbio, e infine decide per il sì o il no. La sua volontà è il giudice di ultima istanza.

    L’obbedienza è l’ordito concettuale da cui scaturisce la riflessione sulla libertà dell’individuo, che è responsabile di sé e di ciò che fa, quando decidere in una direzione o in un’altra mette in discussione il significato della propria esistenza.

    La coscienza induce a scegliere, decide volta per volta se obbedire oppure disobbedire, scegliendo tra valori diversi che possono contrapporsi l’uno con l’altro, senza possibilità di mediazioni o compromessi.

    La persona è libera anche quando decide di obbedire. Obbedienza intesa come consapevole adesione al comando, che implica sempre il nesso “ascoltare, capire e decidere”.

    L’individuo deve trovare in sé stesso le ragioni che lo motivano a scegliere e a decidere, obbedendo o disobbedendo all’imperativo che gli viene rivolto.

    Capire non significa condividere ciò che gli viene comandato per decidere cosa fare, se obbedire o disobbedire.

    L’obbedienza non si contrappone alla libertà, perché è esercizio di libertà.

  2. #2
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    Contrordine compagni! L’obbedienza deve essere “cieca, pronta e assoluta” (Giovanni Guareschi)

    Guareschi nel 1947 fu l’ideatore dei trinariciuti, riferiti agli iscritti al partito comunista, per la loro presunta acritica credulità e “obbedienza” alle direttive del partito, come tali considerati essere diversi.



    La prima vignetta con l’invenzione della terza narice, apparve sul settimanale “Candido” l’1 marzo 1947.

    Invece la “trimammelluta” la ideò e disegnò per il numero 17 di Candido del 26 aprile 1947. Raffigura un’attivista comunista entusiasta mentre presenta a un gruppo di compagne un’attivista sovietica di passaggio in Italia, e grida: “Ecco, compagne, cosa si è fatto nell’URSS per valorizzare la donna!”. E la compagna russa, essendosi tolta la camicetta ed essendo rimasta in sottoveste, mostra con sufficiente ma non indecente evidenza, di possedere quella maggiorazione fisica che, appunto, le dava il diritto di essere chiamata trimammelluta.



    Da allora Guareschi promosse a trimammellute le compagne dei trinariciuti italiani per significare la loro animosità polemica e la loro aspirazione a raggiungere l’alto livello raggiunto, grazie al regime sovietico, dalle compagne russe.

    Guareschi per dar modo ai “compagni comunisti” di scaricare il fumo contenuto nel loro cervello, fece loro la terza narice, e per dar modo alle “compagne” di rappresentare il loro status di attiviste complete del partito comunista fece loro la terza mammella.



    Ma il terzo attributo fisico, che evidentemente per Guareschi era un simbolo importante dell’estensione attitudinale di chi lo sfoggiava, giunse anche per la Democrazia Cristiana, impegnata ad occupare quante più poltrone possibili all’interno del Governo e del Parlamento, mostrava un terzo, imponente gluteo che sottolineava la necessità di avere a disposizione almeno un posto a sedere aggiuntivo, rispetto a quanto previsto dalla natura per gli individui normali. (In realtà, quello che oggi si definirebbe il “lato b” della Democrazia Cristiana crebbe a dismisura, fino ad arrivare ad un innumerevole quantità di glutei supplementari, adatti ad occupare molte poltrone.
    Ultima modifica di doxa; 12-04-2021 alle 17:49

  3. #3
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    A proposito di obbedienza…

    cliccate sul link per ridere. Il filmato fu realizzato per il ventennale del partito fascista.

    https://www.youtube.com/watch?v=-K3NMtxmSOc

    Mi sembra una caricatura: Mussolini pone domande al “popolo gregge” in “adunata oceanica” (così si soleva dire) e la folla rispondeva con i si e con i no che il “duce”voleva sentirti dire.

    Il “dux” conclude il suo discorso con le "parole d'ordine" da lui ideate :“Credere obbedire combattere”; questo slogan è nell’art. 4 dello Statuto del Partito Nazionale Fascista ed era anche il motto della Gioventù italiana del Littorio.

    Credere, obbedire, combattere: ognuno di questi tre verbi era la sintesi di tre frasi:

    Credere nel fascismo e nel duce;

    obbedire senza discutere o polemizzare;

    combattere per difendere l’ideologia fascista.


    “Credere, obbedire, combattere” era uno dei bellicosi precetti del “catechismo” fascista.

    Oggi quell’imperativo categorico viene citato come battuta scherzosa.


  4. #4
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Per chi crede, l'obbedienza va sempre di pari passo con l'ascolto. Ascoltare gli Altri. O un Altro. Ascoltare veramente. E poi avere discernimento sull'agire....

    Come è noto, il verbo «obbedire» è imparentato con il verbo «ascoltare». Questo vale in italiano, che deriva dal latino, in greco, ma anche in ebraico e in arabo. Addirittura in ebraico, in assenza di una radice propria, per esprimere l’obbedire (oltre al semplice verbo «ascoltare») si usa un sintagma che, tradotto letteralmente, significa «ascoltare nella voce». L’obbedienza, quindi, è un ascolto che si fa azione e una azione condotta «stando nella parola» ascoltata, tenendola nel cuore, continuando ad ascoltarla, ritrovandone in ogni momento la freschezza e l’attualità, la saldezza e la sicurezza…

    Stando così le cose, comprendiamo bene che il primo peccato, quello del giardino (Gen 3), è davvero una dis-obbedienza, un non-ascolto, perché la parola di Dio tenuta nel cuore è stata scalzata da altre parole, con le quali si è entrati in dialogo, dalle quali ci si è lasciati sedurre: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie...» (Gen 3,17), dice Dio all’’adam.... E se, come dice il salmo, la Parola di Dio è stabile come il cielo (Sal 119,89), essa rinuncia alla sua stabilità, quando si relaziona con l’uomo, sperando di trovare un cuore che ascolta (1Re 3,9) e consegnandosi nelle mani della libertà umana…

    http://www.ausiliariediocesane.it/jo...e-ascolto.html
    amate i vostri nemici

  5. #5
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    Bene Cono, per rimanere nell’ambito religioso e l’obbedienza alla “legge di Dio” ti segnalo la relazione del filosofo Salvatore Natoli

    Clicca sul link

    https://www.fondazionesancarlo.it/wp.../01/Natoli.pdf

    Un bel saluto

  6. #6
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    Doxa, interessante approfondimento quello che hai postato di Salvatore Natoli, mi ha aiutato ad approfondire dei miei pensieri, a perfezionarli, usando il l'aggettivo riferito a Socrate è stato maieutico. Grazie

  7. #7
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    Buon pomeriggio Durante.

    Aggiungo un'altra "spezia" al piatto con l'obbedienza.

    In ambito militare l’obbedienza non è più “cieca ed assoluta”, come prevedeva nel passato il Codice penale militare, non solo italiano.

    Durante la prima guerra mondiale dopo la “disfatta di Caporetto” molti militari italiani furono fucilati per insubordinazione (alle decisioni sbagliate dei loro comandanti, in primis il capo di stato maggiore, generale Luigi Cadorna, che poi fu “defenestrato”), perché così prevedeva il Codex, ma di questo argomento se ne parla poco.

    Cadorna fu responsabile della disfatta, da lui invece attribuita alla scarsa combattività di alcuni reparti. Comunque venne sostituito dal generale Armando Diaz.

    Dopo la seconda guerra mondiale quel Codice militare fu ristrutturato. Ora prevede la corresponsabilità dell'inferiore (insieme al superiore) nell'illecito penale commesso per ordine del superiore, come previsto dalla vigente disciplina dell'adempimento del dovere .

    Il militare deve eseguire l’ordine ricevuto "nei limiti delle relative norme di legge e di regolamento" cioè il subordinato è vincolato all'obbedienza solo se l'ordine è legittimo.

    Il tribunale militare di Norimberga poté condannare molti comandanti nazisti non accettando la scusante di chi sosteneva di aver adempiuto agli ordini di Hitler. Comunque fu un dilemma: obbedire e commettere un crimine efferato o disobbedire e rendersi punibile con la pena di morte da parte di una corte marziale ?

    Nell’ambito cristiano l'obbedienza è un valore essenziale, offre all'autorità religiosa la sottomissione che le è dovuta. “Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio”.

    Nel 1968 il pontefice Paolo VI dedicò l’udienza generale del 16 ottobre a “L’obbedienza alla Chiesa impegno e virtù di tutti i fedeli”. Durante il suo discorso si domandò: “Dove finirebbe la legge, l’autorità, la comunità, se non vi fosse il culto dell’obbedienza? E nell’ambito ecclesiastico, che ne sarebbe dell’unità di fede e di carità, se una cospirazione di volontà, garantita da un potere autorizzato, lui stesso obbediente al volere superiore di Dio, non proponesse ed esigesse una consonanza di pensiero e di azione?”

    Da tener presente che i voti di “Povertà, obbedienza e castità” sono tre cardini nella Chiesa cattolica.

    Con il voto di obbedienza l’aspirante frate, monaco o presbitero rimette le proprie decisioni al giudizio di un superiore, schiacciando in tal modo la propria personalità.

    Tommaso d’Aquino nella “Summa Theologiae” indica il voto di obbedienza come il più importante dei voti religiosi, ed è comprensibile nelle grandi organizzazioni, altrimenti ognuno fa come gli pare.
    Ultima modifica di doxa; 13-04-2021 alle 20:26

  8. #8
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    Ho letto con attenzione questo ultimo post doxa, L'obbedienza cieca che è avvenuta in degli scenari storici del secolo scorso fanno comprendere dove portano le conseguenze, come purtroppo avviene in alcune nazioni della nostra contemporaneità. Nella obbedienza sussiste una libertà di pensiero che fa la differenza come hai già spiegato tu tra ragion d'essere di non cagionare danni irreversibili verso persone e cose. L'argomento non é semplice perché riflettere e poi discutere un'ordine non é una situazione di poco conto, si deve dimostrare secondo il nostro punto di vista dove è l'errore, da tenere di conto anche della mentalità caratteriale dei superiori e la loro dignità. Scrivo queste ultime frasi pensando alla relazione che ho seguito online del prof Salvatore Natoli che ha argomentato sulla Verità. Sinceramente la sua é stata una spiegazione di una logica aristotelica anche se per certi versi ha riportato delle interpretazioni platoniche. Non conoscevo questo professore.

  9. #9
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    Tutto molto interessante, grazie ragazzi!
    amate i vostri nemici

  10. #10
    Opinionista L'avatar di Spirit
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    “Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti agli incaricati di applicarla.”
    (S. Lec)

  11. #11
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    Ma dai, ancora questo sta a sparare boiate, le solite boiate dopo anni? Un altro bel campione insieme all'altro, Mazzucco, di cui frequentava il forum.
    Gente, se state dietro alle corbellerie e all'ignoranza di questo tizio non state messi bene. Altro che saggio.
    Pienamente funzionante e programmata in tecniche multiple

  12. #12
    Opinionista L'avatar di Spirit
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    Il professor Natalino Irti, ex docente di diritto all’università di Roma, “La Sapienza”, ha pubblicato recentemente il libro titolato “Viaggio tra obbedienti”, edito da “La nave di Teseo”.

    Questo libro non è un trattato sull’obbedienza né un discorso sulla servitù volontaria, che sottomette gli individui, ma un excursus in tempi e luoghi diversi: voti monastici, doveri militari, vincoli di partito, fedeltà costituzionali, e giunge fino al nostro periodo di pandemia, con le restrizioni alla libertà personale e l’obbedienza alle decisioni governative conseguenti a quelle sanitarie: l’individuo ascolta, interroga sé stesso, scioglie il dubbio, e infine decide per il sì o il no. La sua volontà è il giudice di ultima istanza.

    L’obbedienza è l’ordito concettuale da cui scaturisce la riflessione sulla libertà dell’individuo, che è responsabile di sé e di ciò che fa, quando decidere in una direzione o in un’altra mette in discussione il significato della propria esistenza.

    La coscienza induce a scegliere, decide volta per volta se obbedire oppure disobbedire, scegliendo tra valori diversi che possono contrapporsi l’uno con l’altro, senza possibilità di mediazioni o compromessi.

    La persona è libera anche quando decide di obbedire. Obbedienza intesa come consapevole adesione al comando, che implica sempre il nesso “ascoltare, capire e decidere”.

    L’individuo deve trovare in sé stesso le ragioni che lo motivano a scegliere e a decidere, obbedendo o disobbedendo all’imperativo che gli viene rivolto.

    Capire non significa condividere ciò che gli viene comandato per decidere cosa fare, se obbedire o disobbedire.

    L’obbedienza non si contrappone alla libertà, perché è esercizio di libertà.
    Si tratta, caro Doxa, di un discorso di capitale importanza in questo travagliato periodo. Per il momento vorrei soffermarmi proprio sull'ultima frase "L'obbedienza non si contrappone alla libertà, perché è esercizio di libertà". Questo fa nascere in me alcune domande, ad esempio:
    1) Se la mia obbedienza (ma anche la disobbedienza!) è data da IGNORANZA riguardo le questioni in ballo, posso ugualmente considerarmi LIBERO?
    2) Questione capitale: se la mia coscienza è in contrasto con le leggi scritte, è lecito disobbedire?
    3) Come può essere LIBERA una scelta che è sempre condizionata da educazione, esperienze soggettive, ruolo dei mass media ecc.?
    4) Non è forse vero che le nostre scelte di vita sono spesso obbligate, perché siamo costretti ad allontanarcene quando si distaccano dalla morale comune ?

    Spero che i problemi in ballo siano fonte di un certo dibattito...
    “Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti agli incaricati di applicarla.”
    (S. Lec)

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