Senescenza e invecchiamento non sono sinonimi: la senescenza è connessa con il periodo più tardivo dell’invecchiamento, corrisponde alla vecchiaia o senilità.
La senescenza si conclude con la morte.
Ci sono persone che cercano di contrastare i segni del tempo che passa con massaggi, creme, lifting, altre, invece, accettano il cambiamento fisico come un evento naturale.
Il filosofo della politica e giurista Norberto Bobbio, morto nel 2004 all’età di 95 anni, in una intervista al quotidiano “Il Tempo” nel 1996 disse: “Alla mia età si vive un penoso momento esistenziale: ci si rende conto di aver poco tempo per fare le cose che si vorrebbe, e si è consapevoli d’essere ormai incapaci di farle in fretta. Il vecchio è consegnato al tempo lento. La memoria può mantenersi sveglia, ma la velocità di connessione procede al piccolo trotto”.
Nel suo libro “De senectute” dice che la vecchiaia non è bella, non conduce alla saggezza, e i ricordi servono per ricostruire la trama della propria vita.
Nella nostra storia letteraria ci sono testi retorici per esaltare la virtù e la piacevolezza della vecchiaia, come il “De senectute” di Cicerone, scritto nel 44 a. C. all’età di 62 anni, e l’Elogio della vecchiaia, scritto da Paolo Mantegazza alla fine del XIX secolo. Tali libri fanno l’apologia della vecchiaia, la sdrammatizzazione della morte. Questa è considerata da Cicerone secondo il modulo classico del disprezzo della morte.
La vecchiaia è diventata un problema sociale, non solo perché è aumentato il numero dei vecchi, ma anche perché è aumentato il numero degli anni che si vivono da vecchi.Comunque il Covid sta aiutando l’INPS ed altri enti previdenziali.
Si dice che la vecchiaia non è drammatica ma purtroppo dura poco. Non la pensano così i vecchi malati, non autosufficienti. Essi, al contrario, credono che la vecchiaia duri troppo tempo.
Parlando con altri anziani ho capito che chi ha avuto una vita piacevole combatte per non morire, cerca il miglior ospedale, le migliori cure per prolungare la vita. Invece chi ha avuto una vita tribolata ed è malato ha voglia di finirla al più presto. Per curarsi gli va bene qualsiasi ospedale e qualsiasi cura, non pretende l’accanimento terapeutico.
Il vecchio soddisfatto di sé e il vecchio disperato sono due atteggiamenti estremi, entro i quali ci sono altri modi di vivere la vecchiaia: l’accettazione passiva, la rassegnazione, l’indifferenza, l’ostinazione a non voler vedere le proprie rughe, l’indebolimento fisico; o, al contrario, il distacco dai problemi quotidiani, il raccoglimento nella riflessione o nella preghiera.
La vecchiaia non è scissa dal resto della vita precedente: è la continuazione della vita precedente, dell’adolescenza, la giovinezza, la maturità. C’è il vecchio sereno e quello mesto, il soddisfatto giunto tranquillamente alla fine della vita, l’inquieto che ricorda i suoi sbagli; chi assapora la propria vittoria e chi non riesce a cancellare dalla memoria le proprie sconfitte.
La dimensione in cui vive il vecchio è il passato. Il tempo del futuro è per lui troppo breve perché si preoccupi di ciò che avverrà.
Nella rimembranza il vecchio che non ha malattie cerebrali ritrova sé stesso, la sua identità, nonostante i molti anni trascorsi, le tante vicende vissute. Nel ripercorrere i luoghi della memoria ti si affollano attorno i morti, le persone che hai conosciuto o amato e non ci sono più.