25

Ed ora accadde che, dopo alcuni anni, venne fra il popolo di Nefi un uomo chiamato Sherem. Or avvenne che egli cominciò a predicare fra il popolo e a dichiarare loro che non vi sarebbe stato alcun Cristo. E predicava molte cose che lusingavano il popolo e ciò fece per potere rovesciare la dottrina di Cristo. E lavorò diligentemente a distogliere i cuori della gente, cosicché riuscì a sviarne parecchi; e sapendo che io, Giacobbe, avevo fede nel Cristo che doveva venire, cercò molte occasioni di giungere a me. Ed era un uomo istruito, che aveva una conoscenza perfetta della lingua del nostro popolo, pertanto poteva usare molte lusinghe e grande abilità oratoria, secondo il potere del diavolo. E nutriva speranza di farmi vacillare nella mia fede, nonostante le molte rivelazioni e le numerose manifestazioni da me avute circa tali argomenti; infatti io avevo veramente visto degli angeli e mi avevano istruito. Ed avevo anche udito la voce del Signore, che di quando in quando mi aveva parlato con le sue stesse parole, per cui non avrei potuto essere scosso. Ed avvenne che egli venne a me e in questa maniera si rivolse a me, dicendo: - Fratello Giacobbe, ho cercato molte occasioni di poterti parlare; ho udito infatti e so anche che tu ti dai molto d’attorno predicando ciò che voi chiamate il Vangelo o la dottrina di Cristo. Ed avete sviato molta gente in modo che costoro pervertono la retta via di Dio e non osservano la legge di Mosè, che è la retta via; e trasformano la legge di Mosè nel culto di un essere che voi dite dover venire fra molte centinaia di anni. Ed ora, ecco, io Sherem vi dichiaro che ciò è blasfematorio, poiché nessun uomo conosce tali cose, nessuno infatti può parlare di cose future. -
Ed in tal maniera Sherem mi combatteva. Ma ecco, il Signore Iddio versò il suo Spirito entro la mia anima, cosicché potei confonderlo in tutte le sue parole. E gli dissi: - Neghi tu il Cristo che dovrà venire? - Rispose egli: - Se ci fosse un Cristo, non lo negherei, ma so che non vi è alcun Cristo né ve n’è stato né ve ne sarà mai. - Ed io gli dissi: - Credi tu nelle Scritture? - E rispose: - Sì. - Ed aggiunsi: - Allora tu non le comprendi, poiché esse attestano in verità il Cristo. Ecco, io ti dico che nessuno dei profeti ha scritto né profetizzato senza parlare di Cristo. E ciò non è tutto: mi è stato manifestato, proprio a me, poiché ho udito e visto; e mi è stato manifestato anche mediante il potere dello Spirito santo, perciò io so che se non vi fosse alcuna espiazione, tutto il genere umano sarebbe perduto. - Ed allora egli mi disse: - Mostrami un segno tramite questo potere dello Spirito santo col quale tu sai tante cose. - E risposi io: - Che cosa sono io per voler tentare Dio a mostrarti un segno per una cosa che tu sai essere vera? Eppure tu lo negheresti, perché sei del diavolo. Nondimeno che non sia la mia volontà a compiersi, ma se Dio ti colpirà, che ti sia un segno che egli ha la potenza, sia in cielo, sia in terra, ed anche che Cristo verrà. E che la tua volontà, o Signore, sia fatta, non la mia. -
Accadde allora che appena io, Giacobbe, ebbi pronunciato queste parole, il potere del Signore cadde su di lui, in modo ch’egli stramazzò a terra. Ed avvenne che si dovette nutrirlo per parecchi giorni. E fu così ch’egli disse al popolo: - Radunatevi domani poiché morrò, desidero dunque parlare al popolo prima di morire. -
Ed ecco, l’indomani la moltitudine si radunò ed egli parlò loro chiaramente e negò quanto aveva loro insegnato, e confessò il Cristo ed il potere dello Spirito santo ed il ministero degli angeli. E disse loro apertamente che era stato ingannato dal potere del diavolo. E parlò dell’inferno, dell’eternità e del castigo eterno. E disse: - Ho gran timore di aver commesso il peccato imperdonabile, poiché ho mentito a Dio e ho negato il Cristo, pur dicendo che credevo nelle Scritture; ora, esse danno invero testimonianza di lui. E per aver così mentito a Dio, io temo grandemente che la mia condizione sia orribile, ma mi confesso a Dio. -
E allorché ebbe pronunciate queste parole, non poté dire di più e rese l’anima. E quando la moltitudine lo ebbe udito pronunciare queste parole mentre stava per render l’anima, fu straordinariamente stupita, al punto che il potere di Dio scese su di essa e fu così sopraffatta che cadde a terra. Ora, questo fece piacere a me, Giacobbe, poiché l’avevo richiesto al mio Padre che è in cielo, ed egli aveva udito il mio grido ed esaudito la mia preghiera. Fu così che la pace e l’amore di Dio furono nuovamente ristabiliti fra il popolo, il quale cercò le Scritture e non ascoltò più le parole di questo uomo perverso. E furono escogitati diversi mezzi per richiamare e riportare i Lamaniti alla conoscenza della verità, ma tutto fu vano, poiché si dilettavano in guerre e spargimenti di sangue, ed avevano un odio imperituro contro di noi, loro fratelli. E cercavano di distruggerci continuamente col potere delle loro armi. Pertanto il popolo di Nefi si fortificò contro di loro con i suoi eserciti, con tutta la sua forza, confidando in Dio e nella rocca della sua salvezza; pertanto fino a oggi i Nefiti hanno potuto uscire vittoriosi dei loro nemici.
Ed avvenne che io, Giacobbe, cominciai a invecchiare; e poiché gli annali di questo popolo sono tenuti sulle altre tavole di Nefi, io concludo dunque codesti annali, dichiarando di averli scritti secondo le mie migliori cognizioni, aggiungendo che il tempo passa rapidamente per noi e le nostre vite trascorrono pure come fossero un sogno, dato che siamo un popolo solitario e solenne, errante, scacciato da Gerusalemme, nato nella tribolazione, in un deserto, e odiato dai nostri fratelli, il che provoca guerre e contese, perciò i nostri giorni trascorrono in tristezza.
Ed io, Giacobbe, vidi che avrei dovuto presto scendere nella tomba, per cui dissi a mio figlio Enos: - Prendi queste tavole. - E gli dissi quanto mio fratello Nefi mi aveva comandato ed egli promise obbedienza ai comandamenti. E metto fine ai miei scritti su codeste tavole, scritti che sono stati esigui; e dico addio al lettore, nella speranza che molti dei miei fratelli possano leggere le mie parole. Fratelli, addio. (Giacobbe 7)