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Discussione: Paradiso perduto dei neoborbonici

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  1. #1
    Viva Alessandro Barbero, che ascolto più volte al giorno, specie quando dipingo.

    La Sicilia poi mal sopportava di esser governata da Napoli.
    Bambol utente of the decade

  2. #2
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    Gentile acerrana, vedo che ti sei ben integrata con i lombardi e sai distinguere le mistificazioni dei meridionali, ai quali anch'io appartengo per origine paterna , ma gli abruzzesi di solito non vogliono sentirsi dire che sono meridionali. Si considerano collocati nel centro Italia e non nel Sud. Comunque nel passato oltre che appartenere al regno borbonico la regione era economicamente depressa.

    Tu e Bumble mi date la possibilità di ampliare il mio precedente post in questo topic.

    L’associazione per lo sviluppo dell’industria Mezzogiorno (SVIMEZ) ha pubblicato dei libri in occasione del centenario dell’unità d’Italia e ai 150 anni dall’unità d’Italia. Per esempio: “150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011” ; “Le Università del Mezzogiorno nella storia dell’Italia unita. 1861-2011”, pubblicati dall’editore Il Mulino, e il numero speciale della Rivista giuridica del Mezzogiorno, trimestrale della SVIMEZ dedicato a “Federalismo e Mezzogiorno a 150 anni dall’Unità d’Italia”.

    Per quanto riguarda le strade ferrate, re Ferdinando II oltre la Napoli-Portici, dal 1838 fece costruire la linea Napoli-Nocera con diramazione per Castellamare di Stabia.

    Un secondo tronco ferroviario, finanziato dallo Stato borbonico, raggiunse Caserta nel 1843 e Capua nel 1844.

    Nel 1853 fu concessa in appalto la costruzione della Nola-Sarno-San Severino, che avrebbe dovuto proseguire per Avellino. Il programma prevedeva poi che la linea Napoli Capua fosse prolungata a Cassino per allacciarsi con la ferrovia dello Stato Pontificio.

    In Sicilia erano previste le linee Palermo Catania-Messina, e Palermo-Girgenti (Agrigento)-Terranova. Previste, ma non realizzate.

    Bumble, in quel tempo niente Siracusa nell'orizzonte ferroviario.

    Le linee ferroviarie meridionali al tempo dei Borbone è uno dei principali motivi di vanto dei sostenitori dell’idea di un Sud avanzato, penalizzato piuttosto che aiutato dall’Unità d’Italia. Ma fu veramente così? Alcuni progetti ferroviari non furono realizzati.

    Secondo i dati contenuti nello studio della Svimez, nel 1861 nel Sud Italia l’estensione della linea ferrata era di 184 chilometri, limitati in Campania. Nel Centro Italia i chilometri erano 535, nel Nord 1.801, dieci volte in più.

    Durante il regno di Ferdinando II, dopo la repressione del 1849, ci fu una riduzione drastica della costruzione di nuove strade ferrate. Questo sovrano era giunto alla conclusione che i collegamenti ferroviari erano strumento di propagazione delle idee rivoluzionarie e, quindi, elemento di rischio per la stabilità politica ristabilita in quell’anno.

    Il Regno delle due Sicilie aveva un’economia basata sul trasporto marittimo, non sul trasporto ferroviario.

    Ovvio! Il Sud aveva privilegiato le linee marittime perché circondato dal mare. La grande flotta era un vanto del regno borbonico.

    Invece la Lombardia e il Piemonte non avevano la flotta marittima, per i collegamenti dovevano costruire strade.

    Per quanto riguarda il brigantaggio meridionale il protagonista fu quasi sempre il contadino, il pastore o il brigante (che poi è la stessa cosa), ma interessò anche la classe sociale dei ‘galantuomini’: grandi proprietari terrieri e allevatori del Sud Italia, responsabili del patto con l’amministrazione piemontese. (Il romanzo "Il Gattopardo", di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, docet. Come ben sai narra le trasformazioni avvenute nella vita e nella società in Sicilia durante il Risorgimento, dal momento del trapasso del regime borbonico alla transizione unitaria del Regno d'Italia).

    La lotta al brigantaggio coincise con i difficili anni successivi alla formazione dello Stato unitario, quando l’esigenza dei governi di quel tempo era quella di fermare in modo rapido le insurrezioni in varie province meridionali incorporate al nuovo Regno d’Italia dopo l’impresa garibaldina.

    Le autorità militari agirono con metodi brutali ed indiscriminati, a volte illegali. Ci furono molte esecuzioni sommarie ed eccidi durante le sommosse popolari. Numerosi crimini e atti di spietata violenza vennero commessi anche dalle bande di briganti col sostegno iniziale di ex soldati borbonici e la connivenza di esponenti clericali.

    Tra il 1861 e il 1864 avvenne la guerra civile tra gli italiani del Nord e quelli del Sud, fra i cosiddetti “piemontesi” inclini a considerare il Mezzogiorno una zona della penisola non ancora approdata alla “civiltà”, e gran parte della popolazione locale indotta a odiare i “conquistatori” scesi del settentrione accusati di mire di dominio e di pesanti vessazioni fiscali.

    Ma quello che si svolse dopo l’unificazione nazionale (con l’impiego da un lato di un esercito cresciuto man mano da 15 mila a 116 mila uomini contro i “briganti”, e, dall’altro, con la mobilitazione di folti nuclei di insorti trasformati in guerriglieri) fu un capitolo di un conflitto di più vasta portata. Tra l’eclissi dei Borbone e l’avvento dei primi governi post-unitari riemersero due generi di ostilità: una “guerra fratricida” di meridionali contro altri meridionali, e una “guerra di classe” fra proprietari e contadini senza terre.
    Ultima modifica di doxa; 03-06-2021 alle 14:30

  3. #3
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    Gentile acerrana, vedo che ti sei ben integrata con i lombardi e sai distinguere le mistificazioni dei meridionali, ai quali anch'io appartengo per origine paterna , ma gli abruzzesi di solito non vogliono sentirsi dire che sono meridionali. Si considerano collocati nel centro Italia e non nel Sud. Comunque nel passato oltre che appartenere al regno borbonico la regione era economicamente depressa.
    Non dei meridionali, ma di pochi poveracci, per lo più concentrati a Napoli. D'altro canto, io ho amici proprio di Napoli che si fanno beffe di Aprile e Del Boca e se ne vergognano.
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

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