Rembrandt, “Un erudito nel suo studio”, acquaforte, 1652 circa, Le Gallerie degli Uffizi, Firenze

L’artista con il bianco e il nero incise sulla lastra l’abbaglio di luce. Questa stampa è una delle sue più significative, interpreta le valenze simboliche e mistiche della luce.

Si è molto discusso sul soggetto della scena e sul significato dei singoli elementi che compaiono sul tavolo.

E’ un alchimista intento nei suoi esperimenti o la rappresentazione di Faust, nel momento in cui una visione lo dissuade dal patteggiare col demonio ?

La scritta nell’apparizione luminosa è stata interpretata come un anagramma cabalistico della mistica ebraica.

Qualunque sia il reale significato della scena, è interessante la capacità di Rembrandt nel padroneggiare la resa della luce, in questo caso l’abbaglio: l'etimologia di questa parola è riconducibile secondo alcuni studiosi al latino balium (= bagliore, lampeggio).

L'abbaglio altera il campo visivo dell’individuo e fargli perdere l’orientamento, la valutazione della realtà circostante, ma illumina in modo sorprendente un ambiente prima oscuro.

Oltre che dalla luce fisica, si può rimanere “abbagliati” dalla sorprendente bellezza di una persona, dalla sua intelligenza, ecc.. Anche in questo caso, quel fascio metaforico di luce può ridurre, fino ad annullarla, la capacità di discernimento, di esprimere valutazioni oggettive. E si usa l’espressione “prendere un abbaglio”, stabilendo in tal modo una sorta di “parentela”, non per assonanza, tra le parole abbaglio e sbaglio: il primo lemma è considerato causa del secondo. E la parola “sbaglio”, per effetto della “s” sottrattiva significherebbe “senza luce”, “oscuro”, fino a significare “errore”.