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Discussione: Peccati della "carne" ?

  1. #1
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    Peccati della "carne" ?

    Un proverbio veneto asserisce che i “Pecài de mona Dio li perdona, pecài de pantaeòn pronta assoiussiòn”: il detto popolare non fa differenze tra maschi e femmine e li vuole assolti.

    Anche per papa Francesco “Il peccato della carne non è tra i più gravi. I più gravi sono quelli che hanno a che fare con lo spirito, come la superbia e l’odio…”. Lo ha detto ieri, 6 dicembre, ai giornalisti nella conferenza stampa durante il viaggio in aereo per il ritorno a Roma dopo il suo viaggio apostolico a Cipro e in alcune località della Grecia.

    La giornalista francese Cécile Chambraud, del quotidiano “Le Monde”, ha chiesto al pontefice perché l’arcivescovo emerito di Parigi, mons. Michel Aupetit, lo scorso 25 novembre ha rinunciato all’incarico vescovile, pur respingendo le accuse contro di lui dal settimanale "Le Point" riguardo a una presunta relazione sentimentale con una donna (la sua segretaria) nel 2012.

    Aupetit ha rimesso il suo mandato di arcivescovo di Parigi a papa Francesco, che ha accolto la rinuncia lo scorso 2 dicembre.


    Michel Aupetit, arcivescovo della Chiesa cattolica

    Papa Francesco ha così risposto alla giornalista Chambraud: “Io mi domando: ma cosa ha fatto, Aupetit, di così grave da dover dare le dimissioni? Cosa ha fatto? Qualcuno mi risponda…
    Se non conosciamo l’accusa, non possiamo condannare.
    Prima di rispondere io dirò: fate l’indagine. Fate l’indagine. Perché c’è pericolo di dire: ‘E’ stato condannato’. Ma chi lo ha condannato? ‘L’opinione pubblica, il chiacchiericcio…’. Ma cosa ha fatto? ‘Non sappiamo. Qualcosa…’. Se voi sapete perché, ditelo. Al contrario, non posso rispondere. E voi non saprete perché, perché è stata una mancanza di lui, una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale ma di piccole carezze e massaggi che lui faceva (alla sua segretaria): così sta l’accusa. Questo è peccato, ma non è dei peccati più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi. I peccati più gravi sono quelli che hanno più “angelicità”: la superbia, l’odio… questi sono più gravi. Così, Aupetit è peccatore come lo sono io. Non so se Lei si sente così, ma forse… come è stato Pietro, il vescovo sul quale Cristo ha fondato la Chiesa. Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore? E quello era con peccati con tanta “angelicità”, come era rinnegare Cristo, no? Ma era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti: era una Chiesa umile. Si vede che la nostra Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore, e facciamo finta di dire “è un santo, il mio vescovo”. No, questo è Cappuccetto Rosso. Tutti siamo peccatori. Ma quando il chiacchiericcio cresce e cresce e cresce e ti toglie la buona fama di una persona, quell’uomo non potrà governare, perché ha perso la fama, non per il suo peccato – che è peccato, come quello di Pietro, come il mio, come il tuo: è peccato! –, ma per il chiacchiericcio delle persone responsabili di raccontare le cose. Un uomo al quale hanno tolto la fama così, pubblicamente, non può governare. E questa è un’ingiustizia. Per questo, io ho accettato le dimissioni di Aupetit non sull’altare della verità, ma sull’altare dell’ipocrisia. Questo voglio dire. Grazie
    ”.
    Ultima modifica di doxa; 07-12-2021 alle 21:54

  2. #2
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    Luigi Accattoli, vaticanista del Corriere della Sera, commentando sul predetto quotidiano le dimissioni dell’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, ha fra l’altro scritto: “La paura del sesso è stata forte nelle Chiese cristiane degli ultimi secoli. Ma non fu sempre così. Dante mette i lussuriosi nel secondo girone dell’inferno, subito dopo il limbo, narrandoli con la storia degli adulteri Paolo e Francesca: cioè considera peggiori -rispetto alla lussuria – tutti gli altri peccati. Questo il suo ordine di gravità: golosi, avari e prodighi, iracondi e accidiosi, eretici, violenti, fraudolenti, traditori. Dunque possiamo dire che con Francesco torniamo a Dante, ovvero alla Scolastica, a Tommaso d’Aquino.
    La voce grossa contro la sessualità – per quanto riguarda la Chiesa Cattolica – l’ha fatta la manualistica per confessori, che per secoli ha affermato come nelle cose dell’amore non si dia materia lieve: “In re venerea non datur parvitas materiae”.
    E’ a motivo del celibato dei consacrati che il rigore contro la corporeità è salito, nei secoli della controriforma, a note acute. Quando la legge del celibato era meno stringente, come al tempo di Dante, anche la paura della corporeità era meno invasiva”.

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