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Discussione: Fido, Birba e il Pacioccone

  1. #1
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Fido, Birba e il Pacioccone

    Il Pacioccone alla solita udienza del mercoledì: "Oggi la gente non vuole avere figli, almeno uno. E tante coppie non vogliono. Ma hanno due cani, due gatti. Sì, cani e gatti occupano il posto dei figli".
    La chiesa ci ha impiegato solo 400 anni a digerire il moto di rivoluzione della Terra intorno al sole; confido che in un paio di millenni accetti anche il rispetto verso l’autodeterminazione dell’individuo.
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  2. #2
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    Infatti. Che problema c'è? Noi siamo esseri eterni e la Terra non è l' unico pianeta abitabile negli infiniti universi.
    “Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti agli incaricati di applicarla.”
    (S. Lec)

  3. #3
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    Fino a quando non verrà compreso che l'aumento esponenziale con cui si stà crescendo come popolazioni sul pianeta le problematiche esistenziali di varia natura sono destinate ad aumentare.

  4. #4
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    Il papa dovrebbe aprire un po' gli occhi su quello che accade oggi in Italia. I giovani senza un futuro, il precariato che domina, la disoccupazione, nessuna politica per la famiglia. Perché non alza un po' la voce su questo disastro sociale, visto che vuole ficcare il naso sui fatti nostri?
    “Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti agli incaricati di applicarla.”
    (S. Lec)

  5. #5
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    povero pacioccone...
    ora, io non faccio troppi sconti alle prediche pastorali, né mi faccio troppo abbacinare dalla simpatia, quando si tratta di un papa; quello fa il mestiere suo; ma, almeno in questo caso non la vedo troppo come un'ingerenza negli affari privati delle persone; e sì che io stesso sarei un suo bersagli, posto che sono talmente "egoista" che non ho nemmeno cani e gatti, anche se mi piacerebbero;

    il punto del precariato che evoca Turbo è effettivamente rilevante, ma più come meccanismo di trasmissione di un modello culturale e di autorità, che è quello della rendita;

    se andiamo ad osservare i fatti, non è un dramma dell'Occidente, quindi delle presunte civiltà dell'egoismo e dell'individualismo, dove i figli si fanno comunque, ma proprio un problema italiano, e marcatamente mediterraneo;

    in Italia, in particolare, il precariato dipende non dalla generale "povertà" del sistema-paese, ma dalla distribuzione squilibrata del potere economico a favore delle vecchie generazioni proprietarie:

    tutto il sistema economico - tra cui i nostalgici della liretta, e della sovranità monetaria - si è strutturato da oltre mezzo secolo in modalità-sussidio, esplicito o occulto - la tolleranza al nero e all'evasione; cioè, in tutti i settori, il potere politico è sempre intervenuto a coprire le carenze strutturali e le inefficienze per salvare il potere - grande o piccolo - dei ceti proprietari, elargendo briciole a clientele e controparti;

    mo', che c'entra coi figli ?
    c'entra nel senso che un giovane qualsiasi, anche meritevole, al contrario di altri paesi comparabili all'Italia, qui giunge ad una capacità patrimoniale e ad un ruolo sociale stabile solo quando eredita, e questo avviene quando si è in età già matura, con una vita vissuta a metà;

    questo avviene perché se il potere diffuso e trasversale si coalizza come generazione per domandare protezione al sistema, questo blocca la competizione generazionale e un conflitto e ricambio "sano";
    il meccanismo perverso, che probabilmente conosciamo tutti di persona, da quanto è diffuso, è questo:
    l'anziano ha avviato un'attività, poniamo negli anni 60 o 70; per decenni la capacità di stampare moneta ha consentito trasversalmente alla politica di comprare consenso a fronte di tanti ricatti; dalla Fiat ai piccoli imprenditori, fino al commercio, la pizzeria rionale e la bancarella: io do da lavorare alla gente, lo stato mi sussidia quando le cose vanno male, anche se è colpa mia; se non mi sussidia direttamente, lo fa consentendomi l'evasione; fino al 92, pagava Pantalone, a babbo morto, accumulando debito; poi, si è cominciato a tagliare i servizi;

    l'anziano che campa in questo modo, l'imprenditore diffuso sul territorio, non teme alcun ricambio, perché se la piccola impresa o bottega gli rende poco, gli garantisce comunque un ruolo di potere in famiglia, e si genera quella specie di patto scellerato con le nuove generazioni, i figli: voi riconoscete la mia autorità, anche se sono un coglione; in cambio, continuate a fare i giovanotti anche a 40 anni; poi, quanno mòro, prendete il mio posto; tanti principi Carlo

    la famiglia italiana è organizzata come una specie di monarchia, e così quel 95% di piccole imprese che costituiscono l'ossatura produttiva della società;

    ora, a prescindere dal dato economico implicito nel precariato, se un 30enne mediamente non ha uno spazio sociale per pensarsi come membro autorevole della società, non avrà alcuna motivazione né "narrativa di sé" per pensare da genitore, e resterà figlio;

    ovviamente un papa non può invitare alla rivoluzione in famiglia; ma, in effetti, quella che ho descritto è esattamente la cultura tradizionale della bella famiglia italiana, dove i figli, contenti o meno, obbediscono, per poi scannarsi per l'eredità;
    fateci caso: non abbiamo rivoluzioni noi; monarchi spodestati; ma le guerre civili le svendiamo sulle bancarelle.
    c'� del lardo in Garfagnana

  6. #6
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    Da tempi remoti la chiesa tacitamente non può discostarsi più di tanto dal potere laico anche se quest'ultimo ha una certa docilità tanto per usare un eufemismo, lo conferma diverse vicende avvenute che riguardavano decisioni importanti che riguardavano lo stato italiano, indipendentemente dei trattati lateranensi. Come dicevi tu Spirit i vari governi che si sono succeduti non hanno fatto più di tanto riguardo alla minima tutela delle giovani coppie sposate e non riguardo a mettere su famiglia e naturalmente con prole. Solo ora qualche pillola di politica sociale é stata emanata. E la chiesa ripete sempre la medesima mantra, andate e moltiplicatevi, così sarebbe valido se le entrate finanziarie delle famiglie fossero sufficienti per affrontare se spese correnti necessarie. Mi sembra che sia un dialogo tra sordi.

  7. #7
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    La Chiesa difende i valori di matrimonio e famiglia come cose in sé, separati di solito da un'analisi anche superficiale della situazione socio economica. Il clero è costituito da persone non sposate, a cominciare dal papa, uomini e donne che quindi non possono avere la benché minima idea di cosa significhi doversi procurare un lavoro stabile, una casa (perlomeno in affitto), costruendosi una minima prospettiva di futuro. A quel punto non possono fare altro che spargere parole al vento. Meglio allora farebbero a tacere, non per non immischiarsi nelle nostre faccende, ma per l'assoluta mancanza di cognizione dei problemi.
    “Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti agli incaricati di applicarla.”
    (S. Lec)

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Durante Visualizza Messaggio
    Da tempi remoti la chiesa tacitamente non può discostarsi più di tanto dal potere laico...
    il vero problema della Chiesa, in questo caso, è che è intrinsecamente paternalista;

    lo leggi pure qui, nei vari interventi degli adepti, nelle metafore, nel modo di narrare la società; il paternalismo è una versione moderata della dittatura, chiede obbedienza, magari ipocrita, in cambio di indulgenza - il ritratto stesso della Chiesa e della mentalità cattolica, e della stessa famiglia-tipo italiana - ma così forma attitudini rattrappite e nevrotiche, pur di conservare;

    ovviamente, non è certo colpa di questo papa; ma la nemesi che gli tocca, a lui come ai suoi predecessori recenti e successori, è esattamente la distruzione di quella famiglia che si determina col meccanismo di rifiuto di quel modello, in mancanza di altri;

    le difficoltà economiche e pratiche in effetti non hanno mai impedito a nessuno di fare figli; anzi, a volte sono una spinta in più, e i preti lo sanno bene;

    quello che non va è proprio il modello di relazione umana; ci si chiede: ma io voglio essere come i miei, rischiare di trattare dei figli come loro hanno fatto con me, che sapevano sempre tutto loro, anche quando non capivano una cippa ma volevano comandare lo stesso e combinavano guai; o magari hanno vissuto tutta la vita nell'ipocrisia, odiandosi o mal sopportandosi pur di conservare la loro vita di merda ?

    col cane e il gatto non ci sono questi problemi;

    la famiglia che piace al papa funziona ancora in ceti sociali talmente umili - come gli immigrati - nei quali non c'è eccessiva competizione coi figli, che sono visti ancora autoritariamente come protesi di sé stessi, su cui puntare, tipo cinesi; se sei operaio e hai il figlio dottore, magari qualche nevrosi competitiva l'hai lo stesso e genera conflitto e allontanamento; però, in qualche modo anche una remunerazione.
    c'� del lardo in Garfagnana

  9. #9
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Citazione Originariamente Scritto da axeUgene Visualizza Messaggio
    povero pacioccone...
    ora, io non faccio troppi sconti alle prediche pastorali, né mi faccio troppo abbacinare dalla simpatia, quando si tratta di un papa; quello fa il mestiere suo; ma, almeno in questo caso non la vedo troppo come un'ingerenza negli affari privati delle persone; e sì che io stesso sarei un suo bersagli, posto che sono talmente "egoista" che non ho nemmeno cani e gatti, anche se mi piacerebbero;

    il punto del precariato che evoca Turbo è effettivamente rilevante, ma più come meccanismo di trasmissione di un modello culturale e di autorità, che è quello della rendita;

    se andiamo ad osservare i fatti, non è un dramma dell'Occidente, quindi delle presunte civiltà dell'egoismo e dell'individualismo, dove i figli si fanno comunque, ma proprio un problema italiano, e marcatamente mediterraneo;

    in Italia, in particolare, il precariato dipende non dalla generale "povertà" del sistema-paese, ma dalla distribuzione squilibrata del potere economico a favore delle vecchie generazioni proprietarie:

    tutto il sistema economico - tra cui i nostalgici della liretta, e della sovranità monetaria - si è strutturato da oltre mezzo secolo in modalità-sussidio, esplicito o occulto - la tolleranza al nero e all'evasione; cioè, in tutti i settori, il potere politico è sempre intervenuto a coprire le carenze strutturali e le inefficienze per salvare il potere - grande o piccolo - dei ceti proprietari, elargendo briciole a clientele e controparti;

    mo', che c'entra coi figli ?
    c'entra nel senso che un giovane qualsiasi, anche meritevole, al contrario di altri paesi comparabili all'Italia, qui giunge ad una capacità patrimoniale e ad un ruolo sociale stabile solo quando eredita, e questo avviene quando si è in età già matura, con una vita vissuta a metà;

    questo avviene perché se il potere diffuso e trasversale si coalizza come generazione per domandare protezione al sistema, questo blocca la competizione generazionale e un conflitto e ricambio "sano";
    il meccanismo perverso, che probabilmente conosciamo tutti di persona, da quanto è diffuso, è questo:
    l'anziano ha avviato un'attività, poniamo negli anni 60 o 70; per decenni la capacità di stampare moneta ha consentito trasversalmente alla politica di comprare consenso a fronte di tanti ricatti; dalla Fiat ai piccoli imprenditori, fino al commercio, la pizzeria rionale e la bancarella: io do da lavorare alla gente, lo stato mi sussidia quando le cose vanno male, anche se è colpa mia; se non mi sussidia direttamente, lo fa consentendomi l'evasione; fino al 92, pagava Pantalone, a babbo morto, accumulando debito; poi, si è cominciato a tagliare i servizi;

    l'anziano che campa in questo modo, l'imprenditore diffuso sul territorio, non teme alcun ricambio, perché se la piccola impresa o bottega gli rende poco, gli garantisce comunque un ruolo di potere in famiglia, e si genera quella specie di patto scellerato con le nuove generazioni, i figli: voi riconoscete la mia autorità, anche se sono un coglione; in cambio, continuate a fare i giovanotti anche a 40 anni; poi, quanno mòro, prendete il mio posto; tanti principi Carlo

    la famiglia italiana è organizzata come una specie di monarchia, e così quel 95% di piccole imprese che costituiscono l'ossatura produttiva della società;

    ora, a prescindere dal dato economico implicito nel precariato, se un 30enne mediamente non ha uno spazio sociale per pensarsi come membro autorevole della società, non avrà alcuna motivazione né "narrativa di sé" per pensare da genitore, e resterà figlio;

    ovviamente un papa non può invitare alla rivoluzione in famiglia; ma, in effetti, quella che ho descritto è esattamente la cultura tradizionale della bella famiglia italiana, dove i figli, contenti o meno, obbediscono, per poi scannarsi per l'eredità;
    fateci caso: non abbiamo rivoluzioni noi; monarchi spodestati; ma le guerre civili le svendiamo sulle bancarelle.
    Eh, appunto. Qualcuno dovrebbe spiegare al pacioccone che se le culle sono vuote non è colpa dei cani e dei gatti.
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  10. #10
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    L'inverno demografico è un allarme lanciato trasversalmente da tutti, non solo dalla Chiesa: Istat, Inps, Organizzazioni non governative, Partiti, Associazioni che si occupano di politiche familiari eccetera. Non occorre essere dei geni per capire che una Società senza Figli è destinata a non avere Futuro, Orizzonti, Prospettive....

    Crisi demografica. Recalcati: attaccati al proprio Io, è più difficile diventare genitori.

    Il 36% dei giovani tra i 25 e i 34 anni dichiara che non vuole sposarsi, il 40% non pensa di avere figli, solo il 13% dei maschi e il 25% delle femmine pensa a un progetto che prevede il matrimonio e la genitorialità. Perché oggi è così difficile immaginarsi genitori, e poi nascere come genitori?

    "L’esperienza della genitorialità è un’esperienza di decentramento del proprio Io. Il vero ostacolo a diventare genitori è l’attaccamento al proprio Io che a volte porta anche verso la volontà di avere un figlio che però non ha nulla a che fare con il desiderare un figlio. La nascita di un figlio comporta sempre una certa rinuncia di godimento da parte dei genitori. Rinuncia che nel nostro tempo può essere vista come una sciagura.

    Una famiglia centrata soprattutto sulle relazioni, quasi-liquida, post- moderna: è ciò che resta al 'turbo-consumatore ipermoderno' di cui parla in 'Le nuove melanconie'? È un sintomo della crisi del capitalismo?

    "Una famiglia è sempre centrata sulle relazioni. Ma questo non significa smarrire il senso del legame familiare. L’identità di padre e di madre non viene mai dalla biologia. È un’illusione materialistica. Un padre non è uno spermatozoo, una madre non è un ovulo. La famiglia è il luogo dell’accoglienza, dell’ospitalità, della casa. Dove c’è accoglienza c’è sempre famiglia. Il discorso del capitalista tende invece a sputare sulla famiglia o a pensarla solo come occasione di vendita dei suoi prodotti. Io credo fortemente nel fatto che la vita umana necessiti di radici, di essere accolta, di avere una famiglia."

    https://www.avvenire.it/attualita/pa...ntare-genitori

    Massimo Recalcati Psicoanalista tra i più noti d’Italia, è membro analista di ALI-Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi, fondatore di Jonas-Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi e direttore scientifico di IRPA-Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata. Autore di numerose pubblicazioni, collabora con diverse riviste specializzate nazionali e internazionali e con le pagine culturali de ‘Il Manifesto’ e ‘Repubblica’. Per quanto riguarda il suo interesse per il rapporto tra psicanalisi e arte, ricordiamo i suoi "Il miracolo della forma. Per un’estetica psicoanalitica" (Bruno Mondadori, Milano 2007) e "Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh" (Bollati Boringhieri, Torino 2009).
    amate i vostri nemici

  11. #11
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    Crisi demografica. Recalcati: attaccati al proprio Io, è più difficile diventare genitori.

    Cono, quando ti sveglierai dal tuo sonno profondo per vedere la realtà che ti circonda e che è tutt'altra cosa dai tuoi ragionamenti da chierichetto? ( Recalcati vada al bar a filosofeggiare, tanto di sicuro si è trivaccinato. Forse trova qualcuno che lo sta a sentire).
    (Spero che i moderatori non mi bannino per la parola "chierichetto", mi sa che è un grave insulto alla persona)...
    Ultima modifica di Spirit; 06-01-2022 alle 07:54
    “Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti agli incaricati di applicarla.”
    (S. Lec)

  12. #12
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    Citazione Originariamente Scritto da Pazza_di_Acerra Visualizza Messaggio
    Eh, appunto. Qualcuno dovrebbe spiegare al pacioccone che se le culle sono vuote non è colpa dei cani e dei gatti.
    poveretto; lui lo sa bene, credo; ma forse questa è stata una gaffe, ed è un paradosso, a pensarci bene; perché l'amore per gli animali in effetti è percepito da chi lo sperimenta proprio in buona fede come una manifestazione di oblatività gratuita, e anche la ritrosia a procreare come sovraccarico di responsabilità; quindi è un colpevolizzare un po' a vanvera, destinato a produrre un effetto opposto a quello inteso, almeno per le reazioni che vedo;

    Citazione Originariamente Scritto da conogelato Visualizza Messaggio
    L'inverno demografico è un allarme lanciato trasversalmente da tutti, non solo dalla Chiesa: Istat, Inps, Organizzazioni non governative, Partiti, Associazioni che si occupano di politiche familiari eccetera. Non occorre essere dei geni per capire che una Società senza Figli è destinata a non avere Futuro, Orizzonti, Prospettive....
    beh, è una questione solo italiana, probabilmente di una o due generazioni, in attesa che si affermi una nuova ideologia della famiglia; intanto, verranno gli immigrati; poi si vedrà;

    Crisi demografica. Recalcati: attaccati al proprio Io, è più difficile diventare genitori.

    Il 36% dei giovani tra i 25 e i 34 anni dichiara che non vuole sposarsi, il 40% non pensa di avere figli, solo il 13% dei maschi e il 25% delle femmine pensa a un progetto che prevede il matrimonio e la genitorialità. Perché oggi è così difficile immaginarsi genitori, e poi nascere come genitori?

    "L’esperienza della genitorialità è un’esperienza di decentramento del proprio Io. Il vero ostacolo a diventare genitori è l’attaccamento al proprio Io che a volte porta anche verso la volontà di avere un figlio che però non ha nulla a che fare con il desiderare un figlio. La nascita di un figlio comporta sempre una certa rinuncia di godimento da parte dei genitori. Rinuncia che nel nostro tempo può essere vista come una sciagura.
    si vede che i genitori di questi, i mancati nonni, non sono stati capaci di mostrare un modello di famiglia che valesse la pena di essere emulato;

    Una famiglia centrata soprattutto sulle relazioni, quasi-liquida, post- moderna: è ciò che resta al 'turbo-consumatore ipermoderno' di cui parla in 'Le nuove melanconie'? È un sintomo della crisi del capitalismo?

    "Una famiglia è sempre centrata sulle relazioni. Ma questo non significa smarrire il senso del legame familiare. L’identità di padre e di madre non viene mai dalla biologia. È un’illusione materialistica. Un padre non è uno spermatozoo, una madre non è un ovulo. La famiglia è il luogo dell’accoglienza, dell’ospitalità, della casa. Dove c’è accoglienza c’è sempre famiglia. Il discorso del capitalista tende invece a sputare sulla famiglia o a pensarla solo come occasione di vendita dei suoi prodotti. Io credo fortemente nel fatto che la vita umana necessiti di radici, di essere accolta, di avere una famiglia."
    vallo a dire al santo polacco, che ha combattuto per far trionfare quel capitalismo, e poi si è pentito; tipico caso del fare la guerra per il re di Prussia;

    Recalcati è compreso nel suo ruolo di divulgatore pubblico, e questo ne esalta il lato narcisista, come per altri intellettuali noti che ora straparlano di vaccini, ecc...

    la questione sarebbe molto semplice e intuitiva: i giovani che non vogliono o non fanno figli semplicemente sono cresciuti in modelli di famiglia di cui hanno potuto apprezzare la disfunzionalità, a tal punto da inibire persino quella pulsione biologica della procreazione;

    in questo caso, per motivi che posso solo ipotizzare, Recalcati confonde il "peccato", la malattia, coi sintomi; i lustrini e cotillons del capitalismo individualista sono il sintomo, ma la malattia è l'infelicità percepita nelle famiglie d'origine, l'ingiustizia e il rattrappimento dei ruoli;
    altrimenti, sarebbe davvero difficile spiegare l'allontanamento dal proprio modello d'origine, per definizione un polo attrattivo "forte", se non altro perché si è addestrati a vivere in quella determinata atmosfera, si eredita la psicologia dei genitori;

    sono cose difficili da dire e da ammettere, e per questo è più facile scaricare quello che viene inteso come "fallimento" sulla scarsa propensione delle giovani generazioni ad assumersi responsabilità; quelli hanno visto i loro genitori, e hanno detto: no, grazie...

    il grande psicanalista tv, però, non ha alcuna convenienza a dire cose così sgradevoli alla platea che gli dà da mangiare e applaude.
    c'� del lardo in Garfagnana

  13. #13
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    Che stressità.
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  14. #14
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    C'è grossa crisi

  15. #15
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Citazione Originariamente Scritto da Spirit Visualizza Messaggio
    Crisi demografica. Recalcati: attaccati al proprio Io, è più difficile diventare genitori.

    Cono, quando ti sveglierai dal tuo sonno profondo per vedere la realtà che ti circonda e che è tutt'altra cosa dai tuoi ragionamenti da chierichetto? ( Recalcati vada al bar a filosofeggiare, tanto di sicuro si è trivaccinato. Forse trova qualcuno che lo sta a sentire).
    (Spero che i moderatori non mi bannino per la parola "chierichetto", mi sa che è un grave insulto alla persona)...
    Chierichetto è bellissimo!
    Se non ti piace Recalcati (cosa c'entrano qua i vaccini lo sai solo te) forse ti aggrada Scurati. Fai te, leggi un po' e prova (proviamo tutti, amici ed amiche) a dire che non sia capace di fare un'analisi lucida del problema.

    Siamo cresciuti tra il nichilismo punk anni 70 e quello neo liberista anni 80. L’infecondità della mia «generazione X» ha soprattutto ragioni culturali
    La mia generazione d’italiani è stata tra le più infeconde della storia dell’umanità.
    Ci hanno definiti «generazione X»: nati tra il 1960 e il 1980, cresciuti all’ombra dei più numerosi e aggressivi baby boomers, inquadrati storicamente nella smobilitazione ideologica seguita alla guerra fredda, lo stereotipo ci vuole privi di identità sociale marcata, apatici, cinici, poveri di valori radicati e di affetti profondi. Una generazione tecnologica ma «piccola», invisibile, sfiduciata, scettica. Che sia vero o meno, una cosa è certa: abbiamo messo al mondo pochissimi figli.
    Tutti i dati ci inchiodano a questa croce: siamo all’ultimo posto in Europa per nascite ogni mille donne, il tasso di fecondità totale (numero di figli per donna) è sceso a 1,32 e il saldo demografico (differenza tra numero dei nati e dei morti) ogni anno è in negativo di circa 120.000 unità (numero crescente). Senza l’apporto dei nuovi italiani per acquisizione di cittadinanza il calo negli ultimi 4 anni sarebbe pari all’intera popolazione di Milano. Milano sparita in 4 anni, centoventimila bambini mancanti all’appello ogni 12 mesi, un tasso di riproduzione da estinzione della specie.
    Perché siamo un Paese che fa sempre meno figli? Se lo chiedeva lunedì Luciano Fontana colloquiando con un lettore di questo giornale. Proprio quest’anno la parte apicale della generazione X, la generazione che festeggiò i suoi 20 anni guardando in Tv, svagata e indifferente, la demolizione a picconate del muro di Berlino, compie 50 anni. Giunti al limite biologico della nostra capacità di riproduzione (almeno per le donne), è una domanda che non possiamo più eludere.
    La risposta è, ovviamente, articolata. La compongono ragioni biologiche (calo drastico della fertilità maschile), ragioni sociologiche (diminuzione del numero delle donne in età fertile causa invecchiamento della popolazione), ragioni politiche (mancanza di adeguati programmi di sostegno alle famiglie). Detto ciò, dobbiamo essere onesti con noi stessi. Abbiamo compiuto 50 anni, smettiamola di lamentarci e di raccontarci favole della buona notte. Un ceto politico irresponsabile e la concentrazione di spermatozoi nel nostro seme non bastano a spiegare l’entità di questa ecatombe bianca. E nemmeno sono sufficienti la precarietà del lavoro o i servizi carenti. Il pragmatismo qui non spiega niente. La parte più amara di questa verità è che il calo demografico in Italia — e in Occidente — non accade per ragioni materiali e contingenti. Nessuna analisi delle nostre condizioni di vita materiale giustifica la nostra infecondità generazionale. La controprova è semplice. Basta voltarsi indietro: i nostri padri e le nostre madri nacquero, numerosi, sotto le bombe. La nostra infecondità, il nostro braccino corto con la vita, va imputata, invece, principalmente, a ragioni culturali e — mi si permetta il parolone, non a caso desueto — a ragioni «spirituali».
    Affacciatici alla vita adulta nei mirabolanti anni ’80 — un combinato di edonismo sfrenato, individualismo disperato e ottimismo patinato — sospinti dalla fanfara fasulla della «fine della storia», abbiamo vissuto a lungo, troppo a lungo, sotto dettatura della cronaca, misurando le nostre esistenze sul metro breve del presente assoluto. Un metro su cui non trovano spazio le grandi scene della vita: l’amore, l’arte, la politica (quella vera), la generazione di figli. Anche qui le concause sono numerose: da bambini abbiamo cenato con le immagini del fungo atomico e delle Brigate rosse sugli schermi dei televisori, da ragazzi abbiamo ballato al ritmo frenetico dei crolli di borsa. Ci hanno impastati con una miscela di nichilismo punk degli anni ’70 e di nichilismo neo-liberista degli ’80. Fatto sta che il futuro, e con esso il passato, è ben presto sparito dall’orizzonte del nostro esistere nel tempo. E, da sempre, generare dei figli è il canale principale per sintonizzarsi sulla frequenza del futuro.
    Come scrisse Leavitt: «Era sempre sabato sera e stavamo sempre andando a una festa». Ora che la festa è finita, per età anagrafica ed età del nostro mondo, dobbiamo riconoscere che, come mosche imprigionate nel bicchiere rovesciato, per trent’anni abbiamo cozzato contro il vetro opaco della breve durata, prigionieri del presente.
    Giunti alla maturità (questa sconosciuta), dobbiamo trarne una lezione. Dobbiamo adottare il futuro come unità di misura di quel che ci resta da vivere. E come criterio di valutazione — post ideologico, post-partitico, post tutto — dei sedicenti liquidatori della «vecchia politica». Ogni annuncio, ogni programma, ogni legge deve essere valutata chiedendoci: quanto è ampio l’arco temporale che abbraccia nelle sue previsioni, effetti, conseguenze? Quanto respiro ha? Vive in un vasto orizzonte storico o vivacchia nelle angustie della cronaca?
    Non c’è dubbio che, se si adottasse questo criterio, al primo posto di ogni programma di governo dovrebbero esserci l’ecologia e l’istruzione. Ma, ampliando lo sguardo, anche la compassione fattiva per una grande donna curda, Hevrin Khalaf, attivista per i diritti umani violentata e lapidata sul ciglio di una strada per Kobane dai nemici del nostro futuro e, ultimo ma non ultimo, la lotta alla sottocultura che discrimina le nostre donne pregiudicando la possibilità che siano lavoratrici e madri, e con essa l’avvenire dei nostri figli.
    Pretendiamo dai nostri politici provvedimenti legislativi imperniati sul criterio del futuro ma ricordiamo a noi stessi che resteranno sterili se non accompagnati da un nuovo orientamento culturale e, perfino, da una rinascita spirituale. Non basteranno le leggi e nemmeno i mutamenti culturali. L’essere nel tempo è appannaggio dello spirito.

    Antonio Scurati (Napoli, 25 giugno 1969) è uno scrittore e accademico italiano.

    Docente di letterature comparate e di creative writing all’Università IULM, editorialista del Corriere della Sera, ha vinto i principali premi letterari italiani.
    amate i vostri nemici

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