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Discussione: Esprimersi

  1. #31
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Al mare
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    Citazione Originariamente Scritto da LadyHawke Visualizza Messaggio
    Bella melodia, è un canto popolare mi sembra.
    Sì, è un canto popolare a cui sono affezionata.
    Nei momenti di ritrovo con la chitarra, lo cantiamo spesso.

  2. #32
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Citazione Originariamente Scritto da follemente Visualizza Messaggio
    Ma voglio condividere con te (con voi) anche una poesia di un grande poeta, Virgilio Giotti, che scriveva in triestino, sebbene si fosse trasferito a Firenze.

    La strada

    Vardo ‘na strada de la mia zità,
    che ghe sarò passado mile volte,
    e no’ me par de averla vista mai.
    Le fazzade zalete, le boteghe,
    un bar, dei auti, e el fiatin de viavai.
    Come la nostra vita, sì: vissuda,
    finida ormai, a mai ben conossuda.


    Guardo una strada della mia città,
    che ci sarò passato mille volte,
    e non mi par di averla vista mai.
    Le facciate gialline, le botteghe,
    un bar, delle automobili, e quel po’ de viavai.
    Come la nostra vita, sì: vissuta,
    finita ormai, e mai ben conosciuta.
    Virgilio Gotti è una mia passione, un grandissimo poeta.
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  3. #33
    Cosmo-Agonica L'avatar di Bauxite
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    A casa mia non si parla in dialetto.
    Di solito sono in dialetto le esternazioni, i proverbi,
    certi discorsi che vengono riportati e ricordati,
    le parole della quotidianità,
    i soprannomi e le tristezze, le amarezze,
    i figli o i nipoti hanno sempre ricevuto un complimento o un rimprovero in dialetto.
    E' stato un modo per crescerci, che mi è sembrato sempre il più efficace.
    Sapere usare la propria lingua è per locutori esperti.
    Mi è capitato di dover spiegare, nel corso degli anni, che nascere italiani non vuol dire saper usare la lingua,
    non avviene tutto automaticamente,
    così vale per il dialetto.
    L'opportunità della lingua, la sua puntualità, stanno anche nel legame che abbiamo stretto con le parole.
    Dal momento che queste ultime sono come le persone difficilmente ci piaceranno sempre tutte,
    probabilmente , a differenza delle persone, vorremmo comunque , mossi dalla curiosità, conoscerne il significato...

    C'è una parola, che ha origini lombarde, e che è di uso ampiamente riconosciuto nell'italiano,
    ed è una parola che non mi piace (non mi piace il suono, nè il movimento che fanno bocca e lingua quando la pronuncio),
    ma andai a cercarne il significato: malmostoso.
    Però è una parola perfetta, se ci penso, perché è coerente col suo siginificato.

    Ad ogni modo, per non perdermi del tutto tra le parole e nei molti discorsi in proposito,
    posso aggiungere ancora che esistono parole che mi mettono di buon umore: 'o fattapposta, 'o tram a muro, la coccottina (la terrina degli gnocchi alla sorrentina, così la chiama mia madre), 'o tirabuscion (francesi e napoletani si sono capiti solo in cucina e nelle parole), abbuscare(dallo spagnolo, buscar) e altre che non elencherò.

    Il "problema" dell'esprimersi non esiste, se c'è affinità.
    Quali che siano le radici di una persona o di due, tre, persone, si capiranno non perché hanno lingue uniformi, ma perché sanno valorizzarne le differenze.
    Se c'è affinità.

    E se non si accentano le parole ad capocchiam (ciao Cono ).
    un po' di possibile, sennò soffoco.
    G. Deleuze

  4. #34
    Astensionista L'avatar di nahui
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    Come Bumble, sono stata cresciuta nel disprezzo del dialetto. In casa non si parlava, in nessuna delle nostre famiglie, anche per evitare di prendere un accento troppo pesante. Ho questa immagine di mio padre bambino, chiuso nel recinto di casa, che non aveva il permesso di giocare con i suoi coetanei del paese per non imbastardire il linguaggio. C'è questa linea di confine gattopardesca da noi, quella élite culturale che non si mischia col volgo, è un tratto della nostra borghesia, fatta anche dai funzionari statali, insegnanti di liceo, professionisti. Se ne stanno zitti nel loro recinto, e fuori tutto va a pezzi.
    Ho cominciato a imparare il dialetto a Torino, perché mi mancava la mia terra. Lo capivo, ma non lo parlavo. Adesso mi arrischio, ma sbaglio spesso e faccio ridere chi lo parla da sempre. Adoro i proverbi, il cinismo, il sarcasmo, certe vette di volgarità, l'insulto fantasioso, l'italicum acetum, le tracce di tutte le dominazioni straniere in ogni singola frase.
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

  5. #35
    Posh&Rebel L'avatar di efua
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    Per me il dialetto esprime una parte irrinunciabile di me stessa
    Ho sempre testardamente tenute legate a me le mie origini
    Nel dialetto ci ho sempre visto sudore e sangue, terra, sole, mare
    E non ho mai voluto rinunciare a nessuna sfumatura
    Lo parlo meno di quanto vorrei, per ovvie ragioni
    Per questo sul forum spesso faccio terra bruciata
    Mi diverte, mi predispone alla gioia ed al riso
    Devo provare ad andare allo Speakers corner
    -Healthy body, clear mind, peaceful spirit-

    -Where there’s will there’s a way-

    -Work hard have fun & be nice-



  6. #36
    Citazione Originariamente Scritto da follemente Visualizza Messaggio
    Vuoi dire che non ti esprimi spontaneamente e schiettamente nel galvanizzante ed esotico dialetto siciliano?
    No, purtroppo non mi esprimo spontaneamente, a parte qualche breve frase di comune uso.



    Questa canzone comunque è poesia... e mi commuove sempre, quando l'ascolto.
    Bambol utente of the decade

  7. #37
    Sono nato a Bolzano da madre trentina e padre veneto. Mia nonna materna era di Arnoldstein, un paesotto austriaco non molto lontano dal confine con l’Italia.
    Quando avevo 3 anni, mio padre che lavorava per le ferrovie, è riuscito ad avere il trasferimento dalla stazione di Bolzano ed è tornato con me ed il resto della famiglia a Verona sua città di nascita.
    I genitori di mio padre erano entrambi veronesi da molte generazioni.
    Parlo tranquillamente il dialetto veneto, specialmente con mio fratello, con i parenti e con gli amici, con i miei colleghi, con i commercianti, in città. Capisco perfettamente il tedesco ma non lo parlo e tantomeno lo scrivo, anche se mia madre mi parlava spesso nella sua lingua madre acquisita, un tedesco corrotto (e leggermente addolcito) da infiltrazioni slovene e bavaresi.
    La lingua che si parla in casa è l’italiano, mio figlio capisce bene il veneto (meglio sarebbe dire il veronese perché il dialetto cambia da zona a zona, io ad esempio fatico a capire molte parole tipiche del veneziano) ma non lo parla mai.
    Parlare in dialetto mi piace, mi viene spontaneo e credo di pensare in veronese.
    E’ la lingua ufficiale che si parla al pub, al poligono ed in genere in tutti i miei luoghi di svago.
    Diciamo comunque che in città il dialetto viene usato spessissimo dai locali, specialmente la generazione più matura, non è raro ad esempio, assistere ad una riunione del consiglio comunale dove amministratori, assessori o consiglieri si interpellano tra di loro parlando in dialetto, magari inframmezzandoci termini italiani.

  8. #38
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Rispondo un po’ a tutti.
    Mi par di capire che siamo in pochi forumisti ad essere anche dialettofoni e da molti il dialetto viene considerato una grande risorsa espressiva.
    Però è anche vero che quando si educano i figli qualche riflessione e scelta bisogna farla, come scrivono Bumble e Nahui.
    Io capisco l’aspirazione dei loro genitori che non hanno voluto insegnare ai bambini il dialetto, forse per un desiderio di promozione sociale. E’ un po’ quello che ho fatto io con le mie figliole, ma in una situazione linguistica più complessa e stratificata.

    Mi spiego: se mi sentiste parlare con le mie amiche del cuore di vecchia data (della minoranza) vi chiedereste, come hanno fatto in realtà l’altra sera al pub dei perfetti sconosciuti del tavolo vicino interpellandoci in merito (e poi ci siamo messi a chiacchierare fino a notte fonda), che cavolo di lingua sto parlando: dialetto sloveno, intervallato da espressioni in lingua slovena, in triestino, in italiano, a seconda dell’argomento (ad esempio, per parlare di politica usiamo qualche parola italiana)…
    Tanto per farvi capire che la lingua di una minoranza linguistica è sottoposta a tutta una serie di influenze e condizionamenti dall’ambiente, in questo caso italofono, e deve continuare a salvaguardare il proprio modo di esprimersi, altrimenti viene assorbita anche in una situazione di sostanziale tutela come la nostra (abbiamo scuole, teatri, tv, associazioni varie in Italia).

    Ebbene, io non volevo che una cosa del genere accadesse alle mie figlie.
    Per questo ho parlato loro sempre nella sola lingua slovena (mentre mio marito continuava imperterrito ad usare il dialetto), “difendendole” dall’italiano (trasmissioni televisive, radiofoniche ecc.) fino alla scuola, perché tanto prima o poi l’avrebbero imparato.
    Alla fine si è rivelata una scelta giusta per il loro futuro e noi tre, fra di noi, parliamo in lingua.
    Ultima modifica di follemente; 19-03-2022 alle 11:36

  9. #39
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Citazione Originariamente Scritto da bumble-bee Visualizza Messaggio
    No, purtroppo non mi esprimo spontaneamente, a parte qualche breve frase di comune uso.



    Questa canzone comunque è poesia... e mi commuove sempre, quando l'ascolto.
    Stupenda, Bumble!

  10. #40
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Citazione Originariamente Scritto da Kanyu Visualizza Messaggio
    Sono nato a Bolzano da madre trentina e padre veneto. Mia nonna materna era di Arnoldstein, un paesotto austriaco non molto lontano dal confine con l’Italia.
    Quando avevo 3 anni, mio padre che lavorava per le ferrovie, è riuscito ad avere il trasferimento dalla stazione di Bolzano ed è tornato con me ed il resto della famiglia a Verona sua città di nascita.
    I genitori di mio padre erano entrambi veronesi da molte generazioni.
    Parlo tranquillamente il dialetto veneto, specialmente con mio fratello, con i parenti e con gli amici, con i miei colleghi, con i commercianti, in città. Capisco perfettamente il tedesco ma non lo parlo e tantomeno lo scrivo, anche se mia madre mi parlava spesso nella sua lingua madre acquisita, un tedesco corrotto (e leggermente addolcito) da infiltrazioni slovene e bavaresi.
    La lingua che si parla in casa è l’italiano, mio figlio capisce bene il veneto (meglio sarebbe dire il veronese perché il dialetto cambia da zona a zona, io ad esempio fatico a capire molte parole tipiche del veneziano) ma non lo parla mai.
    Parlare in dialetto mi piace, mi viene spontaneo e credo di pensare in veronese.
    E’ la lingua ufficiale che si parla al pub, al poligono ed in genere in tutti i miei luoghi di svago.
    Diciamo comunque che in città il dialetto viene usato spessissimo dai locali, specialmente la generazione più matura, non è raro ad esempio, assistere ad una riunione del consiglio comunale dove amministratori, assessori o consiglieri si interpellano tra di loro parlando in dialetto, magari inframmezzandoci termini italiani.
    Anche il triestino è diffusissimo in molti ambiti: pensa che all’università i professori che provengono da Trieste, all’in fuori delle lezioni, parlano in dialetto.

  11. #41
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    In un incantevole paese della regione dei trulli
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    Poesie di Demetrio Rigante...



    A PELE D’ACQUE…

    A péle d’acque
    u tremuízze du vrespaune
    a léte… pe remanéie o munne!

    Nzuppòte saup’o lapeduzze
    ià prettòte a resperò…,
    paràie mbriòche,
    mbriòche de véte
    …e póie u vóule
    a cavadde de ne ragge de saule
    astemènne la sècche
    ind’a cure maleditte bíuche d’arie…

    Quande frastéire desperòte
    ind’o máre nóuste
    se petèssene salvòie
    che tanda varche e varchéitte
    chestrètte a nan fa’ néinde
    cóme lapèddere
    dó córe de pète,
    sémb’o mbóuste,
    fra tèrre e máre…

    L’albe de na déia nóve
    a Lampedusa
    …e chióve líuce a la répe saue
    saup’o tremuízze
    de na “nírga” preggessiaune
    chè aspétte…,
    cóme u vrespaune
    a péle d’acque…

    A PELO D’ACQUA…

    A pelo d’acqua
    il tremolío del calabrone (vespa crabro)
    in lotta… per rimanere al mondo!

    Fradicio su di un ciottolino
    è portato a respirare…,
    pareva ubriaco,
    ubriaco di vita
    …e poi il volo
    a cavallo di un raggio di sole
    bestemmiando la sete
    in quel maledetto buco d’aria…

    Quanti stranieri disperati
    nel nostro mare
    si potrebbero salvare
    con tante barche e barchette
    costrette ad oziare
    come ciottoli
    dal cuore di pietra,
    sempre vigili,
    fra terra e mare…

    L’alba di un nuovo dí
    a Lampedusa
    …e piove luce alla sua ripa
    sul tremolío
    di una “nera” processione
    nell’attesa…,
    come il calabrone
    a pelo d’acqua…

    ASPETTENNE LA SAIRE…

    Vasòte da la capeddère
    du Falze Paipe
    e atternesciòte da le ráme
    de prennéidde e vremmecócche,
    l’últeme fiòte de la déie
    rèt’o chezzétte,
    u véinde de penénde
    ca strascéne le penzéire
    cóm’a fiíure de carte…

    E adócchie u céile
    saup’a mèie
    cangiasse le chelíure
    e, da l’alta vènne…,
    u máre píure.

    Aspétte la saire
    ca, punduòle e selenziause,
    vène a dò
    la chenzègne a la nótte…

    Ind’all’aria all’aschíure
    le passe de na frònze
    ca me caméne n-góudde,
    leggère…,
    se fèrme
    e póie s’allendáne…

    E m’acchemmógghie u córe
    chèss’alta déie ca móre…

    ASPETTANDO LA SERA…

    Lambito dalla chioma pendente
    del Falso Pepe
    e attorniato dai rami
    del susino e dell’albicocco,
    l’ultimo fiato del giorno

    dietro la nuca,
    il vento di ponente
    che si trascina i pensieri
    come fiori di carta…

    E adocchio il cielo
    sopra di me
    cangiarsi i colori
    e, dall’altra parte…,
    il mare pure.

    Attendo la sera
    che, puntuale e silenziosa,
    giunge per dare
    la consegna alla notte…

    Nell’aria oscura
    i passi di una foglia
    che mi cammina addosso,
    leggera…,
    si ferma
    e poi s’allontana…

    E m’angoscia il cuore
    quest’altro dí che muore…

    RENGHIUSE TRA LE MIURE…

    Renghíuse tra le míure…,
    munne mbetréte
    pe véicchie serrése
    e memóurie du téimbe
    ca se ne vònne
    dé pe déie
    pe re stràdere fèrme
    … e sènza nu addéie.

    Nótta de “guèrre”
    lónghe
    renghíuse tra le míure
    cóme n-dringè…,
    s’aspétte u neméche,
    u virus nvesibbele:
    stè ind’o stè fóre?

    Punduòle,
    nzéime a le sciacalle…,
    vène la premavère
    cu préme ragge de saule
    ca ind’o caméne,
    da levènde a penénde,
    m’adócchie
    rèt’a la fenéstra sprangòte;
    nescíuna strètte de máne…,
    pe famme u salíute
    me mbònne de líuce…

    De gòcce d’arie
    m’abbeveraisce
    da na sgarrasse…,
    sénde la vauce du véinde
    …e de libbere respére
    me pigghie l’angalirie.

    Preggiunéire de la déie
    passe redd’aure
    a fò gnóumbre
    che féle de paciénze …e sperènze,
    renghíuse tra le míure
    stènghe
    ma angóre me retróve,
    cóme Ddé vóle,
    avvrazzòt’a la véte…

    RINCHIUSO TRA I MURI…

    Rinchiuso tra muri…,
    mondo impietrito
    per vecchi sorrisi
    e memorie del tempo
    che se ne vanno
    giorno dopo giorno
    per le strade ferme
    … e senza un addio.

    Notte di “guerra”
    lunga
    rinchiuso tra muri,
    come in trincea…,
    l’attesa del nemico
    il virus invisibile:
    è dentro o fuori?
    Puntuale,
    con gli sciacalli…,
    giunge la primavera
    col primo raggio di sole
    che nel cammino,
    da levante a ponente,
    mi adocchia
    dietro la finestra sprangata,
    nessuna stretta di mano…,
    per farmi un saluto
    mi inonda di luce …

    Di gocce d’aria
    m’abbevero da una fessura…,
    odo la voce del vento
    …e di libero respiro
    mi piglia la brama.

    Prigioniero del dí
    trascorro le ore
    a raggomitolare
    fili di pazienza …e speranza,
    rinchiuso tra muri
    stanco
    ma ancor mi ritrovo,
    come vuole Dio,
    avvinghiato alla vita …
    Corteggiata da l'aure e dagli amori, siede sul trono de la siepe ombrosa, bella regina dè fioriti odori, in colorita maestà la rosa CLAUDIO ACHILLINI

  12. #42
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    Brava Regina, così si fa in questo thread!

  13. #43
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    Il "problema" dell'esprimersi non esiste, se c'è affinità.
    Quali che siano le radici di una persona o di due, tre, persone, si capiranno non perché hanno lingue uniformi, ma perché sanno valorizzarne le differenze.
    Se c'è affinità.

    .
    E' da qualche giorno che penso a questa tua affermazione.
    Me la puoi chiarire?

    Affinità nel senso di attrazione, simpatia?

    A parte l'ovvia attrazione fisica, non verbale, che spesso precede gli scambi linguistici, quale viene prima, la comunicazione o l'attrazione, o non si presentano per caso contemporaneamente?

    Della serie... viene prima l'uovo o la gallina?

  14. #44
    Dialetto e saggezza veneta

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  15. #45
    Opinionista L'avatar di follemente
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    Citazione Originariamente Scritto da Kanyu Visualizza Messaggio
    Dialetto e saggezza veneta

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    Sì, fatemi conoscere le espressioni e le frasi in dialetto che amate...

    Continuo io.

    Chi xe in tera giudiga, chi xe in mar nàvega (Chi sta a terra giudica, chi è in mare naviga).

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