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Discussione: Ricordi Flash

  1. #1

    Ricordi Flash

    Conobbi Francesco i primi anni '90.
    Un omaccione, burbero... toscano di origine... aveva il codino e la barba nera.
    Era un collega del settore, più grande ovviamente. Gli davo del lei... e ho
    continuato a dargli del lei anche durante l'ultima telefonata, prima che se
    ne andasse. Era il mio modo di mostrargli rispetto.

    Quando lavoravamo per due agenzie marittime, concorrenti tra loro, un giorno
    arrivò in porto e, braccandomi quasi, con la sua mercedes dakota, lakota... pagoda... non
    ricordo più adesso, avvicinò quasi ad investirmi e, abbassando il finestrino, mi
    disse : "Stai andando a bordo?" Io risposi di si e allora lui " Tieni, in questa
    busta ci sono dieci milioni, daglieli al comandante e poi portami la ricevuta,
    altrimenti è meglio che non ti fai vedere più in zona", mi intimò.

    Io rimasi di stucco, nella borsa avevo altri venticinque milioni in contanti e circa
    cinque milioni in assegni. Niente di illegale, attenzione... era la cosiddetta
    "Cassa nave", cioè dei soldi contanti che gli armatori davano ai comandanti
    delle loro navi, tramite le agenzie, per quelle spese che ai tempi, necessitavano
    di contanti... sia per piccole somme, sia perché in certi porti, specie quelli
    africani... i contanti servivano, sia perché gli equipaggi delle navi, necessitavano
    di acconti sugli stipendi.

    Andai a bordo con quaranta milioni in borsa, come se fosse una cosa normale.
    Appena arrivai nella saletta del comandante, il quale era in compagnia di un
    rappresentante dell'armatore, questi quasi si fiondarono sulla borsa poiché
    con quei denari, dovevano dare acconti ai membri dell'equipaggio, i quali
    aspettavano da mesi, la compagnia infatti era morosa nei loro confronti e
    anche nei confronti dei servizi portuali, tanto che dopo qualche anno, fallì
    miseramente... una compagnia armatoriale tra le più prestigiose.

    Misi tutti i denari sul tavolo e questi due cominciarono a prenderli, mischiandoli
    e contandoli sommariamente e avidamente... tanto che mi misi paura, gli tolsi
    immediatamente i soldi tra le mani e glieli diedi poco alla volta, facendomi
    firmare, di volta in volta, le ricevute. Fuori la cabina vi erano alcuni marittimi
    che origliavano, agitati, minacciando uno sciopero se non avessero ricevuto i
    loro soldi.

    Alla fine consegnai tutti i soldi, gli assegni nominativi, presi tutte le ricevute e
    scesi a terra. Passai dall'ufficio di Francesco, gli diedi la sua ricevuta e me ne
    tornai in ufficio.

    Nell'Agosto del 1998 Francesco mi telefonò dicendomi che la sua agenzia cercava
    personale e se fossi interessato. Caspita, certo che lo ero. Così lo incontrai e mi
    disse che lui era stato trasferito a Fiumicino e che serviva qualcuno che prendesse
    il suo posto.

    Da allora, tranne per una breve pausa di un anno circa, sono ancora in quell'azienda,
    e grazie ancora a lui e ad un altro collega, attuale mio capoufficio, i quali, insistettero
    con il mio titolare, per farmi riassumere.

    Avevo avuto infatti un cortese scambio di vedute con il titolare, durante il quale
    lamentai una mancanza di tatto e rispetto nei miei confronti, dando poi le dimissioni
    quando una multinazionale mi cercò per assumermi.

    Con Francesco ebbi solamente un diverbio, nel lontano 2006, quando gestivo da
    solo la sede di Siracusa, prima di esser trasferito definitivamente ad Augusta, nel
    2010, quando preso da tanto lavoro, mi intrattenne al telefono per delle istruzioni
    futili che in quel momento potevano aspettare, visto che avevo una nave in partenza.
    Allora gli dissi di sbrigarsi perché dovevo andare e lui, risentito, buttò giù il telefono
    e mi scrisse un'email che iniziava così : "Seguito nostra spiacevole conversazione
    telefonica odierna... ecc.ecc.).

    Quando si ammalò e venne ricoverato, per poi non uscirne più... mi dispiacque molto.
    A volte lo chiamavo e lui recitava sempre la parte dell'uomo forte, del pirata che era un
    tempo... però si sentiva che soffriva.

    Arrivò il giorno in cui si sentii prossimo alla fine, allora cercò di chiamare il suo collega e coetaneo
    di sempre, Ciccio, lssunto in azienda insieme a lui nel lontanissimo 1974. Ciccio però non era
    raggiungibile e allora chiamò me.

    All'inizio si prese gioco di me, offendendomi e intimandomi a riconoscerlo.... io non l'avevo riconosciuto
    all'inizio, poi capii il tono e lo riconobbi... stesi allo scherzo, gli chiesi come andava, anche se sapevo che
    non poteva andare bene... e allora lui mi rispose che era quasi giunto il momento e che con quella telefonata
    ci salutava tutti.... mi disse "Di a quel coglione di Ciccio che l'ho cercato... e statemi tutti bene..." io a stento
    trattenni le lacrime, ma la voce mi venne a mancare, quando gli dissi che lo avrei portato sempre nel cuore e
    che lo ringraziavo per l'amicizia, i consigli, l'aiuto che mi diede in tutti quegli anni. Poi ci salutammo e non lo
    risentii più. Ciccio si dannò, l'indomani, quando glielo raccontai, provando e riprovando a chiamarlo...

    Dopo qualche tempo ricevetti una telefonata da un numero sconosciuto. Era il figlio, il quale stava telefonando
    ai numeri in rubrica del padre, per comunicare la notizia che era venuto a mancare.

    Sapevo che Francesco non aveva buoni rapporti con i figli... presumo in quanto divorziato da anni, allora gli parlai
    bene si duo padre, di quanto gli fossi riconoscente per il suo aiuto e gli chiesi dove fosse sepolto.

    Ebbene Francesco riposa nel cimitero del paesino di Barga e... prima o poi, come si trattasse di La Mecca per i musulmani,
    lo andrò a trovare, almeno una volta.

    Intanto me lo ritrovo sul desktop, in una foto in cui ci sono io, Peppe, un altro nostro collega e lui, sorridente e beffardo.
    Foto scattata nel Settembre del 2010, durante una conferenza stampa effettuata dal nostro titolare, per inaugurare
    un collegamento di traghetti tra Augusta e Chioggia. Quando accendo il pc, lui e mio padre sono lì, a portata di sguardo.
    Ultima modifica di bumble-bee; 24-06-2022 alle 22:34
    Bambol utente of the decade

  2. #2
    Opinionista
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    30/04/19
    Messaggi
    1,506
    Barga, paese della Toscana, in Garfagnana, che conosco e consiglio di visitare insieme alle non lontane Alpi Apuane e alle cave di marmo.

    Lo scrittore e poeta Giovanni Pascoli trascorse 17 anni a Castelvecchio, frazione di Barga (dal 1895 al 1912). E' sepolto nella sua casa-museo insieme alla sorella Maria.

    "L'ora di Barga" è una poesia scritta da Giovanni Pascoli. Fa parte della raccolta "Canti di Castelvecchio" ed è stata pubblicata per la prima volta nel 1900.

    L’ORA DI BARGA

    Al mio cantuccio, donde non sento
    se non le reste brusir del grano,
    il suon dell’ore viene col vento
    dal non veduto borgo montano:
    suono che uguale, che blando cade,
    come una voce che persuade.

    Tu dici, È l’ora, tu dici, È tardi,
    voce che cadi blanda dal cielo.
    Ma un poco ancora lascia che guardi
    l’albero, il ragno, l’ape, lo stelo,
    cose ch’han molti secoli o un anno
    o un’ora, e quelle nubi che vanno.

    Lasciami immoto qui rimanere
    fra tanto moto d’ale e di fronde;
    e udire il gallo che da un podere
    chiama, e da un altro l’altro risponde,
    e, quando altrove l’anima è fissa,
    gli strilli d’una cincia che rissa.


    E suona ancora l’ora, e mi manda
    prima un suo grido di meraviglia
    tinnulo, e quindi con la sua blanda
    voce di prima parla e consiglia,
    e grave grave grave m’incuora:
    mi dice, È tardi; mi dice, È l’ora.

    Tu vuoi che pensi dunque al ritorno,
    voce che cadi blanda dal cielo!
    Ma bello è questo poco di giorno
    che mi traluce come da un velo!
    Lo so ch’è l’ora, lo so ch’è tardi;
    ma un poco ancora lascia che guardi.

    Lascia che guardi dentro il mio cuore,
    lascia ch’io viva del mio passato;
    se c’è sul bronco sempre quel fiore,
    s’io trovi un bacio che non ho dato!
    Nel mio cantuccio d’ombra romita
    lascia ch’io pianga su la mia vita!

    E suona ancora l’ora, e mi squilla
    due volte un grido quasi di cruccio,
    e poi, tornata blanda e tranquilla,
    mi persuade nel mio cantuccio:
    è tardi! è l’ora! Sì, ritorniamo
    dove son quelli ch’amano ed amo.

  3. #3
    Bambol utente of the decade

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