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Discussione: Per Fiammetta. Medea nelle Heroides di Ovidio

  1. #1
    ????? ???????????? L'avatar di Pazza_di_Acerra
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    Per Fiammetta. Medea nelle Heroides di Ovidio

    Nella letteratura occidentale Medea rappresenta l’archetipo della donna sedotta e abbandonata. Giunto nella Colchide con gli argonauti per impadronirsi del Vello d’oro, Giasone riesce nell’impresa solo grazie all’aiuto di Medea, figlia del re della regione e maga dal grande potere. La donna s’innamora del greco, scappa con lui ed arriva a fare a pezzi il fratello e a spargerne i pezzi in mare, pur di ostacolare e frenare l’inseguimento del padre. Giasone approda così a Jolco con il Vello d’oro insieme agli argonauti e a Medea e lo consegna allo zio Pelia che, però, si rifiuta di concedergli il trono, come promesso. Medea allora aiuta ancora l’amato, dona una pozione ai figli di Pelia con il pretesto di far ringiovanire il padre, ma, in realtà, con lo scopo di ucciderlo tra atroci sofferenze. Morto Pelia, Giasone e Medea sono banditi dalla città e si rifugiano a Corinto dove si sposano e hanno due figli. Passati alcuni anni, il re di Corinto Creonte offre la figlia in sposa a Giasone, che accetta per divenire il successore al trono. Medea mette allora in atto la sua vendetta. Dona alla futura sposa un mantello intriso di veleno a causa del quale muoiono sia la donna che il padre di lei. Infine, Medea uccide i due figli.
    Da sempre la figura ha affascinato divenendo uno dei personaggi femminili più celebri. Euripide non la rappresenta più solo come una maga dalle azioni disumane, ma anche come un’eroina cosciente del proprio proposito omicida e bramosa di attuarlo con lucida consapevolezza. Apollonio Rodio e Valerio Flacco si soffermano molto sul conflitto psicologico della donna, lacerata tra i doveri nei confronti della patria e del padre e l’amore sorto per lo straniero Giasone. Nel poeta latino i conflitti psicologici sono complicati da turbamenti religiosi. Ovidio ne parla nell'omonima tragedia, nelle Metamorfosi e nelle Heroides, dove la donna si muove all’interno di un retroterra elegiaco per approdare, infine, ad una dimensione eroica, che sfocia nella vendetta e nell’omicidio. Nell'epistola Medea si rammarica di non essere morta prima di aver conosciuto Giasone, di essersi innamorata dei suoi capelli biondi, della sua eleganza e della sua parlantina, si pente di di averlo salvato dalla morte mentre affrontava i tori dalle teste fiammeggianti. Vanta così, i propri meriti di fronte al marito, lo accusa di essere un traditore, che si è avvalso della propria loquacità e della bocca menzognera per ingannarla, alterna alle maledizioni scagliate contro Giasone i dolci ricordi del matrimonio. Toni nostalgici ed elegiaci si mescolano con propositi di vendetta, che diverranno «il sacrificio d'espiazione» per l’assassinio del fratello.
    Medea si vede ora sola, abbandonata dallo sposo che era divenuto il suo unico affetto significativo, per cui è arrivata a sacrificare tutto il resto . Si sente abbandonata anche dalle arti magiche, ha perso perfino il sonno. Ora «una rivale abbraccia le membra» che lei ha salvato ed è sempre la rivale «a cogliere il frutto» della fatica di Medea. Quando i pensieri della maga confluiscono tutti sulla nuova sposa di Giasone, il desiderio di vendetta sembra dominare definitivamente: «Rida pure, lei, e gioisca dei miei difetti. Rida, … piangerà e sarà bruciata da fiamme che supereranno le mie. Finché ci saranno ferro e fuoco ed essenze velenose, nessun nemico di Medea resterà impunito».
    In un'ultima invettiva contro il marito, gli ricordai i figli, l’importanza di mantenere vicino a loro la madre e non una matrigna che non li amerà. Prega con infinite suppliche Giasone di restituirle il letto nuziale, di conservare il giuramento fattole, di restituirle l’aiuto che lei gli ha offerto tempo addietro. Vanta la propria superiorità eroica come un orgoglio insuperabile: «il fatto stesso che tu possa essere ingrato, persino questo è merito mio».
    Medea conclude conscia che «l’ira genera enormi minacce» e che la sua mente sta progettando un’azione scellerata e spropositata. La donna sta alludendo all’omicidio dei figli attraverso il quale rinnegherà la carne della propria carne.
    Su Medea si era già discusso nel forum, ma non sono riuscita a trovare dove.
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da Pazza_di_Acerra Visualizza Messaggio
    Nella letteratura occidentale Medea rappresenta l’archetipo della donna sedotta e abbandonata. Giunto nella Colchide con gli argonauti per impadronirsi del Vello d’oro, Giasone riesce nell’impresa solo grazie all’aiuto di Medea, figlia del re della regione e maga dal grande potere. La donna s’innamora del greco, scappa con lui ed arriva a fare a pezzi il fratello e a spargerne i pezzi in mare, pur di ostacolare e frenare l’inseguimento del padre. Giasone approda così a Jolco con il Vello d’oro insieme agli argonauti e a Medea e lo consegna allo zio Pelia che, però, si rifiuta di concedergli il trono, come promesso. Medea allora aiuta ancora l’amato, dona una pozione ai figli di Pelia con il pretesto di far ringiovanire il padre, ma, in realtà, con lo scopo di ucciderlo tra atroci sofferenze. Morto Pelia, Giasone e Medea sono banditi dalla città e si rifugiano a Corinto dove si sposano e hanno due figli. Passati alcuni anni, il re di Corinto Creonte offre la figlia in sposa a Giasone, che accetta per divenire il successore al trono. Medea mette allora in atto la sua vendetta. Dona alla futura sposa un mantello intriso di veleno a causa del quale muoiono sia la donna che il padre di lei. Infine, Medea uccide i due figli.
    Da sempre la figura ha affascinato divenendo uno dei personaggi femminili più celebri. Euripide non la rappresenta più solo come una maga dalle azioni disumane, ma anche come un’eroina cosciente del proprio proposito omicida e bramosa di attuarlo con lucida consapevolezza. Apollonio Rodio e Valerio Flacco si soffermano molto sul conflitto psicologico della donna, lacerata tra i doveri nei confronti della patria e del padre e l’amore sorto per lo straniero Giasone. Nel poeta latino i conflitti psicologici sono complicati da turbamenti religiosi. Ovidio ne parla nell'omonima tragedia, nelle Metamorfosi e nelle Heroides, dove la donna si muove all’interno di un retroterra elegiaco per approdare, infine, ad una dimensione eroica, che sfocia nella vendetta e nell’omicidio. Nell'epistola Medea si rammarica di non essere morta prima di aver conosciuto Giasone, di essersi innamorata dei suoi capelli biondi, della sua eleganza e della sua parlantina, si pente di di averlo salvato dalla morte mentre affrontava i tori dalle teste fiammeggianti. Vanta così, i propri meriti di fronte al marito, lo accusa di essere un traditore, che si è avvalso della propria loquacità e della bocca menzognera per ingannarla, alterna alle maledizioni scagliate contro Giasone i dolci ricordi del matrimonio. Toni nostalgici ed elegiaci si mescolano con propositi di vendetta, che diverranno «il sacrificio d'espiazione» per l’assassinio del fratello.
    Medea si vede ora sola, abbandonata dallo sposo che era divenuto il suo unico affetto significativo, per cui è arrivata a sacrificare tutto il resto . Si sente abbandonata anche dalle arti magiche, ha perso perfino il sonno. Ora «una rivale abbraccia le membra» che lei ha salvato ed è sempre la rivale «a cogliere il frutto» della fatica di Medea. Quando i pensieri della maga confluiscono tutti sulla nuova sposa di Giasone, il desiderio di vendetta sembra dominare definitivamente: «Rida pure, lei, e gioisca dei miei difetti. Rida, … piangerà e sarà bruciata da fiamme che supereranno le mie. Finché ci saranno ferro e fuoco ed essenze velenose, nessun nemico di Medea resterà impunito».
    In un'ultima invettiva contro il marito, gli ricordai i figli, l’importanza di mantenere vicino a loro la madre e non una matrigna che non li amerà. Prega con infinite suppliche Giasone di restituirle il letto nuziale, di conservare il giuramento fattole, di restituirle l’aiuto che lei gli ha offerto tempo addietro. Vanta la propria superiorità eroica come un orgoglio insuperabile: «il fatto stesso che tu possa essere ingrato, persino questo è merito mio».
    Medea conclude conscia che «l’ira genera enormi minacce» e che la sua mente sta progettando un’azione scellerata e spropositata. La donna sta alludendo all’omicidio dei figli attraverso il quale rinnegherà la carne della propria carne.
    Su Medea si era già discusso nel forum, ma non sono riuscita a trovare dove.
    Grazie cara dott,ssa Pazza, sempre domande facsili per me, ma sai che ho una cultura fondamentalmente

    scientifica e dimmi dove vado a pescarfe le Herodiades di Ovidio. Diciamo che per Herodiades s'intendono le

    ttere in versi scritte da donne ai propri uomini, ci risulta che anche tre uomini abbiano scritto lettere alle

    proprie donne. Herodiades scxritta da Medea é quella che ci é giunta interamente, Ovidio la vede come

    una donna e moglie di Giasone, che approda a Corinto, lui straniero, lei non greca, veniva dalla Colchide

    ove era il Vello d'Oro che aiutò a rubare. Si sposarono, ebbero 2 figli, vissero a Corinto, vinché Creonte, re

    di Corinto propose a Giasone di sposare la figlia Glauce e di diventare poi re di Corinto, Giasone abbandona

    subito Medea e la scena si apre col prologo in cui una vecchia ancella di Medea, maledice il viaggio degli argo

    nauti, il vello d'oro, i colpi d'ascia per tagliare nuovo legno, ha capito che Giasone abbandona Medea. Ella pensa


    alla vendetta, prende un mantello , lo imbeve di veleno e lo invia alla novella sposa Glauce, sia lei che il padre che

    lo toccano muoiono tra atroci sofferenze ma ancora non é paga e uccidei 2 figli avuti da Giasone, mentre sta tornando, e

    fugge via sul carro alato del sole riempiendo giustamente Giasone di improperi e ingiurie e minacce.Ovidio si sofferma di piu' sulla donna

    abbandonata,

    Euripide di piu' sulla donna assassina.
    Ultima modifica di Fiammetta; 14-07-2022 alle 20:15

  3. #3
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    Grazie cara dott,ssa Pazza, sempre domande facsili per me, ma sai che ho una cultura fondamentalmente

    scientifica e dimmi dove vado a pescarfe le Herodiade di Ovidio. Diciamo che per Herodiades s'intendono

    ttere in versi scritte da donneai propri uomini, ci risulta che anche tre uomini abbiano scritto lettere alle

    proprie donne. herodiadees scxritta da Medea é quella che ci é giunta interamente, Ovidio la vede come

    una donna e moglie di Giasone, che approda a Corinto, lui straniero, lei non greca, veniva dalla Colchide

    ove era il Vello d'Oro che aikutò a rubare. Si sposarono, ebbero 2 figli, vissero a Corinto, vinché Creeonte, re

    di corinto propose a Giasone di sposare la figlia Glauce e di diventare poi re di CVorinto, Giasone aìbbandona

    subito Medea e la scena si aptre col prologo in cui una vecchia ancella di Medea, maledice il viaggio degli argo

    nauti, il vello d'oro, i colpi d'ascia per tagliare nuovoo legno, ha capito che Giasone abbandona Medea. Ella pensa

    alla vendetta, prende un mantello , loo imbeve di veleno e lo incvia alla novella sposa Glauce, sia lei che il padre che

    lo toccano muoiono tra atroci sofferenze ma ancora non é paga e uccuide i 2 figli avuti da Giasone, mentre sta tornando e

    fugge via sul carro alato del sole rikempiendo giustamente Giasone dik improperi e ingiurie e minacce. OLvidio si sofferma di piu' sulla donna abbandonata,

    Duripide di piu' sulla donna assassina.
    Sì, secondo me Ovidio si dimostra conoscitore più sottile della psicologia femminile rispetto a Euripide; il tragico rispecchia la concezione greca, per noi un po' grezza, della donna mentre Medea greca non era!
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  4. #4
    Astensionista L'avatar di nahui
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    A me di questi classici greci piacciono tanto anche le rivisitazioni moderne. Sulla storia di Medea c'è un bellissimo romanzo di Christa Wolf, che non mi stanco di consigliare. Come insegna il Maestro questi personaggi sono archetipi di caratteri femminili, eterni. Come la Bovary, del resto. Di recente ho anche letto un bel libro su Circe, di Madeline Miller, che impasta magia e lotta al patriarcato
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
    (George Bernard Shaw)

  5. #5
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    A me di questi classici greci piacciono tanto anche le rivisitazioni moderne. Sulla storia di Medea c'è un bellissimo romanzo di Christa Wolf, che non mi stanco di consigliare. Come insegna il Maestro questi personaggi sono archetipi di caratteri femminili, eterni. Come la Bovary, del resto. Di recente ho anche letto un bel libro su Circe, di Madeline Miller, che impasta magia e lotta al patriarcato
    Sì, anche su Clitennestra c'è una bella opera teatrale di Dacia Maraini-
    semel in anno licet insanire, cotidie melius

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Pazza_di_Acerra Visualizza Messaggio
    Sì, anche su Clitennestra c'è una bella opera teatrale di Dacia Maraini-
    Questa mi manca, vado a cercarla ;-)
    Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non potere credere a nessuno.
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  7. #7
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    Questa mi manca, vado a cercarla ;-)
    "I sogni di Clitennestra". All'epoca era stato edito dalla Bompiani, ma può darsi sia stato ristampato da altre case editrici. Il tui libraio di fiducia ti saprà dare maggiori lumi!
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