Originariamente Scritto da
Pazza_di_Acerra
Controverso e oggetto di indagine critica, il canzoniere shakespeariano, composto di 154 sonetti – ognuno di essi strutturato in tre quartine più distico finale - e pubblicato nel 1609, ha sollevato non poche problematiche testuali ed extratestuali. Incertezze che riguardano la datazione delle liriche (presumibilmente composte tra il 1593-95 o tra il 1598-1601) che rimane un problema insolubile, la sequenza dei componimenti, la scelta stessa di pubblicare testi che rivelano, in alcuni casi, un certo grado di incompiutezza (o, quantomeno, mancanza di revisione finale) e che, soprattutto, non era nelle intenzioni dell’autore dare alle stampe, in un momento in cui il genere, dopo i furori petrarcheschi o petrarchisti di tanti aspiranti emuli dell'aretino, non era più in voga da quasi un secolo. La stessa dedica voluta dall’editore rimane quanto mai enigmatica ed è tuttora impossibile stabilire in maniera inequivocabile l’identità di Mr W.H., ispiratore o procacciatore dei versi.
Mistero che ha appassionato la critica shakespeariana e che, in parte, si lega all’indagine circa l’identità dello stesso fair youth cui sono rivolti i sonetti 1-126, per alcuni aspetti i più intensi ed immortali e, senza dubbio, i più discussi e controversi. A seguire, dal 127 al 154, i sonetti dedicati all’altrettanto misteriosa dark lady, che chiudono la raccolta. Implicazioni omosessuali, amicizia, amore, matrimonio, discendenza, riflessione sulla caducità della vita umana, sul legame tra arte ed immortalità, su verità e finzione, arte e vita: anche nei sonetti, arricchiti del mistero che li circonda, la rappresentazione shakespeariana dell’uomo.
Alle meraviglie del creato noi chiediam progenie
perché mai si estingua la rosa di bellezza,
e quando ormai sfiorita un dì dovrà cadere,
possa un suo germoglio continuarne la memoria:
ma tu, solo devoto ai tuoi splendenti occhi,
bruci te stesso per nutrir la fiamma di tua luce
creando miseria là dove c’è ricchezza,
tu nemico tuo, troppo crudele verso il tuo dolce io.
Ora che del mondo sei tu il fresco fiore
e l’unico araldo di vibrante primavera,
nel tuo stesso germoglio soffochi il tuo seme
e, giovane spilorcio, nell’egoismo ti distruggi.
Abbi pietà del mondo o diverrai talmente ingordo
da divorar con la tua morte quanto a lui dovuto.