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Discussione: Simulazione, dissimulazione

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    Simulazione, dissimulazione

    Cara mia regina d'Autunno oggi voglio parlarti di un poeta quasi tuo “compaesano”: Torquato Accetto (1590 circa – 1640), nato a Trani.

    Nel 1612 si trasferì ad Andria per lavorare come segretario dei duchi Carafa, poi nel 1618 a Napoli.

    Questo letterato è noto per il suo libello titolato “Della dissimulazione onesta”, pubblicato nel 1641.

    Il trattato consiglia il cortigiano, in particolare il “secretario” di chi ha potere, come essere abile nelle relazioni sociali fra le istanze poste dalla sua coscienza civile e cristiana e la necessità di sottrarsi alla censura e alla repressione imposta dalla legge per i dissidenti.

    Diverse strategie si possono adottare per evitare di manifestare in modo palese il proprio pensiero, i propri sentimenti o propositi e frequentemente ci si trova a scegliere fra simulazione e dissimulazione.

    La dissimulazione, che fu al centro dei dibattiti all’epoca, non è per Accetto sinonimo di menzogna ma invito alla cautela. Egli differenzia la simulazione, moralmente riprovevole perché viziata da cattive intenzioni, dalla dissimulazione, che invece pareva al poeta l’unico rimedio per difendersi dai simulatori.

    Così descrive i due non opposti atteggiamenti: "Io tratterei pur della simulazione e spiegherei appieno l'arte del fingere in cose che per necessità par che la ricerchino; ma tanto è di mal nome che stimo maggior necessità il farne di meno, e, benché molti dicono: “Qui nescit fingere nescit vivere”, anche da molti altri si afferma che sia meglio morire che viver con questa condizione [...] Basterà dunque il discorrer della dissimulazione in modo che sia appresa nel suo sincero significato, non essendo altro il dissimulare che un velo composto di tenebre oneste e di rispetti violenti, da che non si forma il falso, ma si dà qualche riposo al vero, per dimostrarlo a tempo".

    I verbi “simulare” e dissimulare” derivano dall’aggettivo in lingua latina “similis” (= rendere simile).

    Per traslato il verbo simulare venne ampliato di significato e passò ad indicare “fare finta”, fingere” e tale significato ha ancora oggi nella lingua italiana

    Ovviamente dissimulare deriva da simulare, con l'aggiunta del prefisso "dis-", che si usa per indicare l’opposto, di "rendere dissimile. Anche da questa accezione, come nel caso precedente, se ne sviluppa, per traslato, una seconda, nella quale il verbo assume il valore di fingere, celare, nascondere i propri sentimenti o il proprio pensiero.

    ”O segredo do sucesso, nos negócios como no amor, é a dissimulação. É preciso dissimular o desejo que se sente, é preciso simular o desejo que não se sente. É preciso mentir”.
    René Girard (filosofo francese, 1923 - 2015)
    Ultima modifica di doxa; 04-08-2022 alle 11:33

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