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Risultati da 31 a 45 di 58

Discussione: Biografia della fede di William Miller.

  1. #31
    Opinionista L'avatar di crepuscolo
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    Non è del tutto vero. Certamente è richiesta una profonda modifica della fede e dell'attività da parte delle Chiese, che per loro pare inaccettabile, ma sarebbe sempre utile la diffusione dei messaggi di fede, desunti dalle comunicazioni divine.
    Ma ti sembra che se Gesù ritornasse farebbe la stessa vita di prima, ma dai.
    Ormai gli apostoli hanno imparato ed hanno insegnato quello che hanno capito, ed anche il loro compito è finito.
    Quando cessa il sacrificio, e Gesù e gli apostoli si sono sacrificati molto, poi, c'è una certa aria di godimento mista a soddisfazione per aver fatto quello che doveva essere fatto. Da ciò è maturato un buon frutto ed me lo gusto.
    Ormai si respira aria di libertà, quella che lascia da parte i pochi legami per trovarne 10 volte tanti.
    Come?
    Provare per credere, d'altronde se hai fede e non provi saresti come uno che ha le gambe ma non le muove perché gli piace poltrire pensando.

  2. #32
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    Insomma, nessuno nasce credente. Ci dev'essere qualcuno che lo indirizza verso la fede, qualunque essa sia.
    Se credi al potere di Dio onnisciente sai che il tuo destino era già formulato nella sua mente prima che tu nascessi, come, in un certo verso, ha recitato un profeta biblico.
    Anche nella parabola il prossimo aiuta ma di più non può fare perché non può sostituirti.
    Gli altri sono importanti per capire e farti capire ma lo scatto è del partecipante alla corsa.
    C'è anche chi non vuol partecipare o chi addirittura boicotta la corsa, ma, una volta che i muscoli si sono scaldati e messi in moto è deleterio fermarsi a ragionare.
    Ultima modifica di crepuscolo; 31-12-2022 alle 18:41

  3. #33
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    Ma ti sembra che se Gesù ritornasse farebbe la stessa vita di prima, ma dai.
    Certo che no. Due millenni non sono passati invano.
    Citazione Originariamente Scritto da crepuscolo Visualizza Messaggio
    Ormai gli apostoli hanno imparato ed hanno insegnato quello che hanno capito, ed anche il loro compito è finito.
    Quando cessa il sacrificio, e Gesù e gli apostoli si sono sacrificati molto, poi, c'è una certa aria di godimento mista a soddisfazione per aver fatto quello che doveva essere fatto. Da ciò è maturato un buon frutto ed me lo gusto.
    Gesù e gli apostoli hanno fatto ciò che doveva essere fatto, ma poi ciascun uomo dovrebbe fare la sua parte, oltre che godere dei frutti dei predecessori.
    Fate l'amore, non la guerra.
    Lavorare tutti, lavorare meno.

  4. #34
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    Non intendo godere i frutti dei predecessori, ma quelli personali.
    I due millenni ci hanno solo allontanato da quel Gesù così genuino che adoriamo, come l'acqua della fonte perde la sua purezza allontanandosi dalla sorgente che l'ha generata, suscitando una specie di nostalgia.

  5. #35
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    - il tuo destino era già formulato nella sua mente prima che tu nascessi, come, in un certo verso, ha recitato un profeta biblico. -


    Proprio cosi' "Crep".

    Il salmo 139 riporta esattamente quanto tu hai postato !

    Cosi' anche per l' autore del sapienziale Giobbe (cap. 3 )



    -

  6. #36
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    Infatti secondo me Gesù è il prototipo dell'essere Uomo-Dio o Dio-Uomo che alla fine è la stessa cosa, infatti dal Vangelo risulta evidente ciò che intendevano i compilatori ed è appunto spandere a tutti gli uomini la notizia che siamo parte di Dio già solo pensandolo.
    E' vero che un pensiero di Dio, essendo eterno, vale più di tutti gli uomini messi insieme se gli stessi tendono a morire, ma pensare a Dio è sicuramente vivere.
    La morte è il buio, mancanza di luce e di ogni orientamento. Come diceva Giovanni chi è nella luce gode della luce ed odia le tenebre ma chi è nelle tenebre rimane confuso perché non trova via d'uscita.
    Poi arriva il panico che impedisce ogni lumen, ed arrendersi è la fine.
    Ciao esterno, buon anno

  7. #37
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    L'INCHIESTA SCONSIGLIATA.

    In tal modo i protestanti seguivano l'esempio dei cattolici: mentre la chiesa di Roma toglieva la Bibbia al popolo, le chiese protestanti pretendevano che una parte importante della Parola di Dio — e precisamente quella che insegna le verità relative al nostro tempo — non potesse essere compresa. Pastori e membri dicevano che le profezie di Daniele e dell'Apocalisse erano misteri incomprensibili. Eppure il Cristo aveva richiamato l'attenzione dei discepoli proprio sulle parole del profeta Daniele, relative agli eventi che dovevano verificarsi ai suoi tempi, dicendo: "... chi legge pongavi mente". (Matteo 24:15) L'affermazione secondo cui l'Apocalisse è un mistero, che non può essere capito, è in contrasto con il titolo stesso del libro: "La rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli ha data per mostrare ai suoi servitori le cose che debbono avvenire in breve... Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa, poiché il tempo è vicino". (Apocalisse 1:1, 3)
    Tenendo conto delle testimonianze precedenti, come osano gli uomini insegnare che l'Apocalisse è un mistero che supera la portata della comprensione umana? È un mistero rivelato, è un libro aperto. Il suo studio richiama le menti alle profezie di Daniele, in quanto i due libri (Daniele e Apocalisse) presentano le più importanti direttive, impartite da Dio, circa gli eventi che dovranno accadere alla fine della storia del mondo. A Giovanni furono rivelate scene di profondo interesse, per l'esperienza della chiesa. Egli vide la posizione, i pericoli e la liberazione finale del popolo di Dio e registrò i messaggi conclusivi, che devono permettere la maturazione e il raccolto sulla terra, sia per quanto riguarda i fedeli, cioè i covoni da raccogliere nei granai celesti, sia per quanto riguarda i nemici del Cristo, le zizzanie riservate al fuoco della distruzione. Gli furono rivelati soggetti di estrema importanza, specialmente per l'ultima chiesa, affinché coloro che abbandonano l'errore, per rivolgersi alla verità, possano essere avvertiti dei pericoli e delle lotte, che li attendono. Nessuno deve rimanere all'oscuro su ciò che sta per accadere nel mondo. Perché, allora, questa diffusa ignoranza su una parte così importante delle Sacre Scritture? Perché questo rifiuto, quasi generalizzato, a studiarne gli insegnamenti? Satana compie uno sforzo particolare, nascondendo agli uomini tutto ciò che può contribuire a rivelare i suoi inganni. Per questo motivo Gesù Cristo, autore di questa rivelazione, prevedendo la guerra che sarebbe scoppiata nei confronti dello studio dell'Apocalisse, pronunciò una benedizione su quanti avrebbero letto, ascoltato e messo in pratica le parole della profezia. La grande controversia, pp. 317-342.
    Fate l'amore, non la guerra.
    Lavorare tutti, lavorare meno.

  8. #38
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    PASSI MISTERIOSI SU DANIELE.

    Una grande analogia caratterizza le riforme o i movimenti religiosi che, di secolo in secolo, hanno segnato i progressi dell'opera di Dio. I princìpi che stanno alla base dell'azione divina nei confronti degli uomini sono sempre gli stessi e quindi i più importanti movimenti religiosi attuali trovano riscontro in quelli del passato, per cui le esperienze della chiesa contengono preziosi insegnamenti per la nostra epoca. La Bibbia lascia chiaramente intendere che gli uomini scelti da Dio per dirigere i grandi movimenti, destinati a realizzare il suo piano di salvezza sulla terra, erano guidati in modo particolare dallo Spirito Santo. Gli uomini diventano strumenti nelle mani di Dio, per l'attuazione dei suoi progetti, caratterizzati dalla grazia e dalla misericordia. Ognuno ha un incarico definito e a ciascuno viene accordata una conoscenza adeguata al suo particolare compito e sufficiente per permettergli l'attuazione del mandato, che Dio gli ha assegnato. Nessuno, però, per quanto onorato dal cielo, è mai pervenuto a una totale comprensione del piano della redenzione o a una perfetta valutazione del proposito divino, per l'opera che era stato chiamato a svolgere nella sua epoca. In altre parole, gli uomini non possono sempre capire completamente quello che Dio intende conseguire, tramite l'incarico che ha affidato loro, e quindi non riescono ad afferrare in tutta la sua portata il messaggio che stanno proclamando nel suo nome. Neppure i profeti, favoriti com'erano da una conoscenza particolare concessa loro dallo Spirito, si resero conto della portata delle rivelazioni ricevute. Il loro significato fu svelato gradatamente, nel corso dei secoli e nella misura in cui il popolo di Dio aveva bisogno degli insegnamenti, che tali rivelazioni contenevano. I profeti, pur non avendo avuto il privilegio di capire completamente le rivelazioni ricevute, cercavano comunque di avvalersi di tutta la conoscenza, che Dio gli aveva accordato. Essi, perciò, indagavano per conoscere "il tempo e le circostanze", indicati dallo "Spirito di Cristo, che era in loro". Che magnifico insegnamento per il popolo di Dio dell'era cristiana, che beneficiò di queste profezie, annunciate dai messaggeri dell'Altissimo! "E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi ministravano quelle cose". Notate con quanta cura questi uomini di Dio prendevano nota delle rivelazioni destinate alle generazioni future. Osservate il contrasto fra il loro santo zelo e la noncuranza che dimostrano alcuni nei confronti dei messaggi divini. Come non biasimare l'amore per il cosiddetto quieto vivere, per l'indifferenza che è frutto dell'attaccamento alle realtà terrene e per lo scetticismo di chi afferma che le profezie non possono essere capite!
    Fate l'amore, non la guerra.
    Lavorare tutti, lavorare meno.

  9. #39
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    L'ESPERIENZA DEGLI APOSTOLI COSTITUISCE UNA LEZIONE.

    Sebbene le menti limitate degli uomini non possano apprezzare i consigli dell'Essere infinito o capire completamente come si attuano i suoi piani, spesso la causa di questo stato di cose va ricercata nel fatto che gli uomini spesso non comprendono i messaggi divini per errore o negligenza. L'intelligenza umana, perfino quella dei figli di Dio, è talmente condizionata dalle opinioni comuni, dalle tradizioni popolari e dai falsi insegnamenti, che riescono solo parzialmente a rendersi conto delle verità sublimi che l'Eterno ha rivelato nella sua Parola.
    Tutto ciò si verificò anche con i discepoli del Cristo, quando il Salvatore era ancora con loro. Le loro menti erano così condizionate dalle concezioni popolari riguardanti il Messia, considerato un principe che avrebbe innalzato Israele sul trono di un impero universale, che non riuscirono a comprendere il significato delle parole che annunciavano le sue sofferenze e la sua morte. Gesù stesso li aveva incaricati di annunciare il messaggio: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete all'evangelo". (Marco 1:15) Quel messaggio si basava sulla profezia di Daniele 9. Le 69 settimane dovevano estendersi, per dichiarazione dell'angelo, fino "al Messia principe"; e così, con speranza e gioia, i discepoli sognavano l'insediamento di un regno messianico in Gerusalemme, in vista di un dominio esteso su tutta la terra. Essi predicavano il messaggio che era stato loro affidato dal Cristo, però ne fraintendevano il significato. Mentre il loro annuncio si basava su Daniele 9:25, non si rendevano conto che nel versetto seguente si parlava del Messia "soppresso".
    Fin dall'infanzia erano stati orientati a credere e sperare nella gloria di un impero terreno e questo accecava la loro mente, sia per quello che la profezia indicava sia per quello che le parole di Cristo significavano. Essi fecero il loro dovere, trasmettendo alla nazione ebraica l'invito della misericordia divina, ma proprio quando pensavano di vedere il Maestro salire sul trono di Davide, egli venne arrestato come un malfattore, percosso, deriso, condannato e appeso sulla croce al Calvario.
    Quanta angoscia e quanta disperazione scosse il cuore dei discepoli, durante i giorni in cui il loro amato Signore riposava nella tomba!Eppure il Cristo era apparso esattamente al tempo e nel modo indicati dalla profezia. La testimonianza della Scrittura si era adempiuta in ogni particolare del suo ministero. Egli aveva annunciato il messaggio della salvezza e il suo messaggio era stato trasmesso con potenza, tanto che gli uditori si erano convinti che si trattasse di un annuncio di origine divina, mentre la Parola e lo Spirito di Dio attestavano la missione del Figlio.
    L'annuncio fatto dai discepoli, nel nome del Signore, era esatto in tutti i suoi particolari e gli eventi predetti si stavano adempiendo l'uno dopo l'altro. "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino": questo era stato il loro messaggio. Alla fine del "tempo" delle 69 settimane di Daniele 9, che dovevano estendersi fino al "Messia unto", Gesù aveva ricevuto l'unzione dello Spirito, subito dopo il battesimo impartitogli da Giovanni Battista al Giordano. Il "regno di Dio", definito "vicino", era stato stabilito dalla morte di Gesù.
    Naturalmente questo regno non era, com'era stato loro insegnato, un impero terreno. Non era neppure quel regno futuro e immortale, che sarà stabilito quando "... il regno e il dominio e la grandezza dei regni, che sono sotto tutti i cieli, saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo" (Daniele 7:27), regno eterno nel quale "tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno".
    Fate l'amore, non la guerra.
    Lavorare tutti, lavorare meno.

  10. #40
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    Nella Bibbia l'espressione "regno di Dio" indica sia il regno della grazia, sia il regno della gloria. Quello della grazia è messo in risalto dall'apostolo Paolo nella sua lettera agli Ebrei. Dopo avere indicato il Cristo come intercessore compassionevole, che ha condiviso la nostra umanità, l'apostolo aggiunge: "Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per esser soccorsi al momento opportuno". (Ebrei 4:16) Il trono della grazia rappresenta il regno della grazia, poiché l'esistenza di un trono presuppone necessariamente quella di un regno.
    In molte delle sue parabole, Gesù usò l'espressione "regno dei cieli" per designare l'opera della grazia di Dio nei cuori degli uomini. Allo stesso modo, il trono della gloria rappresenta il regno della gloria, regno cui alludeva il Signore, dicendo: "Or, quando il Figliuol dell'uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo con sé tutti gli angeli, allora sederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate dinanzi a lui." (Matteo 25:31,32)
    Si tratta di un regno futuro, che sarà instaurato al ritorno di Cristo Gesù.
    Il regno della grazia fu istituito subito dopo la caduta dell'uomo, quando venne elaborato il piano della redenzione per l'umanità colpevole. Esso esisteva già come obiettivo e promessa di Dio.
    Questo regno, del quale si diventa sudditi per fede, fu però stabilito ufficialmente solo dopo la morte del Cristo. Infatti, anche dopo essere venuto nel mondo per adempiere la sua missione terrena, il Salvatore, stanco dell'ostinazione e dell'ingratitudine degli uomini, avrebbe potuto benissimo rinunciare al sacrificio del Calvario. Nel Getsemani, il calice tremò nelle sue mani. Anche in quel momento egli avrebbe potuto asciugare il sudore di sangue, che imperlava la sua fronte, e lasciare che l'umanità colpevole pagasse per la sua malvagità. Se lo avesse fatto, non ci sarebbe stata nessuna possibilità di redenzione per l'uomo. Quando, però, il Salvatore offrì la sua vita ed esalando l'ultimo respiro esclamò: "Tutto è compiuto!", risultò chiaro che il piano della redenzione era assicurato e che era stata ratificata la promessa di salvezza, fatta in Eden alla coppia colpevole. In quel momento s'instaurava il regno della grazia, che fino allora era esistito in virtù della promessa di Dio.
    In questo modo la morte del Cristo, che i discepoli consideravano la fine di ogni speranza, al contrario la confermò per l'eternità. Se per loro la morte del Cristo rappresentò una cocente delusione, in realtà dimostrò l'esattezza delle loro convinzioni. L'evento, che li aveva riempiti di amarezza e di disperazione, doveva contribuire ad aprire la porta della speranza a ogni discendente di Adamo e rappresentare il centro della vita futura e dell'eterna felicità dei fedeli figli di Dio di tutti i secoli.
    Dopo la risurrezione, Gesù apparve ai discepoli sulla via di Emmaus "E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo concernevano". (Luca 24:27)
    I cuori dei due discepoli rimasero scossi e la loro fede fu ravvivata. Si sentirono "rinascere... ad una speranza viva", prima ancora che Gesù si fosse fatto riconoscere. Il Maestro volle illuminare la loro mente e aiutarli a fondare la loro fede sulla parola profetica. Voleva che la verità si radicasse profondamente in loro, non solo perché sostenuta dalla sua testimonianza personale, ma perché convalidata dai simboli della legge cerimoniale e dalle precise dichiarazioni profetiche dell'Antico Testamento. Era necessario che i discepoli di Gesù avessero una fede vera, non solo per se stessi, ma per trasmettere al mondo la conoscenza del Cristo.
    Gesù richiamò l'attenzione dei discepoli su Mosè e sui profeti. Questa fu la testimonianza del Salvatore risorto sul valore e sull'importanza delle Scritture dell'Antico Testamento. Contemplando l'amato volto del Maestro, nel cuore dei discepoli avvenne un profondo cambiamento. (Luca 24:32) Essi riconobbero, da un punto di vista più completo e perfetto di prima, "Colui del quale hanno scritto Mosè ed i profeti".
    In tal modo l'incertezza, l'angoscia e la disperazione furono sostituite da una serena fiducia e una fede senza dubbi. Non c'è da stupirsi se dopo la sua ascensione, essi "erano del continuo nel tempio, benedicendo Iddio". (Luca 24:53) La gente, che conosceva solo la storia della terribile morte del Nazareno, si aspettava di leggere sul volto dei discepoli un'espressione di dolore, di confusione e di sconfitta; invece li vide illuminati dalla gioia e dal trionfo.

    E per quanto riguarda il Cristo del secondo avvento, come ho più volte ripetuto, si è avuto lo stesso misconoscimento, a causa degli stessi motivi che ingannarono i discepoli di Gesù.
    Ditemi voi se tutti gli inviati divini che ho citato nei miei scritti, non sono forse angeli di Cristo che lo accompagnano alla sua seconda venuta. Ditemi voi se non ho portato messaggi celesti per elevare spiritualmente e, quindi, far risuscitare spiritualmente i lettori, fino a farli sentire al di sopra di questa terra, nell'aria, da questo punto di vista.
    E poi, tutte le citazioni che ho fatte non servono forse a separare le pecore dai capri, il grano dalla zizzania? E non servono a radunare il popolo dei credenti, ovunque si trovino e in qualunque religione/testo sacro credano?
    Certo, chi si aspettava angeli letterali ad accompagnare Cristo e di essere sollevato letteralmente nell'aria all'avvento di Cristo e un dominio immediato sul tutto, è rimasto deluso. Ma, come ho più volte ripetuto, c'era un prezzo enorme da pagare, per poter far riaprire le porte del paradiso terrestre..., che sono tuttora chiuse, e vincere la seconda morte. Mentre la vita eterna nel corpo è già disponibile, per chi l'ha conquistata.
    Fate l'amore, non la guerra.
    Lavorare tutti, lavorare meno.

  11. #41
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    LA LEZIONE DEL 1844.

    L'esperienza dei discepoli, che predicarono il Vangelo del regno in occasione del primo avvento del Cristo, è sullo stesso piano dell'esperienza di coloro che proclamarono il messaggio del suo secondo avvento.
    Gli apostoli annunciavano: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino".
    Miller e i suoi collaboratori predicavano che il più lungo periodo profetico, indicato nella Bibbia, stava per concludersi, che il giudizio era imminente e che stava per essere inaugurato il regno eterno.
    L'annuncio dei discepoli, relativo al tempo della fine, si basava sulla profezia delle 70 settimane di Daniele 9.
    Il messaggio di Miller annunciava la fine dei 2.300 giorni di Daniele 8:14, dei quali facevano parte le 70 settimane.
    In entrambi i casi, la predicazione si basava sull'adempimento di due diverse parti dello stesso grande periodo profetico. Come i primi discepoli, Miller e i suoi collaboratori non compresero completamente la portata di quanto annunciavano. Gli errori, che da tempo si erano insinuati nella chiesa, impedivano loro di giungere all'esatta interpretazione di un importante elemento della profezia. Quindi, pur proclamando il messaggio che Dio aveva loro affidato, a causa di un'idea errata circa il suo significato, sperimentarono un'amara delusione.
    Spiegando Daniele 8:14: “... Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato", Miller, adottando il concetto generalmente accettato, secondo cui la terra è il santuario, credeva si trattasse della purificazione della terra mediante il fuoco del Signore, al momento dell'avvento.
    Quindi, resosi conto che la profezia indicava con esattezza il punto di arrivo dei 2.300 giorni, ne concluse che essa coincideva con l'epoca del secondo avvento di Gesù. Tale errore va attribuito al fatto che Miller si adeguò alla convinzione popolare, relativa al santuario.
    Nel sistema cerimoniale, che prefigurava il sacrificio e il sacerdozio del Cristo, la purificazione del santuario era l'ultima cerimonia celebrata dal sommo sacerdote, a conclusione del ministero dell'intero anno. Era l'opera finale di espiazione: la rimozione dei peccati d'Israele, prefigurazione dell'opera conclusiva del ministero del nostro Sommo Sacerdote celeste, che vedrà la cancellazione dei peccati del suo popolo, registrati nei libri del cielo.
    Questo servizio, che comporta l'istruzione di un giudizio, precede immediatamente la seconda venuta del Cristo sopra le nuvole del cielo, con potenza e gran gloria. Alla sua venuta, infatti, ogni caso sarà già stato deciso. Gesù afferma: "... il mio premio è con me per rendere a ciascuno secondo che sarà l'opera sua". (Apocalisse 22:12) Quest'opera di giudizio, che precede il secondo avvento, è annunciata dal messaggio del primo angelo: "... Temete Iddio e dategli gloria, poiché l'ora del suo giudizio è venuta..." (Apocalisse 14:7) Coloro che proclamarono questo messaggio, lo fecero al momento giusto. Però, come i discepoli, annunciavano "il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino", basandosi sulla profezia di Daniele 9, senza rendersi conto che in quello stesso brano biblico era anche predetta la morte del Messia. Così, Miller e i suoi collaboratori, predicarono il messaggio basato su Daniele 8:14 e Apocalisse 14:7, senza accorgersi che in Apocalisse 14 vi erano anche altri messaggi, che dovevano essere trasmessi al mondo, prima del ritorno del Signore.
    Come i discepoli s'ingannarono sulla natura del regno, che doveva essere stabilito alla fine delle 70 settimane, così gli avventisti si ingannarono sull'evento, che si sarebbe dovuto verificare alla fine dei 2.300 giorni.
    In entrambi i casi si trattò dell'adesione a idee popolari errate, che purtroppo travisavano il senso della profezia. Sia i discepoli sia gli avventisti adempirono la volontà di Dio, annunciando il messaggio che egli voleva fosse predicato. Comunque, sia i primi sia i secondi, a causa dell'errata interpretazione, subirono un'amara delusione. Dio realizzò ugualmente l'obiettivo che si era prefisso, in quanto l'annuncio del giudizio fu dato integralmente. Il gran giorno era imminente e, nella sua provvidenza, Dio fece in modo che gli uomini fossero avvertiti e messi in condizione di analizzare il proprio stato spirituale. Il messaggio doveva contribuire alla purificazione dei credenti, che si sarebbero resi conto se erano legati al mondo o al Cristo e al cielo.
    Siccome affermavano di amare il Salvatore, veniva loro offerta l'opportunità di dimostrare la vera essenza dei propri sentimenti. Erano pronti a rinunciare alle speranze e alle ambizioni terrene, per accogliere con gioia l'avvento del Signore? Il messaggio permetteva di rendersi conto del loro stato spirituale e Dio, nella sua misericordia, voleva che fosse proclamato proprio per suscitare in loro la volontà di cercare il Signore, con spirito di umiliazione e pentimento.
    La delusione, anche se frutto dell'errata interpretazione del messaggio annunciato, contribuì sostanzialmente al loro bene, perché servì a mettere alla prova coloro che avevano affermato di accettare l'avvertimento divino. Confrontandosi con la delusione, avrebbero rinunciato alla loro fede, non fidandosi più della Parola di Dio, oppure avrebbero cercato in preghiera e con umiltà di stabilire la causa dell'errata interpretazione della profezia? Quanti avevano agito per paura, per impulsività e per eccitazione? Quanti erano solo in parte convinti e increduli? Molti dicevano di desiderare il ritorno del Signore, ma quando sarebbero stati chiamati ad affrontare lo scherno e il disprezzo degli uomini, ad assaporare l'amarezza del ritardo e dell'errata interpretazione, avrebbero saputo conservare la fede? Non avendo capito subito il piano di Dio, avrebbero forse rinunciato alle verità, convalidate dalle chiare testimonianze della Parola ispirata? Questa prova sarebbe valsa a rivelare la forza di coloro che con vera fede avevano ubbidito a quello che consideravano l'insegnamento della Sacra Scrittura e dello Spirito di Dio. Essa, inoltre, avrebbe insegnato loro, come solo un'esperienza simile poteva farlo, il pericolo a cui si va incontro accettando teorie e interpretazioni umane, anziché utilizzando la Bibbia come interprete di se stessa. Per i credenti motivati dalla fede, le angosce e le sofferenze, derivanti da questo errore, costituivano la necessaria correzione. Infatti, avrebbero esaminato con maggior attenzione il fondamento della loro fede e respinto tutto ciò che, anche se generalmente accettato dal mondo cristiano, non trovava nessun appoggio nella Sacra Scrittura.
    A questi credenti, come già ai primi discepoli, quello che nell'ora della prova appariva oscuro, in seguito sarebbe apparso chiaro. Vedendo "la fine" che il Signore avrebbe loro accordato, si sarebbero resi conto che nonostante la prova, conseguenza dell'errore commesso, i piani divini, dettati dal suo amore per loro, si sarebbero adempiuti. Avrebbero anche imparato, tramite quell'esperienza, che egli è "grandemente pietoso e misericordioso" e che tutte le sue vie sono "verità e misericordia per quanti osservano il suo patto e le sue testimonianze". La grande controversia, pp. 343 -354.
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  12. #42
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    IL SANTUARIO DEL VECCHIO PATTO.

    Questo studio li fece giungere alla conclusione che non esistesse nessuna prova biblica per sostenere l'idea che la terra fosse il santuario. Nella Bibbia trovarono una spiegazione completa del santuario: la sua natura, la sua struttura e i suoi servizi. La testimonianza degli scrittori sacri era talmente chiara e dettagliata da non lasciare ombra di dubbio. L'apostolo Paolo, nella sua epistola agli Ebrei, afferma: "Ora, anche il primo patto aveva delle norme per il culto e un santuario terreno. Infatti, fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola e la presentazione dei pani; e questo si chiamava il Luogo santo. E dietro la seconda cortina vi era il tabernacolo, detto il Luogo santissimo, contenente un turibolo d'oro e l'arca del patto, tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un vaso d'oro, contenente la manna, la verga d'Aronne, che era fiorita, e le tavole del patto. E sopra l'arca, i cherubini della gloria, che adombravano il propiziatorio." (Ebrei 9:1-5)
    Il santuario cui Paolo si riferisce era il tabernacolo costruito da Mosè, su invito di Dio, come dimora terrena dell'Altissimo. "E mi facciano un santuario, perché Io abiti in mezzo a loro" (Esodo 25:8), fu l'ordine dato a Mosè, mentre egli era sul monte con Dio. Gli israeliti vagarono nel deserto e quindi il santuario era stato fatto, in modo da poter essere trasportato da un luogo all'altro. Si trattava, però, di una struttura molto bella.
    Dopo che gli ebrei si furono stabiliti in Canaan, il tabernacolo venne sostituito dal tempio di Salomone che, sebbene fosse un edificio permanente e di dimensioni più grandi, conservava le stesse proporzioni ed era arredato nello stesso modo. Il santuario rimase sotto questa sua nuova forma, eccetto quando fu ridotto in rovina al tempo di Daniele, fino alla sua definitiva distruzione del 70 d.C., ad opera dei romani. Questo è l'unico santuario che sia mai esistito sulla terra e di cui la Bibbia fornisce informazioni. Paolo lo chiama santuario del primo patto; ma il nuovo patto non ha un santuario?
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  13. #43
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    IL SANTUARIO DEL NUOVO PATTO IN CIELO.

    Nell'epistola agli Ebrei i credenti, assetati di verità, si resero conto che l'esistenza di un santuario del secondo, o nuovo patto, era implicita nelle parole di Paolo già citate: "Ora, anche il primo patto aveva delle norme per il culto e un santuario terreno". L'uso del vocabolo "anche" suggerisce l'idea che Paolo ha già parlato di questo santuario. Infatti, all'inizio del capitolo precedente si legge: “Ora, il punto capitale delle cose che stiamo dicendo, è questo; che abbiamo un tal Sommo Sacerdote, che si è posto a sedere alla destra della Maestà nei cieli, ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha eretto.” (Ebrei 8:1,2) Questo è il santuario del nuovo patto.
    Il santuario del primo patto fu costruito dall'uomo, da Mosè; questo (il secondo) è costruito non dall'uomo, ma dal Signore stesso.
    Nel primo santuario i sacerdoti svolgevano il loro servizio; nel secondo, il Cristo, il nostro Sommo Sacerdote, officia alla destra di Dio. Un santuario era sulla terra, l'altro è in cielo. Inoltre, il tabernacolo costruito da Mosè era stato fatto in base a un modello. Il Signore gli disse: "Me lo farete in tutto e per tutto secondo il modello del tabernacolo e secondo il modello di tutti i suoi arredi, che io sto per mostrarti". E affermò anche: "E vedi di fare ogni cosa secondo il modello che t'è stato mostrato sul monte". (Esodo 25:9,40)
    Paolo dice che il primo tabernacolo "... è una figura per il tempo attuale, conformemente alla quale si offrono doni e sacrifici..." E aggiunge che i suoi luoghi santi erano "... cose raffiguranti quelle nei cieli..."; che i sacerdoti che offrivano doni, secondo la legge, servivano da "figura e ombra delle cose celesti..." e che "Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio, per noi". (Ebrei 9:9, 23; Ebrei 8:5; Ebrei 9:24)
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  14. #44
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    LE GLORIE DEL SANTUARIO TERRENO E IL TEMPIO CELESTE.

    Il santuario celeste, dove il Cristo officia per noi, è l'originale del santuario eretto da Mosè, come copia. L'incomparabile splendore del santuario terrestre illustrava all'uomo la gloria del tempio celeste, dove il Cristo, nostro precursore, officia in nostro favore davanti al trono di Dio. Questa è la dimora del Re dei re, nella quale "mille migliaia" lo servono e "diecimila miriadi" gli stanno davanti. (Daniele 7:10)
    Il tempio era pervaso dalla gloria del trono eterno, dove i serafini, i suoi splendenti guardiani, si velano il volto in atto di adorazione. Le più sontuose costruzioni innalzate dagli uomini potevano solo trasmettere una pallida idea della sua grandiosità e della sua gloria.
    Le importanti verità relative al santuario celeste e alla grande opera che vi si svolgeva, per la redenzione dell'uomo, erano rivelate dal santuario terrestre e dai suoi servizi. I luoghi santi del tempio celeste sono rappresentati dalle due sezioni del santuario terrestre.
    Quando l'apostolo Giovanni poté contemplare in visione il tempio di Dio in cielo, vide che "... davanti al trono c'erano sette lampade ardenti..." (Apocalisse 4:5) Vide anche un angelo, che aveva "... un turibolo d'oro; e gli furono dati molti profumi, affinché li unisse alle preghiere di tutti i santi sull'altare d'oro, che era davanti al trono". (Apocalisse 8:3)
    Fu consentito al profeta di osservare la prima sezione del santuario celeste ed egli vide in essa "le sette lampade ardenti" e "l'altare d'oro", rappresentati dal candelabro d'oro e dall'altare dell'incenso nel santuario terrestre. Poi "... il tempio di Dio, che è nel cielo, fu aperto..." (Apocalisse 11:19) ed egli poté scorgere, oltre il velo, il luogo santissimo. Egli vide l'arca del patto, rappresentata dal cofano sacro, costruito da Mosè per contenere la legge di Dio.
    Studiando la Parola di Dio, si trovarono le prove indiscutibili dell'esistenza di un santuario in cielo. Mosè fece il santuario in base al modello, che gli era stato mostrato. Paolo sottolinea che quel modello era il vero santuario celeste e anche Giovanni testimonia di averlo visto in visione.
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  15. #45
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    IL MINISTERO DI CRISTO NEL SANTUARIO CELESTE.

    In questo tempio, dimora di Dio "... egli ha preparato il suo trono per il giudizio". (Salmi 9:7)
    Nel luogo santissimo c'è la sua legge, la norma di giustizia, con la quale sarà giudicata tutta l'umanità. L'arca, che contiene le tavole della legge, è ricoperta dal propiziatorio, davanti al quale il Cristo presenta i meriti del suo sangue, in favore dei peccatori. Viene così rappresentata, nel piano della redenzione umana, l'unione della giustizia con la misericordia. Solo la sapienza infinita poteva concepire questo equilibrio e solo l'infinita potenza poteva attuarla. Tutto ciò riempie il cielo di meraviglia e di adorazione.
    I cherubini del santuario terrestre, che guardavano riverenti il propiziatorio, rappresentavano l'interesse con cui le schiere celesti contemplano l'opera della redenzione. Quest'opera è il mistero della misericordia, nel quale "... gli angeli desiderano riguardare bene addentro". (1 Pietro 1:12)
    Essa rivela come Dio, pur rimanendo giusto, possa giustificare il peccatore pentito e riallacciare i suoi rapporti con l'umanità caduta; come il Cristo sia sceso nell'abisso della perdizione, per strapparvi migliaia di esseri umani e rivestirli con gli abiti della sua giustizia, affinché si uniscano agli angeli fedeli e siano introdotti alla presenza di Dio.
    L'opera del Cristo, come intercessore dell'uomo, è presentata nella profezia di Zaccaria, relativa a colui che viene chiamato "il Germoglio". Questo profeta afferma: "... egli edificherà il tempio dell'Eterno e porterà le insegne della gloria, e si assiderà e dominerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono e vi sarà fra i due un consiglio di pace". (Zaccaria 6:12,13)
    "Egli edificherà il tempio dell'Eterno". Con il suo sacrificio e con la sua mediazione, il Cristo è nello stesso tempo fondamento e costruttore della chiesa di Dio. L'apostolo Paolo lo indica come "... la pietra angolare, sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando, per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui, voi pure entrate a far parte dell'edificio, che ha da servire da dimora a Dio per lo Spirito". (Efesini 2:20-22)
    "Porterà le insegne della gloria". A Cristo appartiene la gloria della redenzione dell'umanità e questo sarà il canto dei riscattati nell'eternità: "... A lui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue... siano la gloria e l'imperio nei secoli dei secoli". (Apocalisse 1:5, 6)
    Egli "dominerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono". Attualmente non è ancora sul "trono della sua gloria", perché il regno non è stato ancora inaugurato. Solo quando sarà finita la sua opera di mediazione, Dio "... gli darà il trono di Davide e il suo regno non avrà mai fine". (Luca 1:32,33) Come sacerdote, il Cristo è già seduto con il Padre sul suo trono. (Apocalisse 3:21) Sul trono, insieme all'Eterno — colui che ha la vita in sé —, c'è chi ha condiviso le nostre infermità e i nostri dolori; chi "... in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare" e che "... può soccorrere quelli che sono tentati"; "... e se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre...". (Isaia 53:4; Ebrei 4:15; Ebrei 2:18; 1 Giovanni 2:1)
    La sua intercessione si fonda su un corpo trafitto e una vita integra. Le sue mani ferite, il suo costato squarciato, i suoi piedi martoriati intercedono in favore dell'uomo caduto, la cui redenzione fu acquisita a un prezzo infinito.
    "Vi sarà fra i due un consiglio di pace". L'amore del Padre, non meno di quello del Figlio, è la fonte della salvezza per l'umanità perduta. Gesù disse ai suoi discepoli, prima di lasciarli: "... e non vi dico che io pregherò il Padre per voi, poiché il Padre stesso vi ama...". (Giovanni 16:26, 27) "Iddio riconciliava con sé il mondo in Cristo...". (2 Corinzi 5:19) Nell'opera sacerdotale di Gesù nel santuario celeste "... vi sarà fra i due un consiglio di pace", perché "... Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna".
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