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Discussione: Biografia della fede di William Miller.

  1. #1
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    Biografia della fede di William Miller.

    1

    Da "Gesù nel suo santuario", di sorella White.

    Per iniziare la proclamazione del ritorno di Cristo, Dio scelse un semplice agricoltore, onesto e leale, che era arrivato anche a dubitare dell'autorità divina delle Sacre Scritture, ma che desiderava sinceramente conoscere la verità. Come molti altri riformatori, William Miller aveva trascorso la sua infanzia nella povertà e aveva imparato le grandi lezioni della rinuncia e della tenacia. I membri della sua famiglia si distinguevano per lo spirito d'indipendenza, l'amore della libertà e il forte patriottismo, caratteristiche che si ritrovavano anche in lui. Suo padre era stato capitano nell'esercito della rivoluzione e per i sacrifici fatti nelle lotte e nelle difficoltà di quel periodo tempestoso, Miller conobbe la povertà nella sua infanzia e nella sua adolescenza. Sua madre, donna di profondi sentimenti religiosi, gli aveva inculcato nell'infanzia chiari princìpi morali. Purtroppo, giunto all'età matura, si era lasciato attrarre dai deisti, il cui influsso era ancora più forte, perché erano ottimi cittadini, uomini e donne dotati di grandi qualità. Vivendo, come loro vivevano, in mezzo a istituzioni cristiane, il loro carattere era stato parzialmente plasmato dall'influsso dell'ambiente. Pur essendo debitori nei confronti della Bibbia delle qualità che avevano procurato loro il rispetto e la stima, essi annullavano tali virtù con l'opposizione alla Parola di Dio. Miller, unendosi a loro, finì per adottarne le opinioni, tanto più che l'interpretazione corrente delle Scritture presentava delle difficoltà, che gli sembravano insormontabili. Ma le sue nuove convinzioni, nel fare tabula rasa della Bibbia, non gli offrivano nulla di meglio e così si sentì insoddisfatto. William Miller rimase dodici anni legato a quelle idee e fu solo all'età di trentaquattro anni che, in seguito all'azione dello Spirito Santo nel suo cuore, giunse alla piena consapevolezza del proprio stato di colpa e non poté trovare nulla, nelle sue concezioni religiose, che gli potesse dare la certezza della felicità eterna. Tale situazione si protrasse per mesi e mesi. "D'improvviso" egli dice "nella mia mente s'impresse vivida la visione di un Salvatore. Mi parve di capire che fosse qualcuno così buono e così compassionevole da espiare egli stesso le nostre trasgressioni, per sottrarci al castigo che era stato decretato, in seguito alle colpe commesse. Mi resi conto immediatamente quanto fosse magnanimo un essere simile e pensai che potevo gettarmi fra le sue braccia e confidare nella sua misericordia. Sorse, allora, la domanda: come avere la certezza della sua esistenza? Capii che a parte la Bibbia, non esisteva altra possibilità di trovare la prova dell'esistenza di questo Salvatore e della vita eterna... Vidi che la Bibbia rivelava il Salvatore di cui avevo bisogno ed ero perplesso nel constatare come un libro, che consideravo non ispirato, potesse presentare dei princìpi, che risultavano perfettamente aderenti ai bisogni di un mondo caduto. Fui costretto ad ammettere che le Scritture erano la rivelazione di Dio. Esse allora diventarono la mia delizia e trovai un amico in Gesù. Il Salvatore divenne "Colui che si distingue fra diecimila" e la Bibbia, da me considerata per tanto tempo oscura e contraddittoria, rappresentò "una lampada al mio piede ed una luce sul mio sentiero". Il mio animo si calmò e mi sentii soddisfatto. Trovai che il Signore era simile a una roccia in mezzo all'oceano della vita e da allora la Bibbia costituì per me il principale oggetto di studio. La studiavo con passione e, convinto che non mi fosse stata rivelata neppure la metà della sua bellezza, mi chiedevo stupito come avevo potuto rifiutarla. Essa, infatti, poteva soddisfare le mie aspirazioni e guarire tutte le malattie del mio animo. Persi il gusto per ogni altra lettura e mi applicai alla ricerca della Saggezza divina". S. Bliss, Mencoirs of Wm. Miller pp.65-67.
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  2. #2
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    Miller confessò pubblicamente la sua fede nella religione che aveva disprezzato. I suoi amici, increduli, non mancarono però di affrontarlo, ricorrendo alle stesse argomentazioni, che avevano utilizzato per combattere l'autorità divina delle Scritture. Egli non era ancora pronto per replicare, ma si disse: "Se la Bibbia è una rivelazione divina, deve essere coerente con se stessa, e siccome è stata data per illuminare l'uomo, deve quindi essere alla sua portata". Decise, perciò, di studiare la sacra Parola da solo, per accertarsi se ogni apparente contraddizione non potesse essere eliminata e stabilire, così, la perfetta armonia del sacro testo. Sforzandosi di accantonare ogni pregiudizio e senza utilizzare commentari, Miller confrontò fra loro i vari passi biblici, servendosi unicamente delle note ai margini del testo e di una concordanza biblica. Cominciando dal libro della Genesi, continuò nella sua indagine in maniera sistematica, leggendo versetto dopo versetto e procedendo solo dopo che il senso di quanto aveva letto gli sembrava tale da eliminare in lui ogni perplessità. Quando trovava un punto oscuro, lo paragonava con quei testi che sembravano in relazione con quello preso in considerazione, lasciando a ogni parola il proprio significato. Se l'insieme dei passi consultati portava a una conclusione, che risultava in accordo con il pensiero biblico, Miller ne concludeva che la difficoltà era stata eliminata e quindi superata. Per ogni punto difficile cercava e trovava la spiegazione in un'altra parte della Scrittura. Studiando con spirito di preghiera, quello che in un primo momento gli era apparso complicato finì per sembrargli chiaro ed esauriente. Si rendeva conto come fosse vera l'esclamazione del salmista: "La dichiarazione delle tue parole illumina; dà intelletto ai semplici". (Salmo 119:130)

    Con intenso interesse egli studiò i libri di Daniele e dell'Apocalisse, usando gli stessi criteri d'indagine già utilizzati per l'esame di altri testi, e si rese conto, con gioia, che i simboli profetici erano comprensibili. Miller vide che l'adempimento delle profezie era stato letterale; le varie figure, metafore, parabole e similitudini erano spiegate nel loro contesto, oppure i termini con i quali esse venivano formulate erano precisati in altri passi biblici, in modo che tutto risultasse chiaro. "Mi convinsi" egli dice "che la Bibbia fosse un sistema di verità, rivelate con tale chiarezza e semplicità, che l'uomo timorato di Dio, per quanto ignorante potesse essere, non poteva sbagliare". Seguendo la storia, egli riuscì a ricostruire le grandi linee della profezia e a scoprire l'uno dopo l'altro gli anelli che formavano la catena della verità. Gli angeli di Dio guidavano il suo spirito nella comprensione delle Scritture. Prendendo come criterio d'indagine profetica le profezie già adempiute, Miller giunse alla conclusione che l'insegnamento popolare, secondo il quale prima della fine del mondo ci sarebbe stato un regno spirituale di Gesù Cristo, noto con il nome di Millennio, non era sostenibile con la Parola di Dio. Questa dottrina, che annunciava mille anni di pace e di giustizia prima della venuta personale del Salvatore, dissipava il terrore suscitato dal gran giorno del giudizio. Per quanto potesse apparire piacevole, era contraria all'insegnamento del Cristo e degli apostoli, i quali dichiarano che il buon grano e la zizzania devono crescere insieme fino alla mietitura, che è la fine del mondo (Matteo 13:30, 31, 38-41); che "i malvagi e gli impostori andranno di male in peggio", che "negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili" e che il regno delle tenebre durerà fino all'avvento del Signore, che "distruggerà [l'empio] col soffio della sua bocca e annienterà con l'apparizione della sua venuta". 2 Timoteo 3:13, 1; 2 Tessalonicesi 2:8. La dottrina della conversione del mondo e del regno spirituale di Gesù non fu mai insegnata dalla chiesa apostolica: essa fu adottata dai cristiani solo all'inizio del XVIII secolo. Come ogni altro errore, essa provocava effetti negativi, perché insegnava agli uomini a rimandare a un lontanissimo avvenire la venuta del Signore e quindi impediva loro di prendere in considerazione i segni premonitori di questo evento. Essa, inoltre, suscitava sentimenti di fiducia e di sicurezza illusorie, che portavano a trascurare la necessaria preparazione per l'incontro con il Signore.
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  3. #3
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    Non capisco questa affannosa ricerca sulla fine del mondo.
    Forse perché chi la cerca vorrebbe esserci? Io credo sia meglio non esserci.

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da crepuscolo Visualizza Messaggio
    Non capisco questa affannosa ricerca sulla fine del mondo.
    Forse perché chi la cerca vorrebbe esserci? Io credo sia meglio non esserci.
    Il credente, completamente insoddisfatto di come vanno le cose in questo mondo, aspetta con ansia il "nuovo" mondo, dove verrà ristabilito il paradiso terrestre, per chi se lo è meritato.
    Finora ci siamo saziati delle conseguenze del cosiddetto peccato originale, è logico sperare di poter sperimentare le cose buone che ci sono mancate.
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  5. #5
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    Io credo, come Gesù, da buon maestro, insegnava ai discepoli, quando confusi si chiedevano dove stesse questo benedetto Regno dei Cieli, meglio di Dio, sconvolgendoli, sempre da buon maestro, diceva che il Regno dei Cieli, non stava nei cieli, altrimenti gli uccelli ne avrebbero il vantaggio, né in acqua perché i pesci ne sarebbero avvantaggiati, né in terra perché i potenti sarebbero giustificati, insomma, né qui e né là, ma dentro ognuno di noi.
    Ed io credo che questa sia la miglior risposta possibile ed anche gioiosa, in quanto, ognuno di noi lo può ricercare, senza farsi condizionare dagli altri o dal mondo stesso.
    Io direi che a questo punto una riposta del genere rappresenti per l'uomo un bel regalo di conoscenza, di libertà e di indipendenza. In sostanza sono io che decido per me e nessuno può prendere il mio posto. Evidentemente pensarlo comporta il massimo impegno.
    Ultima modifica di crepuscolo; 06-12-2022 alle 19:14

  6. #6
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    Se poi aggiungiamo l'altro pensiero suggerito sempre da Gesù di non preoccuparci di ciò che succederà nel mondo, guerre, carestie, malanni, terremoti, alluvioni, ecc. perché, se siamo buoni, sappiamo che non dipende da noi, anche se ce rammarichiamo, e, se siamo umili, sappiamo anche, da buoni cristiani, che sono eventi che devono succedere.

  7. #7
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    Eh, certo. Ma se Dio regna dentro uno di noi, che è circondato da alieni rispetto a quel regno, la fine di Gesù o, comunque, di quelli perseguitati per la giustizia è dietro l'angolo, come capita per i dissidenti in Iran, assassinati e perseguitati da un regime omicida e torturatore in... nome di Dio!
    Quando mai Dio ordinò nel Corano di assassinare le donne che avessero rifiutato il velo?
    Quando mai Dio ordinò nell'AT di assassinare chi non avesse rispettato le normative rituali da lui emanate?
    In entrambi questi casi, al più, si poteva espellere il soggetto disubbidiente da quella comunità religiosa.
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  8. #8
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    Se parli di uno non puoi parlare di molti. Se Dio è dentro ognuno di noi non può essere in tutti. In fondo, oggi, essere votati a quel Gesù in cui credi non porta mica al rogo.
    Quando c'è un'organizzazione c'è un capo e quello che salta in capo al capo non è mica parola di Dio, tu stesso te ne rendi conto portando quegli esempi, ed anche se fosse, nel migliore dei modi, un espulso dalla comunità, è un emarginato, come erano emarginati i ciechi, gli zoppi, o peggio i lebbrosi che Gesù cercava di ridare loro la dignità che l'uomo non era in grado di dare; anzi se Dio è Padre è ai bisognosi che volge lo sguardo più amorevole, vito che le 99 pecore stanno bene al sicuro.
    L'unica cosa che posso fare è ringraziare Dio di essere qua e non in Iran, anche se provo una gran pena per i perseguitati.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da crepuscolo Visualizza Messaggio
    ... nel migliore dei modi, un espulso dalla comunità, è un emarginato,...
    Beh, non si può avere tutto: se non rispetti le regole di una comunità religiosa, ti poni automaticamente al di fuori di essa. Tu, per esempio, puoi autodefinirti cristiano, ma non puoi definirti cattolico, ma nemmeno appartenente ad altre denominazioni cristiane, se non pratichi i riti da loro imposti.
    Io stesso, pur credendo in tutti i testi rivelati, non appartengo ad alcuna denominazione religiosa.
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  10. #10
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    Ormai l'ho imparato che il rito è sempre da considerarsi un mezzo, e qui potrei condividerlo, ma quando il rito che è un mezzo diventa il fine, per me c'è qualcosa che non quadra.
    Il Vangelo lo percepisco come un mezzo per capire Gesù, che a sua volta è un mezzo per portarci a Dio, anche se spesso nel caso di Gesù mezzo e fine vengono a coincidere. Dio è il fine ultimo, ameno per me.

  11. #11
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    Miller vide che le Scritture insegnavano la venuta letterale e personale del Cristo. Dice l'apostolo Paolo: "... il Signore stesso, con potente grido, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo..." 1 Tessalonicesi 4:16. Il Salvatore a sua volta, afferma: "... vedranno il Figliuol dell'uomo venir sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria... come il lampo esce da levante e si vede fino a ponente, cosi sarà la venuta del Figliuol dell'uomo". Matteo 24:30, 27. Egli sarà accompagnato dalle schiere celesti: "... il Figliuol dell'uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo con sé tutti gli angeli". Matteo 25:31. "E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba a radunare i suoi eletti..." Matteo 24:31. Alla sua venuta i morti risusciteranno, mentre i giusti viventi saranno trasformati: "Ecco, io vi dico un mistero, non tutti morremo, ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Perché la tromba sonerà e i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati. Poiché bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità." 1 Corinzi 15:51-53. L'apostolo Paolo, nella sua prima lettera ai Tessalonicesi, dopo avere descritto l'avvento del Signore, aggiunge: "... i morti in Cristo risusciteranno per primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insieme con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore". 1 Tessalonicesi 4:16, 17. Il popolo di Dio riceverà il regno solo dopo il ritorno personale di Gesù. Lo ha affermato lo stesso Salvatore: "Or quando il Figliuol dell'uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo con sé tutti gli angeli, allora sederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate dinanzi a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri. e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il Re dirà a quelli della sua destra: Venite, voi, i benedetti del Padre mio; eredate il regno che v'è stato preparato sin dalla fondazione del mondo." Matteo 25:31-34. Le Scritture insegnano in modo inequivocabile che quando il Figlio dell'uomo verrà, i morti risusciteranno incorruttibili, mentre i credenti che saranno trovati in vita saranno trasformati. In seguito a questo grande cambiamento, saranno pronti per ricevere il regno. Paolo dichiara "... che carne e sangue non possono eredare il regno di Dio, né la corruzione può eredare la incorruttibilità". 1 Corinzi 15:50. L'uomo, nella sua condizione attuale, è mortale e corruttibile, mentre il regno di Dio sarà incorruttibile e durerà in eterno. L'uomo non può entrarvi. Quando Gesù verrà, conferirà l'immortalità a quanti gli sono stati fedeli e li inviterà a entrare nel regno di cui sono eredi. Questi e altri passi biblici indicavano chiaramente a Miller che gli eventi, che generalmente si riteneva dovessero verificarsi prima dell'avvento del Cristo — come ad esempio l'universale regno di pace e l'attuazione del regno di Dio sulla terra — fossero, invece, posteriori al secondo avvento. Inoltre, tutti i segni dei tempi e lo stato del mondo corrispondevano alla descrizione profetica degli ultimi giorni. Così egli giunse a concludere, in base allo studio della Scrittura, che il tempo accordato al mondo stesse per finire.
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  12. #12
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    L'IMPATTO DELLA CRONOLOGIA BIBLICA.

    "Un'altra prova che influì in maniera decisiva sulle mie convinzioni" - egli dice - "fu la cronologia delle Sacre Scritture... Mi resi conto che gli eventi predetti, adempiutisi nel passato, spesso si erano verificati in un determinato spazio di tempo. I centoventi anni fino al diluvio (Genesi 6:3); i sette giorni che lo precedettero e i quaranta giorni di pioggia predetti (Genesi 7:4); i quattrocento anni del soggiorno in Egitto della discendenza di Abramo (Genesi 15:13); i tre giorni dei sogni del panettiere e del coppiere di faraone (Genesi 40:12-20); i sette anni di faraone (Genesi 41:28-54); i quarant'anni nel deserto (Numeri 14:34); i tre anni e mezzo di carestia (1 Ri 17,1); i settant'anni dell'esilio in Babilonia (Geremia 25:11); i sette tempi di Nabucodonosor (Daniele 4:13-16); le 70 settimane (Daniele 9:24-27); tutti gli eventi di questi periodi cronologici erano l'espressione di profezie che si erano adempiute una dopo l'altra". Quando, nel suo studio della Bibbia, Miller si confrontò con periodi cronologici che secondo il suo punto di vista si estendevano fino alla venuta del Cristo, non poté fare a meno di considerarli come tempi annunciati da Dio "per bocca di tutti i santi profeti". "Le cose occulte appartengono all'Eterno, al nostro Dio" dice Mosè "ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figliuoli..." Deuteronomio 29:29. Il Signore, tramite il profeta Amos, afferma che "non fa nulla, senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti". Amos 3:7. Quanti studiano la Bibbia possono con fiducia aspettarsi di trovare chiaramente indicato l'evento più sublime della storia umana. "Quando fui pienamente convinto" dice Miller "che tutte le Scritture ispirate da Dio sono utili (2 Timoteo 3:16) e che non sono il prodotto della volontà umana, ma l'opera di santi uomini ispirati dallo Spirito Santo (2 Pietro 1:21) e che devono servire "... per nostro ammaestramento, affinché mediante la pazienza e mediante la consolazione delle Scritture, noi riteniamo la speranza" (Romani 15:4), non potei fare a meno di considerare i periodi profetici della Bibbia parte integrante della Parola di Dio, degni della massima attenzione, come le altre sezioni del libro sacro. Allora mi resi conto che impegnandomi a capire quello che Dio, nella sua misericordia, aveva ritenuto opportuno rivelarci, io non avevo nessun diritto di trascurare i periodi profetici. (Beatitudine, p. 75)
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  13. #13
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    PROFEZIA DI DANIELE 8:14

    La profezia che gli parve rivelasse meglio l'epoca del secondo avvento era quella di Daniele 8:14: "... Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato". Seguendo la sua regola, che consisteva nel fare della Bibbia l'interprete di se stessa, Miller si rese conto che nella profezia simbolica un giorno equivale a un anno (Numeri 14:34; Ezechiele 4:6); egli capì che i 2.300 giorni profetici, o anni letterali, si estendevano ben oltre la fine della dispensazione ebraica e che, quindi, non potevano riferirsi al santuario israelitico. Adottando l'idea, generalmente accettata, secondo cui la terra era il santuario della dispensazione cristiana, Miller concluse che la purificazione del santuario, predetta in Daniele 8:14, non era altro che la purificazione della terra mediante il fuoco, all'apparizione del Signore. Perciò, egli si disse, se fosse stato possibile stabilire con esattezza il punto di partenza dei 2.300 giorni-anni, automaticamente sarebbe venuto fuori il punto di arrivo e cioè la data del secondo avvento di Gesù. Con rinnovato slancio, Miller proseguì l'esame delle profezie, consacrando non solo giornate, ma spesso anche notti intere, a quello che ora gli appariva estremamente importante e interessante. Ben presto riscontrò che nel capitolo 8 del libro del profeta Daniele non era indicato il punto di partenza dei 2.300 giorni. Infatti, l'angelo Gabriele, pur essendo stato inviato a Daniele per spiegargli il significato della visione, gli aveva fornito solo una spiegazione parziale. Davanti alla visione della terribile persecuzione, che doveva abbattersi sulla chiesa, il profeta sentì venir meno le sue forze e svenne. Non poteva continuare e l'angelo allora lo lasciò per un po' di tempo. "E io, Daniele, svenni e fui malato vari giorni... Io ero stupito della visione, ma nessuno se ne avvide". Daniele 8:27 L'angelo, perciò, riprendendo la sua spiegazione, si soffermò in modo particolare su di esso: "Settanta settimane son fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città... Sappilo dunque e intendi! Dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme (1) fino all'apparire di un unto, di un capo, vi sono sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita, piazze e mura, ma in tempi angosciosi. Dopo le sessantadue settimane, un unto sarà soppresso... Egli stabilirà un saldo patto con molti, durante una settimana (2); e in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e oblazione... (3)" (Daniele 9:24-27) L'angelo era stato inviato con il preciso compito di spiegare a Daniele ciò che non era riuscito a capire nella visione del capitolo 8 e cioè l'affermazione relativa al tempo: "... Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato". Dopo avere invitato il profeta con le parole "Fa' dunque attenzione alla parola e intendi la visione!", l'angelo proseguì: "Settanta settimane son fissate, riguardo il tuo popolo e la tua santa città". Il termine tradotto con "fissate" (altre versioni hanno "determinate") significa letteralmente recise, tagliate fuori. Settanta settimane rappresentano 490 anni. L'angelo affermò che erano state "fissate", perché spettanti agli ebrei. Però "fissate" da che cosa? Considerando che l'unico periodo di tempo indicato nel capitolo 8 è quello dei giorni, era sicuramente da questo che le 70 settimane dovevano essere detratte. Quindi, se le 70 settimane facevano parte dei 2.300 giorni, logicamente i due periodi dovevano avere lo stesso punto di partenza. L'angelo precisò che le 70 settimane iniziavano dal momento in cui sarebbe stato proclamato il decreto per la restaurazione e la ricostruzione di Gerusalemme. Se si fosse riusciti a stabilire la data di questo decreto, si sarebbe conosciuto automaticamente il punto di partenza del grande periodo dei 2.300 anni. Il decreto è riportato nel capitolo 7 del libro di Esdra. Cfr. Daniele 9,12-26. Esso fu proclamato nella sua forma definitiva da Artaserse, re di Persia, nel 457 a.C. Però in Esdra 6:14 si legge che la casa del Signore a Gerusalemme era stata costruita "secondo gli ordini di Ciro, di Dario e d'Artaserse, re di Persia". Nel redigere, confermare e completare l'editto, questi tre sovrani gli diedero la completezza richiesta dalla profezia, per poter così segnare l'inizio dei 2.300 anni. Prendendo l'anno 457 a.C. — perché solo allora il decreto poté dirsi completo — come data dell'ordine in oggetto, ci si accorge che ogni elemento della profezia delle 70 settimane si è adempiuto. "Dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme, fino all'apparire di un unto, di un capo, vi sono sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita...", ossia 69 settimane, cioè 483 anni. Il decreto di Artaserse entrò in vigore nell'autunno del 457 a.C. Partendo da questa data, i 483 anni portano all'autunno del 27 d.C. Allora si adempì la profezia. La parola "Messia" significa "colui che è unto". Nell'autunno del 27 d.C. Gesù fu battezzato da Giovanni Battista e ricevette l'unzione dello Spirito Santo. L'apostolo Pietro lo afferma dicendo: "... Iddio l'ha unto di Spirito Santo e di potenza". Atti 10:38. Lo stesso Salvatore, d'altra parte, affermò: "Lo Spirito del Signore è sopra me; per questo egli mi ha unto, per evangelizzare i poveri". Luca 4:18. Dopo il battesimo "... Gesù si recò in Galilea, predicando l'Evangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto..." (Marco 1:14,15)

    Note:

    1. Secondo il calcolo ebraico, il quinto mese del settimo anno del regno di Artaserse, tra il 23 luglio e il 21 agosto, 457 a. C., dopo l'arrivo di Esdra a Gerusalemme nell'autunno di quell'anno, il decreto del re entrò in vigore. Per avere la certezza della data giusta dell'anno 457 a. C., essendo il settimo anno di Artaserse, vedere S.H. Horn e L.H. Wood, La cronologia di Esdra 7 (Washington, DC. Review and Herald Publishing Assn., 1953 e 1969); E.G. Kraeling, The Brooklyn Mausem Aramaic Papyri (New Haven o Londra, 153), pp 191-193.; Commentario Biblico degli Avventisti del 7° Giorno. (Washington, DC. Review and Herald Publishing Assn, 1954), Vol. 3. Pag. 97-110.

    2. "Egli stabilirà un saldo patto con molti in una settimana". La settimana di cui si parla qui è l'ultima delle 70. Si tratta, quindi, degli ultimi sette anni del tempo accordato agli ebrei. Durante questo periodo che va dal 27 al 34 d.C. il Salvatore, prima personalmente e poi mediante i suoi discepoli, rivolse l'invito evangelico quasi esclusivamente agli ebrei. Va ricordato, infatti, che quando gli apostoli furono inviati a predicare il messaggio del Vangelo, Gesù lì avvertì: "... Non andate fra i Gentili e non entrate in alcuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele". Matteo 10:5, 6.

    3. "E in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e oblazione". Nel 31 d.C. cioè tre anni e mezzo dopo il battesimo, Gesù fu crocifisso. Con il grande sacrificio da lui offerto sul Calvario finì il sistema dei sacrifici, che per quattromila anni avevano rappresentato l'Agnello di Dio, che doveva venire nel mondo. Il tipo si era incontrato con l'antitipo e quindi cessavano tutti i sacrifici e le offerte del sistema cerimoniale. Le 70 settimane, o 490 anni accordati agli ebrei, finivano, come abbiamo visto, nel 34 d.C. Fu allora che la nazione ebraica, per decisione del sinedrio, suggellò il proprio rifiuto del messaggio del Vangelo con il martirio di Stefano e la persecuzione dei cristiani. Allora il messaggio di salvezza, non più riservato al solo "popolo eletto", fu proclamato al mondo intero. I discepoli, costretti dalla persecuzione a fuggire da Gerusalemme, andarono di luogo in luogo annunziando la Parola. E Filippo, disceso nella città di Samaria, vi predicò il Cristo. Pietro, divinamente ispirato, annunciò la buona novella al centurione di Cesarea, il pio Cornelio; mentre il fervente Paolo, conquistato alla fede di Cristo, fu incaricato di portare il Vangelo ai Gentili. (Atti 8:4,5; 22:21) Fin qui ogni elemento della profezia si era adempiuto con straordinaria precisione; era quindi chiaro che le 70 settimane andavano dal 457 a.C. al 34 d.C. Partendo da questa data, non era difficile trovare il punto di arrivo dei 2.300 giorni. Infatti, dato che le 70 settimane - 490 giorni - erano state tolte dai 2.300 giorni, rimanevano 1.810 giorni che, partendo dal 34 d.C., portavano automaticamente al 1844. La conclusione era ovvia: il periodo dei 2.300 giorni di Daniele 8:14 si concludeva nel 1844. Poiché alla fine di questo lungo periodo profetico, secondo la dichiarazione dell'angelo, il santuario sarebbe stato purificato, veniva così precisato il momento della purificazione del santuario che, quasi universalmente, si pensava dovesse verificarsi al secondo avvento del Cristo. Miller e i suoi collaboratori, in un primo momento, credettero che i 2.300 giorni sarebbero finiti nella primavera del 1844, mentre in realtà un attento studio della profezia conduceva all'autunno di quell'anno. Questa inesattezza provocò delusione e perplessità in quanti avevano contato sulla venuta del Signore per quella data. Tutto ciò, però, non influì sul fatto che stabiliva il 1844 come punto di arrivo dei 2.300 giorni, con la relativa purificazione del santuario.
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  14. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da Arcobaleno Visualizza Messaggio
    Il credente, completamente insoddisfatto di come vanno le cose in questo mondo, aspetta con ansia il "nuovo" mondo, dove verrà ristabilito il paradiso terrestre, per chi se lo è meritato.
    Finora ci siamo saziati delle conseguenze del cosiddetto peccato originale, è logico sperare di poter sperimentare le cose buone che ci sono mancate.
    Quante idiozie scrivi...

  15. #15
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    IL DOVERE DI DIRE AGLI ALTRI.

    Nell'intraprendere lo studio delle Scritture, per stabilire che esse erano una rivelazione divina, Miller non aveva la minima idea che le sue ricerche lo avrebbero portato a tali conclusioni. Anzi, ebbe una certa difficoltà a credere ai risultati dei suoi studi. Però la chiarezza delle Scritture era tale che non poté fare a meno di accettarla. Miller studiava la Bibbia da due anni quando, nel 1818, giunse alla conclusione che dopo venticinque anni Gesù sarebbe apparso per la redenzione del suo popolo. "È inutile descrivere la gioia che riempì il mio cuore" egli dice "all'idea della meravigliosa prospettiva né tantomeno esprimere l'ardente desiderio della mia anima, al pensiero di partecipare alla felicità dei redenti. Ora la Bibbia era per me un libro nuovo e costituiva una vera gioia per il mio spirito. Tutto ciò che prima mi sembrava oscuro, mistico e confuso nei suoi insegnamenti, diventava sempre più luminoso, per lo splendore che scaturiva dalle sacre pagine. Come mi appariva splendente e gloriosa la verità! Tutte le contraddizioni e le incoerenze, che un tempo avevo creduto di trovare nella Parola, erano scomparse e nonostante vi fossero ancora dei punti, che non ero riuscito a chiarire completamente, avevo ricevuto già sufficiente luce, perché la mia mente venisse rischiarata." "Provavo un vero piacere nello studio della Scrittura, un piacere che non avrei mai creduto di poter trovare nei suoi insegnamenti". "Con la solenne convinzione che questi importanti eventi, predetti dalle Scritture, si sarebbero adempiuti in un breve lasso di tempo, si delineò nella mia mente la domanda relativa al dovere che io avevo nei confronti degli uomini, in seguito alle convinzioni che si erano radicate nel mio spirito". Egli si rendeva conto che era suo dovere comunicare ad altri il messaggio ricevuto. Sapeva che non sarebbe mancata l'opposizione da parte degli increduli, ma confidava che tutti i cristiani si sarebbero rallegrati nella speranza dell'incontro con il loro amato Salvatore. Il suo unico timore era che nella loro immensa gioia, all'idea della gloriosa liberazione ormai vicina, molti avrebbero accettato la dottrina, senza preoccuparsi di esaminare attentamente le Scritture e avere da esse la conferma di tale verità. Così, esitava a presentarla, per paura di essere nell'errore e di provocare confusione in altri. Questa incertezza lo spinse a riesaminare le prove a sostegno delle conclusioni cui era giunto e a considerare attentamente ogni difficoltà, che potesse affiorare alla sua mente. Si accorse che davanti alla luce della Parola di Dio le obiezioni svanivano, come la nebbia svanisce sotto l'azione dei raggi del sole. Consacrò cinque anni a questa revisione e si convinse ancor più dell'assoluta fondatezza delle sue posizioni. Ora il dovere di far sapere agli altri quello che era chiaramente insegnato nelle Scritture, si imponeva con maggiore forza. "Mentre ero intento alle mie occupazioni" egli dice "sentivo echeggiare continuamente alle mie orecchie l'invito: "Va' avverti il mondo del pericolo!" Mi ritornava in mente il passo biblico: "Quando avrò detto all'empio: — Empio, per certo tu morrai! — e tu non avrai parlato per avvertire l'empio che si ritragga dalla sua via, quell'empio morrà per la sua iniquità, ma io domanderò conto del suo sangue alla tua mano. Ma, se tu avverti l'empio che si ritragga dalla sua via e quegli non se ne ritrae, esso morrà per la sua iniquità, ma tu avrai scampato l'anima tua". (Ezechiele 33:8, 9). Sentivo che se gli increduli avessero potuto essere avvertiti, molti si sarebbero pentiti; mentre, se essi non fossero stati avvertiti, il loro sangue mi sarebbe stato richiesto". Miller cominciò a esporre le sue idee in privato, ogni volta che gli si presentava l'occasione, pregando perché qualche pastore ne valutasse la portata e si consacrasse alla loro diffusione. Comunque, non poteva sottrarsi alla convinzione di avere un dovere personale da compiere nel presentare egli stesso l'avvertimento. Riecheggiavano nella sua mente le parole: "Va', avverti il mondo... domanderò conto del suo sangue!" Per nove anni Miller attese, sentendo sempre di più il peso della sua responsabilità. Fu nel 1831 che per la prima volta egli espose pubblicamente le motivazioni della sua fede.
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