Posto qui questo articolo sulla carne sintetica, detta “coltivata” con un eufemismo, sebbene la questione abbia molti risvolti economici, politici ed ambientali, com’è spiegato abbastanza bene qui di seguito.




Carne coltivata, mentre il mondo avanza l’Italia dice “no” e rischia l’importazione
Lunedì sera su Report: rifornirsi da altri Paesi significa penalizzare le aziende italiane che vorrebbero investire e i ricercatori che vorrebbero studiarla
FILIPPO FIORINI
02 Luglio 2023Aggiornato alle 19:53
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Negli anni Cinquanta la carne sintetica era solo il sogno di un ragazzo che aveva patito la fame durante la guerra, ora è realtà. Domani, chissà, potrebbe essere addirittura normale, sempre che la legge lo
consenta. Nel 2013 un hamburger costava 300 mila dollari, e oggi un petto di pollo ne costa invece 1,70. Scientificamente, non è mai stato rilevato che sia nociva. È sostenibile dal punto di vista ambientale, mentre la carne tradizionale lo è molto poco. Potrebbe pure portare sui pacchetti la scritta «nessun animale è stato maltrattato nella realizzazione di questa fettina», perché di fatto si tratta di prelevare
alcune cellule dalla bestiola e moltiplicarle industrialmente, senza macellarla. Secondo la giornalista di Report, Giulia Innocenzi, che vi ha dedicato un servizio e ne ha assaggiata un po' «è praticamente
impossibile» distinguerla dal pollo vero e proprio. Tuttavia, se in Europa non è ancora legale (lo è da poco in Usa e a Singapore), l'Italia ne ha proprio proibito la produzione, andando incontro (lo dice una
giurista qualificata), al rischio di vedersi comunque obbligata a importarla da altri Paesi dell'area e a penalizzare, con questo approccio, le aziende nostrane che vorrebbero investirci e i ricercatori che vorrebbero studiarla.

Chi ha paura di mangiare la carne coltivata
Elena cattaneo, Julia Unterberger, Luigi Spagnolli* 01 Luglio 2023

«Prometto che, se viene qui, preparo solo per il vostro ministro dell'Agricoltura una carbonara di pollo», ha detto a Innocenzi Jeff Yew, della Good Meat, prima azienda singaporiana a ricevere il placet per commercializzare in questa nazione asiatica, quella che nella puntata di lunedì del programma d'inchiesta di Rai3 si precisa essere giusto definire carne «a base cellulare» e non «carne sintetica». Il riferimento è al consiglio dei ministri dello scorso 28 marzo, nel quale il governo ha messo fuori legge gli alimenti prodotti con cellule staminali animali. Nella conferenza stampa che ne è seguita, il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e il suo omologo per la Salute, Orazio Schillaci, hanno spiegato che «l'Italia è la prima nazione che dice «no» al «cibo sintetico», «cogliendo un appello arrivato da quasi 2000 amministrazioni comunali, da gran parte delle regioni e una raccolta firme di Coldiretti». I motivi, in breve, sono che «il cibo sintetico è di minor qualità, porta un minor benessere, non tutela la
nostra cultura, crea ingiustizia sociale, disoccupazione, rischi per l'ambiente e la biodiversità».

Specificamente, ciò che sostiene il governo, la Coldiretti e le realtà amministrative che hanno chiesto l'intervento di divieto, è che si sappia ancora troppo poco sulla carne coltivata per garantire che non
faccia male, che sia un prodotto peggiore rispetto alle tipicità italiane e che non è giusto che venga venduta come sua equivalente. Poi, che la sua disponibilità in supermercati e ristoranti prospetterebbe una situazione discriminitaoria in cui «i ricchi mangiano bene e i poveri mangiano cibo pessimo». Infine, l'esecutivo dice che permettere l'installazione dei biocoltivatori (ovvero i macchinari industriali per
produrre la suddetta carne), creerebbe disoccupazione a discapito degli allevamenti tradizionali e porterebbe alla scomparsa delle specie animali che oggi vengono curate nelle stalle.

D'altra parte, il primo aprile la giurista Vitalba Azzolini ha spiegato sul portale di notizie Valigia Blu, che «il disegno di legge sulla carne sintetica, non ha alcun senso né ora né in futuro». Gli argomenti di questa esperta di diritto sono soprattutto in chiave Europea. Il «principio di precauzione a tutela della salute umana e del patrimonio agroalimentare (...) non ha fondamento», scrive Azzolini, da un lato perché l'Italia dovrebbe produrre a Bruxelles prove della nocività della carne cellulare, quando invece autorità sanitarie estere, come per esempio quella statunitense, hanno rilevato il contrario.
D'altro canto, perché l'Italia potrebbe invocare la «precauzione» sulla carne artificiale solo se l'Ue ne avesse già autorizzato la commercializzazione, cosa che però non ha ancora fatto. Se in futuro lo farà, poi, il ddl scritto nel Consiglio dei Ministri n°26 andrebbe contro il principio di «libera circolazione delle merci», ovvero uno dei pilastri comunitari.

Dello stesso tenore, le informazioni raccolte da Innocenzi per Report. Oltre a questo, nel servizio si citano gli studi condotti dall'autorità alimentare di Singapore che, prima di acconsentire alla messa in commercio delle alette di pollo da staminali, si è coordinata con le realtà private di questo settore. Poi, per esempio, cita rapporti favorevoli della Fao e dell'Oms. Infine, mette in luce le difficoltà che questa legge viene a creare per chi in Italia lavora in questo campo. «Peccato per questa legge. Al di là della nostra azienda, la carne coltivata rappresenta il futuro per la sostenibilità principalmente ambientale. Speriamo che cambino idea», dice ai microfoni di Rai3 Matteo Brognoli di Solaris, azienda mantovana che produce i biocoltivatori. Mentre Stefano Biressi, professore di biologia molecolare dell'Università di Trento e socio con altri scienziati in Bruno Cell, mette l'accento sul danno che questi limiti normativi possono portare
alla ricerca di settore. Il nodo, per questi addetti ai lavori, è anche l'elevato impatto ambientale che viene attribuito al settore degli allevamenti e al consumo di carne.

Stasera su Report ci sarà uno speciale dedicato a quest’argomento e spero di riuscire a vederlo.

Ma voi….
Mangereste la carne coltivata?
Credete che in Italia si debba introdurre?
Optional: perché?