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Discussione: Presepe

  1. #1
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    Presepe

    Cono, Rachele, cari amici difensori della fede cristiana, fra quattro giorni arrivano i Magi e ancora non avete iniziato un thread dedicato alla natività di Jesus ?

    Perché lasciate a me questa incombenza ?

    Vi faccio leggere qualcosa sul presepe.

    Vi informo che “fresco di stampa” è il libro titolato “Il presepe” (edito da Il Mulino) scritto dagli antropologi Marino Niola ed Elisabetta Moro.

    All’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli il prof. Niola insegna “Antropologia dei simboli” e “Antropologia della contemporaneità”, la professoressa Moro è docente di “Antropologia culturale”.

    E’ interessante il loro libro sul presepe perché considerato dal punto di vista antropologico.

    I due autori hanno come riferimento iniziale il cosiddetto “presepe vivente” organizzato da Francesco d’Assisi con i suoi confratelli la sera del 24 dicembre nel 1223 in una grotta usata come stalla a circa due chilometri da Greccio, in provincia di Rieti, per rappresentare la nascita di Gesù; poi Niola e Moro argomentano sul “presepio napoletano”, del quale parlerò in un altro post.

    Ma a Francesco quell’idea non venne come illuminazione dallo Spirito Santo…

    Da mie ricerche in passato sul teatro medievale risulta che antecedente a Greccio nel periodo natalizio in numerose chiese la nascita di Gesù e l’Epifania venivano ricordate con i tropi (brevi dialoghi cantati dai religiosi), poi dalla mistione dei tropi con i testi canonici derivarono i drammi liturgici in lingua volgare (dialogo, musica, elementi scenografici) interpretati da alcuni chierici che recitavano sul sagrato o all’interno della chiesa, con folta partecipazione di persone quasi tutte analfabete che comprendevano ciò che ascoltavano e vedevano.

    La nascita del Bambino Gesù veniva celebrata con le due processioni del cosiddetto “Officium stellae” (i Magi che attraversavano tutta la chiesa fino all’altare dove depositavano i doni) e dell’Officium pastorum (la processione dei pastori).

    L’evoluzione di quella forma liturgica fu poi la rappresentazione della natività da parte di Francesco a Greccio, ma non c’erano figuranti nel ruolo di Maria, di Giuseppe e del neonato. Erano presenti solo la mucca e l’asino ai lati di una mangiatoia nella quale era stato messo del fieno e venne celebrata la Messa davanti la grotta- stalla con la partecipazione di numerose persone.

    Si lo so Cono e Rachele, dicendovi queste cose vi faccio crollare un mito, ma così avvenne.

    Stando alla tradizione, Francesco e i suoi confratelli in quel periodo erano nella zona di Greccio per il ritiro spirituale sul monte Lacerone, ad un'altezza di oltre mille metri, abitando tra i boschi in una modesta capanna. Spesso Francesco scendeva in paese, dove predicava il Vangelo. Le sue parole suscitarono l'ammirazione del feudatario del luogo, Giovanni Velita, che lo esortò a rimanere in quell'ameno luogo.

    Il frate Tommaso da Celano (prov. L’Aquila), compagno e primo biografo di Francesco, scrisse che "C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni (Velita, il feudatario) di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

    E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme"
    ("Vita prima", cap. XXX, 468 - 469).

    segue
    Ultima modifica di doxa; 03-01-2023 alle 12:50

  2. #2
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    I due citati autori del libro evidenziano che "ll presepe francescano rappresenta la Natività, il presepe napoletano l'umanità; e per questo ha conquistato l'immaginario globale, ed è amato da credenti e non credenti".

    Per Niola e Moro la versione partenopea della nascita di Gesù è un teatro della devozione: si fondono e si confondono sacro e profano. In poco spazio ci sono le statuine che raffigurano la “folla multicolore e multietnica: pastori, mercanti, suonatori, venditori ambulanti, osti, lavandaie, cuoche contadine, tessitrici, balie, re neri, visir ottomani, schiavi nubiani. Cui anno dopo anno si aggiungono personaggi dell’attualità".

    In merito ai personaggi dell’attualità vi faccio leggere un po’ di righe scritte dai due docenti.

    “Fu Antonio Bassolino, sindaco della città (Napoli), il primo fra i politici a troneggiare sui banchi di via San Gregorio Ameno, il cuore antico dell’arte presepiale napoletana. Sigaretta fra le dita, mani aperte nel gesto di arringare la folla, addirittura aureolato, con il capo circondato da stelline luminose come quello dei santi. Da allora il presepe è diventato un andirivieni di personaggi contemporanei spinti e risucchiati dall’onda della cronaca, una sorta di borsino della popolarità in continua oscillazione.
    Dopo Bassolino fu il turno dei ‘pastori dalle mani pulite’ a far risuonare tra la grotta e la taverna l’eco di Tangentopoli. Fu allora che il pool milanese, con in testa Antonio Di Pietro, fece il suo ingresso in scena, accanto alle figure di sempre, come Benino il dormiente e i Re Magi, la Sacra Famiglia e il pastore della meraviglia.
    Con fulmineo tempismo nel 1994 comparve un’attonita statuetta di Berlusconi con in mano un foglio recante l’avviso di garanzia, esposto insieme a Umberto Bossi in canottiera che inalberava un cartello esaltante la virilità leghista in termini crudamente anatomici. Era solo il primo atto di quel teatrino della politica che da allora non ha più abbandonato il presepe. […]
    Ai politici fecero seguito i personaggi dello spettacolo, dello sport e perfino del gossip. E il presepe uscì dai suoi confini per farsi sempre più glocal.
    Qualcuno gridò al sacrilegio vedendo in questa contaminazione la fine del presepe. Ma in realtà questo turn over iconografico, che associa i tempi lunghi di una tradizione immemoriale e quelli corti di una storia in cui risuona l’eco immediata della cronaca, hanno sempre caratterizzato il presepe napoletano, facendone una teatrale miniatura del tempo. O meglio dei tempi, sottratti al fluire lineare degli eventi e acronicamente coesistenti”
    .

    Inoltre: "A Napoli la nascita di Gesù Bambino ha come sfondo il Vesuvio, le montagne appenniniche e le rovine di Pompei. Insomma il presepe è un plastico del dogma teologico della Natività. Ma è anche arte, tradizione, colore locale. Ethos e phatos, sentimento e passione, rito e teatro. Di fatto, il Vangelo in dialetto”.

    Il sovrappopolamento urbano si trasferisce sulla cartapesta e diventa folla animata e concitata. E’ la vita quotidiana sorpresa in un fermo immagine che la consegna all’eternità.
    Ultima modifica di doxa; 03-01-2023 alle 08:19

  3. #3
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    La rievocazione della Natività voluta da san Francesco nella grotta-stalla a Greccio ispirò successivamente il pittore (Giotto di Bondone o Pietro Cavallini ? ) per l’affresco nella Basilica Superiore di Assisi.

    Per i fautori di Giotto, questo avrebbe affrescato la fascia inferiore della navata con le 28 “Storie di san Francesco”, secondo il testo della “Legenda” elaborata dal frate Bonaventura da Bagnoregio.


    Giotto (?).La scena non è ambientata in una grotta-stalla ma evoca la basilica inferiore di Assisi.

    Il pittore ha collocato gli spettatori da un punto di vista dell’abside, che è zona riservata al clero.

    Le caratteristiche dell'ambiente oltre il tramezzo che lo separa dalla navata: un ciborio, i frati che cantano nel coro guardando al leggio, un pulpito visto dal lato dell'ingresso ed una croce lignea appesa, vista dal dietro, con tutti i rinforzi, raffigurata obliqua mentre pende verso la navata.

    In primo piano Francesco con il Bambino tra le mani (provvisto pure lui di aureola) mentre lo depone nella mangiatoia affiancata dal bue e l'asino; ma le donne osservano dalla porta perché non possono entrare.

    I frati sporgono in alto rispetto alle altre persone perché sono in piedi sugli stalli del coro, di cui si intuisce la presenza solo da un piccolo dettaglio vicino la porta. Essi hanno le bocche aperte perché stanno cantando; il loro sguardo è diretto verso il leggio, sul quale c’è il libro con le parole e la musica.


    Giotto tornò ad Assisi, quasi 15 anni dopo aver realizzato la sua grande opera d’esordio con le Storie di San Francesco nella Basilica Superiore.

    Nella basilica inferiore, il transetto destro e quasi tutto occupato dalle “Storie dell’Infanzia di Cristo”, attribuite a quel pittore e alla sua bottega.



    Il Transetto destro della basilica inferiore di Assisi presenta numerosi affreschi di importanti autori del Trecento.

    Sulla parete di fondo c’ la scena dell'Annunciazione, attribuita a Giotto e collaboratori.

    https://upload.wikimedia.org/wikiped...ativity_01.jpg

    La Natività affrescata da Giotto nel transetto destro della Basilica inferiore di San Francesco d'Assisi, 1313 circa.

    L’affresco è unico al mondo. In primo piano le due figure di levatrici che accudiscono il Bambino; esse hanno dimensioni ridotte rispetto a Maria seduta sul letto mentre sorregge il neonato.

    I lattanti sono due, ma simboleggiano l’unicum, Gesù, che ha due nature: umana e divina.

    In basso, sulla sinistra, San Giuseppe, come al solito appartato e pensieroso, è seduto su una pietra.

    In alto, sopra la stalla ci sono gli angeli, sembrano schierati per proteggere il neonato.

    Il cielo terso di colore bleu è ottenuto con il pigmento ricavato dal lapislazzulo.

    Nella parte destra della composizione c’è il gregge ammassato e due pastori che stanno ascoltando dall’angelo l’annuncio della nascita del messia, secondo il Vangelo di Luca.

  4. #4
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    Le fonti per la raffigurazione del presepe sono 180 versetti compresi nei Vangeli di Matteo e di Luca, denominati “Vangeli dell'infanzia": essi narrano la nascita di Gesù, avvenuta a Betlemme, in Giudea.

    L’iconografia della natività fu arricchita dai racconti di altri tre vangeli apocrifi: il protovangelo di Giacomo, il vangelo dello pseudo Tommaso ed il vangelo arabo dell’infanzia.
    Nei Vangeli canonici non è menzionata la grotta come luogo di nascita di Gesù.

    Di una grotta parlò, per la prima volta il filosofo e martire palestinese Giustino (100 circa - 163 circa), originario di Flavia Neapolis, l’odierna Nablus, in Israele. Egli circa 150 anni dopo gli avvenimenti nel "Dialogo con Trifone" scrisse: “Al momento della nascita del bambino a Betlemme, poiché non aveva dove soggiornare in quel villaggio, Giuseppe si fermò in una grotta prossima all’abitato e, mentre si trovavano là, Maria partorì il Cristo e lo depose in una mangiatoia, dove i Magi, venuti dall’Arabia lo trovarono” (78).

    Di Giustino (venerato come Padre della Chiesa dai cattolici e dagli ortodossi) abbiamo anche la più antica descrizione del rito eucaristico, nella sua “Prima apologia a favore dei cristiani” (cap. 66 – 67).

    Successivamente a Giustino, la grotta venne citata in due Vangeli apocrifi, il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo Matteo.

    Il Protovangelo di Giacomo (elaborato tra il 140 ed il 170) amplia i racconti degli evangelisti Luca e Matteo e rielabora le narrazioni canoniche sulla natività. Questo libro è considerato il più antico testo cristiano che sostenga la verginità di Maria prima, durante e dopo la nascita di Gesù.

    Il Vangelo dello Pseudo Matteo fu invece scritto in lingua latina, forse nell’VIII – IX secolo, come rielaborazione del testo del Protovangelo di Giacomo ed altri.

    Si attribuisce al filosofo e teologo cristiano Origene Adamanzio (185 – 254) l’ideazione della stalla come luogo della natività di Gesù.

    La bugia di Origene riguardante la "stalla" fu creduta vera e tramandata insieme all'altra bugia inerente la grotta.

    Per quanto riguarda il bue e l’asino essi non sono citati nei Vangeli di Luca e Matteo.

    I due animali sono invece menzionati insieme una sola volta, nel Libro di Isaia. Dio dice: “Il bue conosce il proprietario / e l'asino la greppia del padrone, / ma Israele non conosce / e il mio popolo non comprende” (Is 1, 3).

    La lamentela di Dio è fondata sul fatto che gli animali sanno riconoscere il loro padrone, mentre Israele non riconosce il suo Signore.

    Perciò mettere il bue e l’asinello nel presepe significa affermare che gli animali riconoscono Dio nel bambino Gesù, mentre gli uomini non l’hanno riconosciuto.

    Nel vangelo apocrifo attribuito allo pseudo Matteo c’è scritto: “Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l'asino l'adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia” (cap. 14, 1).

    L’autore (o gli autori) del Vangelo dello pseudo-Matteo, scrivendo: “Il terzo giorno dopo la nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla”, volle conciliare la tradizione orientale, che parlava di una grotta, con quella occidentale, che parlava di una stalla.

    Secondo alcuni si avverò anche la profezia teofanica di Abacùc (VI sec. a. C.) che disse: "Sarai conosciuto in mezzo a due animali" (3, 2) ma tale interpretazione è sbagliata.

    Nel Libro del profeta Abacuc (3, 1 – 2) la versione (C.E.I.) corretta è:

    1 “Preghiera del profeta Abacuc, in tono di lamentazione.
    2 Signore, ho ascoltato il tuo annunzio,
    Signore, ho avuto timore della tua opera.
    Nel corso degli anni manifestala,
    falla conoscere nel corso degli anni.
    Nello sdegno ricordati di avere clemenza”.

    La traduzione del testo ebraico nella versione della Bibbia in lingua greca il penultimo versetto fu reso: “ sarai conosciuto in mezzo a due animali” anziché “falla conoscere nel corso degli anni”…

    Il papa emerito Benedetto XVI nel suo libro “L'infanzia di Gesù” ricostruisce l'iconografia cristiana e natalizia e conferma che il bue e l’asino non erano nella stalla con Gesù.

    Quindi né grotta né stalla. L’evangelista Luca nel testo greco del suo Vangelo usa la parola "katalyma" (= caravanserraglio) per indicare il luogo dove Giuseppe e Maria cercarono alloggio.
    Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7).
    Il caravanserraglio era un luogo di sosta e ristoro per i carovanieri ed il loro bestiame, ma anche per i viandanti. Nel nostro tempo ci sono gli autoporti, i centri logistici per i T.I.R., nei quali ci sono anche alloggi per gli autisti.

  5. #5
    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    .....“presepio napoletano”, del quale parlerò in un altro post.....
    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio
    I due citati autori del libro evidenziano che "ll presepe francescano rappresenta la Natività, il presepe napoletano l'umanità; e per questo ha conquistato l'immaginario globale, ed è amato da credenti e non credenti".

    Per Niola e Moro la versione partenopea della nascita di Gesù è un teatro della devozione: si fondono e si confondono sacro e profano. In poco spazio ci sono le statuine che raffigurano la “folla multicolore e multietnica: pastori, mercanti, suonatori, venditori ambulanti, osti, lavandaie, cuoche contadine, tessitrici, balie, re neri, visir ottomani, schiavi nubiani. Cui anno dopo anno si aggiungono personaggi dell’attualità".

    In merito ai personaggi dell’attualità vi faccio leggere un po’ di righe scritte dai due docenti.

    “Fu Antonio Bassolino, sindaco della città (Napoli), il primo fra i politici a troneggiare sui banchi di via San Gregorio Ameno, il cuore antico dell’arte presepiale napoletana. Sigaretta fra le dita, mani aperte nel gesto di arringare la folla, addirittura aureolato, con il capo circondato da stelline luminose come quello dei santi. Da allora il presepe è diventato un andirivieni di personaggi contemporanei spinti e risucchiati dall’onda della cronaca, una sorta di borsino della popolarità in continua oscillazione.
    Dopo Bassolino fu il turno dei ‘pastori dalle mani pulite’ a far risuonare tra la grotta e la taverna l’eco di Tangentopoli. Fu allora che il pool milanese, con in testa Antonio Di Pietro, fece il suo ingresso in scena, accanto alle figure di sempre, come Benino il dormiente e i Re Magi, la Sacra Famiglia e il pastore della meraviglia.
    Con fulmineo tempismo nel 1994 comparve un’attonita statuetta di Berlusconi con in mano un foglio recante l’avviso di garanzia, esposto insieme a Umberto Bossi in canottiera che inalberava un cartello esaltante la virilità leghista in termini crudamente anatomici. Era solo il primo atto di quel teatrino della politica che da allora non ha più abbandonato il presepe. […]
    Ai politici fecero seguito i personaggi dello spettacolo, dello sport e perfino del gossip. E il presepe uscì dai suoi confini per farsi sempre più glocal.
    Qualcuno gridò al sacrilegio vedendo in questa contaminazione la fine del presepe. Ma in realtà questo turn over iconografico, che associa i tempi lunghi di una tradizione immemoriale e quelli corti di una storia in cui risuona l’eco immediata della cronaca, hanno sempre caratterizzato il presepe napoletano, facendone una teatrale miniatura del tempo. O meglio dei tempi, sottratti al fluire lineare degli eventi e acronicamente coesistenti”
    .

    Inoltre: "A Napoli la nascita di Gesù Bambino ha come sfondo il Vesuvio, le montagne appenniniche e le rovine di Pompei. Insomma il presepe è un plastico del dogma teologico della Natività. Ma è anche arte, tradizione, colore locale. Ethos e phatos, sentimento e passione, rito e teatro. Di fatto, il Vangelo in dialetto”.

    Il sovrappopolamento urbano si trasferisce sulla cartapesta e diventa folla animata e concitata. E’ la vita quotidiana sorpresa in un fermo immagine che la consegna all’eternità.
    Attendo, con l'acquolina in bocca, il preannunciato post sul "presepe napoletano".
    Che non si riduce ai 3 b (minuscolo) ....bassolinoberlusconobossi, ma che ha radici ben più profonde, e ben altro peso artistico e storico....il Museo di San Martino e la Reggia di Caserta (i primi luoghi che mi vengono in mente) ne hanno testimonianze che meritano un viaggio.
    Ho solo conoscenze superficiali, quindi mi astengo....attendo (come ho scritto) il tuo post.
    .....il presepe napoletano é ben più della figurina di maradona e della (umanissima) "tradizione" di Edoardo...e si perde nella notte dei tempi.
    Un utile (ed introvabile) volume
    presepe napoletano bancoroma.jpg
    Ultima modifica di restodelcarlino; 03-01-2023 alle 21:30

  6. #6
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    R.d.C. un bel saluto !

    T’invio due post. Il primo è ispirato dal libro di Marino Niola ed Elisabetta Moro. Per i due autori il presepe napoletano è la versione barocca della Natività, siamo nel XVII secolo.

    Il secondo post lo tiro sul dal “pozzo” dei miei documenti virtuali.

    Allora comincio…

    Per lo storico Fausto Nicolini il presepe napoletano iniziò come “Un passatempo creato dall’età barocca e perfezionato da quella del rococò".

    C’è ancora la “vexata quaestio” di chi sia stato il primo a fare il presepe a Napoli, se gli Scolopi, i padri Teatini o i Gesuiti.

    Comunque il più antico e documentato presepe di “gusto napoletano” è quello che nel Natale 1627 realizzarono i padri Scolopi. Lo testimonia una fonte dell’epoca che individua negli aspetti scenotecnici la fortuna successiva del presepe.
    Il Bambinello appartenente a quel primo presepe barocco aveva fama di protettore della maternità, tanto che le donne in gravidanza usavano strofinarsi l’addome con la bambagia che era stata messa a contatto con il corpo del “Divino Infante” per propiziarsi un parto felice.

    Ai Gesuiti va il merito di avere aperto la tradizione presepiale ad istanze multiculturali. In particolare da quando cominciarono ad esporre nel presepe allestito nella chiesa napoletana del Gesù Nuovo un pastore “moro” (negher dicono a Milano) vicino al “Divino Infante”, per ricordare il miracoloso episodio di uno schiavo di colore cui il Bambino avrebbe rivolto la parola per indurlo a convertirsi al cristianesimo.

    “Il presepe era, in specialità, una devozione ed una magnificenza della nostro borghesia
    ”: è un passo tratto dalla prolusione letta da Francesco Proto (duca di Maddaloni, collezionista ed esperto di arte presepiale) all’Accademia Pontaniana il 3 gennaio 1889 e dedicata alla storia di questa tradizione.

    In effetti il legame del presepe con la devozione seicentesca è il riflesso del protagonismo sociale e culturale della borghesia napoletana.

    Le collezioni presepiali più celebri costituivano il vanto delle ricche dimore nobiliari e della borghesia.

    Il ricco commerciante napoletano Antonio Perrone nel 1896 fece un elenco dei presepi più famosi della città, compreso il proprio, del quale racconta di come esso abbia preso l’avvio dalla piccola collezione costituita dai suoi antenati e sia stato gradualmente ampliato dalle generazioni successive. Dal racconto del facoltoso collezionista è evidente la stratificazione temporale e familiare di una storia cumulativa del presepe.

    L’ascesa della tradizione presepiale oltre ad avere motivazioni economiche e sociali fu accelerata da artisti come Giuseppe Sammartino (noto per aver scolpito nel 1753 il “Cristo velato” nella Cappella Sansevero), Domenico Antonio Vaccaro, Filippo Tagliolini, Francesco Celebrano, Lorenzo Mosca ed altri. Le loro artistiche statuette, sontuosamente vestite, sono considerate sculture e non lavori artigianali.

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  7. #7
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    Il presepio napoletano trae ispirazione dei vangeli canonici ed apocrifi con l’aggiunta di nuovi personaggi, a seconda dell’epoca, ed ogni personaggio ha un suo nome ed un ruolo nella scena.

    A Napoli, il primo presepio nella città fu quello allestito nel 1484 nella chiesa di San Giovanni a Carbonara.

    Ma Elena Sica nel suo libro titolato "Il presepe napoletano" scrisse: "Risale, infatti, al 1478 il presepe dei fratelli Pietro e Giovanni Alemanno per la chiesa di San Giovanni a Carbonara. Di questo presepe restano 19 figure lignee, grandi quasi al naturale, policrome. Sono immagini solenni, nella ricchezza della laminatura d'oro degli abiti., che invitano ad una religiosità raccolta; figure essenziali prive di elementi accessori che possano distrarre dalla concentrazione sull'evento sacro che si sta svolgendo. Progressivamente, all'uso di disporre semplicemente una serie di statuine contro uno sfondo dipinto, subentrò quello di elaborare anche un paesaggio in rilievo".

    C'è discordanza di data. Comunque presumo che non fosse un presepio di "gusto napoletano", come detto nel precedente post, riguardo al primo presepe napoletano che invece Niola e Moro dicono realizzato nel 1627 dagli Scolopi, secondo quanto risulta da documenti.

    Forse non era di "gusto napoletano" nemmeno quello allestito nella stessa città nel 1534 dal presbitero Gaetano da Thiene (fondatore dell'Ordine dei Chierici regolari Teatini) nell'Ospedale degli Incurabili. Fece una grande rappresentazione presepiale con statuette lignee, vestite secondo la moda del tempo.

    Poi la tradizione del presepio si diffuse anche nelle famiglie nobili e cominciò l’ampliamento dell’artigianato specializzato in scenografie natalizie, come Genova, in alcune località della Sicilia, dov’era viva la tradizione dei “pupi”; a Napoli con la fabbricazione di statuine di legno, in cartapesta o di terracotta policroma.

    Venivano realizzati personaggi e scene della vita quotidiana, artigiani, commercianti non attinenti col presepio però venivano inclusi nell’allestimento perché piacevano e piacciono.
    Nello spazio presepiale, piccolo o grande, l’umanità si relaziona con il divino attraverso il mistero dell’incarnazione.

    I soggetti rappresentati: la sacra famiglia, l’adorazione al Bambino da parte dei genitori, dei pastori e dei Magi.

    Il presepe napoletano mostra mendicanti e guappi, contadini e artigiani, commercianti e animali domestici, ma anche esotici al seguito dei Magi.

    Una “diceria” racconta che nella notte di Natale il gallo abbia gridato: “Christus natus est !” E il bue abbia risposto: “Ubi ?” E le pecore e le capre: “Betlemme”. E il corvo: “Quod ?” E la cornacchia: “Hac nocte”. Infine l’asino concludendo: “Eamus” (= andiamo).
    Ultima modifica di doxa; 04-01-2023 alle 19:52

  8. #8
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    Buongiorno R. d. C., nella mia biblioteca ho alcuni libri dedicati al presepe e dintorni.

    Stamane per dire qualcosa in più sul presepe napoletano consulto un testo del parroco e docente di teologia pastorale Gennaro Matino, “napoletano verace”.

    Il libro è titolato “Presepiando”, edito nel 2017 dalle Edizioni San Paolo.

    Comincio con una curiosità che forse ti può interessare.

    “Quanno nascette Ninno a Betlemme era notte e pareva miezo juorno
    ”, così scriveva il prete poeta Mattia Del Piano (e non il chierico Alfonso Maria de’ Liguori, come per secoli è stato scritto raccontando il Natale) componendo insieme al verso la più famosa delle melodie che celebra ancora oggi la nascita del Bambino Gesù.

    Mattia Del piano la scrisse in dialetto per farsi comprendere dalla povera gente. Ecco un’altra sua frase: “Correttero i pasturi alla capanna …Restajeno ‘ncantate a boccapierte”.
    Poi Alfonso Maria de’ Liguori ne riprese le tracce per comporre la nota canzone natalizia “Tu scendi dalle stelle”.

    Nel suo libro il prof. Matino ha scritto: … “nel corso del Settecento il presepe napoletano si laicizza, esce progressivamente dalle chiese ed entra nelle case prima degli aristocratici e poi del popolo. Sacro e profano si mescolano raccontando vita ordinaria, una scelta di stile che introduce nel presepe statuine di personaggi del popolo”.

    Ed ancora: “Sono per lo più i nobili, infatti, che all’inizio fanno a gara per allestire impianti scenografici sempre più complessi, e sempre loro si fanno committenti di straordinarie opere, nei loro suntuosi palazzi: colossali composizioni di sughero e cartapesta riempiono intere camere. Stoffe pregiate e gioielli autentici, accuratamente scelti vestono e decorano i ‘pastori’ di questi magnifici e scintillanti presepi.

    Mi piacerebbe conoscere la biografia di Mattia Del Piano. Tramite Internet non l'ho trovata. Sai qualcosa su di lui ?
    Ultima modifica di doxa; 04-01-2023 alle 20:17

  9. #9
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    Una sola, piccola, semplice parola amico Doxa: grazie!
    L'umiltà del Presepe sta lì, a dirci che Dio si manifesta nel nascondimento: un apparente ossimoro, una Verità che ci conquista tutti, grandi e piccini. Un messaggio universale.
    amate i vostri nemici

  10. #10
    Citazione Originariamente Scritto da doxa Visualizza Messaggio

    Mi piacerebbe conoscere la biografia di Mattia Del Piano. Tramite Internet non l'ho trovata. Sai qualcosa su di lui ?
    No, Ne ignoravo l'esistenza

    Ricordo che ebbi occasione di vedere a San Martino "la Madonna sdraiata", unica statua conservata del presepe delle Clarisse, del 1300, probabilmente il più antico reperto esistente.


    Nota: ho scritto "vedere" e non "ammirare" a ragion veduta: ero poco più che un ragazzo e la statua era nel "deposito".
    (ebbi accesso "privilegiato" grazie a legami familiari)
    Ultima modifica di restodelcarlino; 04-01-2023 alle 11:44

  11. #11
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    "È curioso notare che miniscene raffiguranti il presepio erano già scolpite sui sarcofagi cristiani dei primi secoli e, a partire dalle icone della scuola pittorica russa di Novgorod (XV sec.), era facile vedere il Bambino deposto in una mangiatoia a forma di sepolcro. Si voleva, così, esaltare il nesso tra la vita fisica di Gesù e la vita gloriosa e divina che sarebbe sfolgorata nella sua risurrezione. Perdere il presepio, perciò, vuol dire non solo cancellare un emblema spirituale nel quale si possono ritrovare le famiglie misere dei barconi che approdano alle nostre coste con madri che stringono al seno bambini denutriti e sfiniti, ma è anche strappare un numero enorme di pagine della nostra storia culturale più alta."

    Card. Gianfranco Ravasi

    https://www.famigliacristiana.it/art...il-natale.aspx
    amate i vostri nemici

  12. #12
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    Cono ha trascritto dal cardinale Ravasi questa frase:
    È curioso notare che miniscene raffiguranti il presepio erano già scolpite sui sarcofagi cristiani dei primi secoli
    Buonasera Cono, “sale della terra e luce del mondo” (vedi Isaia 58, 7 – 10 e l’evangelista Matteo 5, 13 – 16).

    "Zio Gianfranco" (cardinale Ravasi), mio magister, si riferisce alle sottostanti sculture che ora tiro su dal “pozzo” dei miei vecchi documenti virtuali per farteli vedere., in modo sintetico. Li usai per alcuni articoli…


    raffigurazioni paleocristiane della natività con la presenza del bue e l'asino


    Milano, basilica di Sant’Ambrogio, marmoreo “sarcofago di Stilicone”, IV secolo.

    Sul coperchio, lato verso l’altare, è scolpita la natività di Gesù, avvolto dalle fasce, come si usava nel passato. Il neonato ha il volto da adulto. Lo guardano un bue ed un asino. Dietro i due animali ci sono uccelli che beccano un grappolo d’uva.

    Il cosiddetto "sarcofago di Stilicone" è inglobato in un ambone di epoca medievale.




    A Roma, nelle catacombe di S. Sebastiano, in un arcosolio c’è un dipinto del IV secolo deteriorato ma ridisegnato dall’archeologo Giovanni Battista de Rossi nel 1877 per conservarne la memoria. Nel sottarco era dipinto il Bambino fasciato e nimbato, disteso su giaciglio tra il bue e l’asino, mentre un busto giovanile nimbato sovrasta la scena, per impersonare il Cristo adulto e protrarre nel tempo l’evento.




    Ed ora in Sicilia.


    Marmoreo “sarcofago di Adelfia”, del 330, rinvenuto nel 1872 in un cubicolo nelle catacombe sottostanti la chiesa di San Giovanni, a Siracusa; è nel Museo archeologico regionale “Paolo Orsi”.

    Il nome del sarcofago: deriva dall'ipotesi che sia stato utilizzato per la sepoltura della nobildonna Adelfia, moglie del comes Balerius (Valerius): il medaglione centrale rappresenterebbe un ritratto della coppia, menzionata al centro del coperchio da un'epigrafe disposta su tre linee su sfondo rosso.
    Il sarcofago ha tredici decorazioni scultoree di iconografia cristiana disposte su doppio registro: di queste, otto sono ispirate dal Nuovo Testamento, cinque da citazioni del Vecchio Testamento.

    In una delle decorazioni sul coperchio (in alto a destra della foto) sono rappresentati i Magi che seguono la stella è vanno verso la tettoia che ripara il bambino Gesù, avvolto in fasce, deposto in un cesto di vimini. Vicino a lui ci sono il bue e l’asino. Accanto alla tettoia è scolpito uno dei pastori; vicino c'è Maria. assisa su una roccia.



    Nei primi secoli i cristiani fecero prevalente ricorso alla Bibbia dei Settanta per l’evangelizzazione e per lo studio delle profezie, anche se ci sono errori per l'insufficiente conoscenza della lingua ebraica da parte dei traduttori. Come conseguenza ci furono errate considerazioni da parte dei cristiani. Un esempio: il termine ebraico “almah” (= giovane donna) venne tradotto “vergine”, aprendo in tal modo la strada alla credenza della verginità di Maria prima, durante e dopo il parto.
    Ultima modifica di doxa; 07-01-2023 alle 10:14

  13. #13
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    In realtà, è una grande verità!
    Grazie infinite per queste chicche. Per queste vere e proprie perle di cultura.
    amate i vostri nemici

  14. #14
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    Nel post n. 8 di questo thread Doxa ha scritto a R. d. C.

    Comincio con una curiosità che forse ti può interessare.

    “Quanno nascette Ninno a Betlemme era notte e pareva miezo juorno”, così scriveva il prete poeta Mattia Del Piano (e non il chierico Alfonso Maria de’ Liguori, come per secoli è stato scritto raccontando il Natale) componendo insieme al verso la più famosa delle melodie che celebra ancora oggi la nascita del Bambino Gesù.

    Mattia Del piano la scrisse in dialetto per farsi comprendere dalla povera gente. Ecco un’altra sua frase: “Correttero i pasturi alla capanna …Restajeno ‘ncantate a boccapierte”.

    Poi Alfonso Maria de’ Liguori ne riprese le tracce per comporre la nota canzone natalizia “Tu scendi dalle stelle”.
    Errato !

    Buona serata R. d. C..

    Ulteriori letture mi hanno indotto a correggere quanto in parte ho scritto nel post. N. 8 e reputo corretto per tua informazione (e di altri) fartene partecipe (anche se fuori tempo massimo) con questo “post – post scriptum” .

    Il canto natalizio “Tu scendi dalle stelle” fu composto e cantato per la prima volta nel 1754 dal prete Alfonso Maria de’ Liguori, mentre era a Nola per la novena di Natale.
    Egli scrisse il testo, successivamente più volte modificato; per la melodia si ispirò ad una musica popolare del ‘500.

    Questo sacerdote (elevato agli onori degli altari), sapeva suonare il clavicembalo ed era compositore di inni sacri.

    Il 9 novembre 1732 fondò, a Scala (prov. di Salerno) la Congregazione del Santissimo Redentore. I chierici appartenenti a questa congregazione vengono detti “Padri Redentoristi”.

    Diversa è la storia dell’altra canzone natalizia napoletana “Quanne nascette Ninno”, erroneamente attribuita ad Alfonso de’ Liguori.

    Ricerche e studi effettuati dal prete redentorista Paolo Saturno (1931 – 2012), musicologo ed esperto di musica alfonsiana, evidenziano che il testo del cantico natalizio “Quanno nascette Ninno” fu scritto dal chierico napoletano Mattia Del Piano. Il brano fu pubblicato nel 1779 nella raccolta “Il freno della lingua”: 25 anni dopo “Tu scendi dalle stelle”.

    Soltanto per la melodia il sacerdote Del Piano si ispirò, in parte, a quella di “Tu scendi dalle stelle”.

    Da aggiungere come nota informativa che in Italia i primi canti natalizi sono seicenteschi: di solito ninne -nanne cantate al Bambino Gesù.

    Ma la natività fu anche tema per la musica cosiddetta colta, con le “Pastorali”; un esempio: “Oratorio di Natale”, di Johann Sebastian Bach (1685 – 1750).

    clicca sul link per ascoltare il lungo canto natalizio "Quanne nascette Ninno"

    https://youtu.be/l0ruP0TTTPI
    Ultima modifica di doxa; 17-01-2023 alle 18:36

  15. #15
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    A malincuore, ieri sera, abbiamo proceduto alla rimozione del Presepe. Dico a malincuore perché regala comunque al luogo dove abitiamo, un'atmosfera particolare. Di pace, di serenità, di accoglienza....
    amate i vostri nemici

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