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Discussione: Arte e capro espiatorio

  1. #1
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    Arte e capro espiatorio

    Premessa, necessaria…
    Vorrei scrivere alcuni post sul tema del capro espiatorio. Ad ogni post vorrei aggiungere la foto con la descrizione di un’opera d’arte pittorica. Tale thread va bene in questa sezione “arte e letteratura” oppure va collocato nella sezione “religioni e spiritualità” ?

    L’argomento “capro espiatorio” coinvolge la storia religiosa, la teologia, ma anche la letteratura, densa di storia e narrazioni individuali, perciò questa discussione la lascerei “alloggiare” in questa sezione, se le beneamate moderatrici sono d’accordo.

    Allora comincio con la “Celebratio passionis Dominis”: il venerdì che precede la Pasqua cristiana i fedeli commemorano la passione e la crocifissione di Gesù Cristo, fondamento per considerarlo “capro espiatorio”.


    Michelangelo Merisi, detto “il Caravaggio”, “Flagellazione di Cristo”, 1608 circa, olio su tela, cm 286 x 213, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

    Il contrasto fra luce e ombra caratterizza numerosi dipinti di Caravaggio. Anche in questo lo sfondo scuro domina la scena, centrata intorno alla colonna dove è poggiato il Nazareno. Il suo corpo è illuminato da un fascio di luce.

    Gesù, nudo, tranne che per il bianco perizoma che gli cinge i fianchi, ha la corona di spine sul capo chinato in segno di accettazione della volontà di Dio.

    Intorno a lui ci sono due dei suoi torturatori. Quello di sinistra tira i capelli a Gesù, quello di destra gli lega le mani dietro la schiena facendosi forza con la gamba.
    Un terzo uomo è in primo piano in posizione chinata mentre prepara il flagello (strumento di tortura), vicino la gamba sinistra del Nazareno.


    Particolare dell’aguzzino in primo piano

    Indagini ai raggi X hanno consentito di vedere che la tela è formata da tre distinti pezzi di stoffa, due con le stesse dimensioni sono uniti all’altezza dell’ombelico di Cristo, un altro, largo 17 cm, è aggiunto sul margine destro per completare il piede dell'aguzzino, con la realizzazione del suo tallone, che in origine era tagliato.

  2. #2
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Caravaggio è di gran lunga il mio pittore preferito! Il suo crudo verismo tocca ogni corda dell'Anima.
    amate i vostri nemici

  3. #3
    la viaggiatrice L'avatar di dark lady
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    Direi che va benissimo in questa sezione, purché il tema centrale rimanga l'arte.
    “Io e il mio gatto... siamo due randagi senza nome che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene” [cit. Colazione da Tiffany]

    Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità [cit: Manifesto futurista] .

  4. #4
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    O.K., grazie Dark.

    Caro Cono, “Agnus Dei, sine peccati macula”, oggi ti offro un altro dipinto, per premiarti della tua attenzione a questo thread.

    A me interessa coniugare parole e immagini.

    Sappiamo che Dio si è “incarnato” per “salvare” l’umanità dal peccato originale.

    Giovanni il battezzatore (considerato dalla religione cristiana l’ultimo profeta dell'Antico Testamento e il primo apostolo di Gesù Nazaret) mentre era a Betania sulla riva del fiume Giordano per somministrare il battesimo, vedendo Gesù venire verso di lui per farsi battezzare, disse: “Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv 1, 29). Questa frase evangelica allude a Cristo vittima sacrificale per redimere l’umanità dal peccato.

    Nella simbologia dell’arte cristiana l’agnello che porta una croce rappresenta Cristo, l’Agnus Dei.


    Matthias Grünewald, dettaglio dalla Crocifissione di Isenheim (1516). Musée d’Unterlinden, Colmar (Francia)


    Il polittico fu realizzato fra 1512 e 1516.




    Gesù Cristo affisso sulla croce: il suo corpo è segnato dalle ferite della flagellazione, ha il capo cinto da una corona di spine, le mani attraversate da chiodi, i piedi sono sovrapposti e tenuti insieme da un grosso chiodo;

    guardando il dipinto, sul lato sinistro ci sono tre figure:

    il discepolo Giovanni (evangelista) in abito rosso, i capelli biondi, è rivolto verso la madre di Gesù: con il braccio destro la sorregge dietro la schiena, invece, la mano sinistra stringe la mano destra di Maria, che indossa una bianca veste ed ha il capo coperto con il velo bianco; ha le mani giunte, imploranti verso il Figlio; la donna in ginocchio è Maria di Magdala indossa un ampio mantello rosaceo, anche lei ha le mani giunte rivolte verso Cristo;

    sull’altro lato della croce, sulla destra, c’è Giovanni Battista, che indossa una rozza veste realizzata con peli di cammello, nella mano sinistra tiene il libro aperto delle sacre scritture, con l'indice della mano destra indica Gesù come Agnus Dei, simbolicamente raffigurato dall’agnello mistico vicino la gamba destra del battezzatore; l’animale, che con la zampetta destra sorregge la croce lignea addossata al corpo, ha il petto ferito e versa il sangue in un calice.

    Sopra il braccio destro piegato del battista si vede una scritta: “Illum oportet crescere, me autem minui” (= Lui deve crescere; io, invece, diminuire), la frase è tratta dal Vangelo di Giovanni (3, 30).
    Ultima modifica di doxa; 15-03-2023 alle 18:41

  5. #5
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    È come esserci davanti! E un critico d'arte ci sta facendo da guida....
    Grazie Doxa. Continua. Ti prego.
    amate i vostri nemici

  6. #6
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    Gentile Cono è soltanto "iconografia", appresa da docenti universitari storici dell'arte che ci facevano da magistri nelle nostre escursioni nei luoghi d'arte.

    In questo post entro nel merito…, per spiegarmi in modo puerile cosa s’intende per “capro espiatorio"

    Capro: è il maschio della capra domestica.

    Espiatorio: questo aggettivo allude alle preghiere o al rito sacrificale per ottenere da una divinità la liberazione dalla propria colpa.

    Ergo: capro espiatorio è un essere (un totem, animale, un individuo) che accoglie o serve per accogliere i mali e le colpe della comunità, la quale, tramite questo processo di trasferimento, ne rimane liberata.

    Nell'antica tradizione religiosa ebraica nel giorno dedicato allo Yom Kippur (= Giorno dell’espiazione), la comunità di Gerusalemme offriva due capri da sacrificare nel Tempio per l’espiazione dei propri peccati.

    Il sommo sacerdote estraeva a sorte tra due "capri" (=arieti):

    il primo veniva immolato nei pressi dell'altare dei sacrifici, collocato all'ingresso del Tempio.
    Il sangue dell’animale veniva utilizzato in modo simbolico per purificare il tempio e l'altare profanati dai peccati degli Israeliti (vedi Levitico 16, 5 – 10).

    Il secondo capro subiva una sorte diversa. Il sommo sacerdote poneva le sue mani sulla testa dell’animale e simbolicamente gli attribuiva i peccati del popolo di Israele. Poi il capro veniva portato in una zona desertica a circa 12 chilometri da Gerusalemme, dove, secondo la tradizione rabbinica, veniva precipitato da una rupe (Levitico 16, 20 – 22). Questo rituale permetteva alla comunità di essere “liberata” dai peccati.

    La bestia non veniva offerta a YHWH perché i peccati che le erano stati attribuiti la rendevano impura, come tale inadatta ad essere vittima sacrificale.

    Secondo molti esegeti questo rito è un esorcismo derivato da arcaici riti agresti preesistenti l'ebraismo.

    Il rito è descritto nel capitolo 16 del Levitico, nella Mishnah (cap. 6) e nel Talmud, fogli 66 e 67).

    In senso figurato con “capro espiatorio” s’intende la persona sulla quale si fanno cadere colpe non sue: “essere il capro espiatorio”, “fare da capro espiatorio”.

    Il Nuovo Testamento non fa riferimento al rito del “capro espiatorio” per spiegare la crocifissione di Gesù Cristo. Ne argomenterò nel prossimo post.


    Masaccio, Crocifissione, tempera su tavola a fondo oro, 1426. Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli.

    Questa tavola è una parte del “Polittico di Pisa” (Polittico dei Carmelitani) del quale era il comparto centrale superiore.
    Fu dipinto da Masaccio (1401 – 1428) per la chiesa del Carmine a Pisa.

    Scena della Crocifissione con tre "dolenti": Maria (la madre di Gesù), l’apostolo Giovanni e Maria di Magdala, rappresentata in ginocchio di spalle al centro (riconoscibile dal vestito rosso e dai capelli biondi), mentre è piegata in avanti ed allarga le braccia, disperata.

    Sulla parte alta della croce è dipinto l’albero della vita, simbolo della risurrezione.

    La testa di Cristo è incassata nel collo, il volto brunito è colto nel momento del trapasso, dopo il dialogo tra lui, sua madre e Giovanni: il Nazareno dice a Maria: "Ecco tuo Figlio", e a Giovanni: "Ecco tua madre". E l’ultima disposizione di Gesù come uomo: è un atto d’amore verso la madre che l’affida al giovane Giovanni perché sia sicura.

    Maria, avvolta dall’ampio mantello blu, è davanti la croce, con le mani giunte.

    Sull’altro lato c’è Giovanni, con il capo reclinato, il volto afflitto, anche lui con le mani giunte; il movimento delle braccia è evidenziato dal blu di una manica che contrasta con il rosso del manto.
    Ultima modifica di doxa; 17-03-2023 alle 04:07

  7. #7
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Mirabile! Davvero. Ma devo correggerti anche qui, se permetti: della simbologia del capro espiatorio si parla abbondantemente anche nel Nuovo Testamento.

    "Cristo - dice oggi la Lettera agli Ebrei - entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna" (Epist.). E' la lettura più profonda della morte di Cristo, come già Isaia aveva preannunciato: "Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Is 53,5). Con la sua Pasqua Cristo ha portato a compimento quello che gli antichi sacrifici avevano solo - come ombra - preannunciato. La Pasqua di Gesù è la Pasqua definitiva che assume e supera ogni altro atto di riconciliazione con Dio.
    amate i vostri nemici

  8. #8
    Opinionista L'avatar di Vega
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    Lettura profonda...se vogliamo proprio approfondire sul serio bisogna andare a pescare dal punto di vista psicologico ed antropologico e non c'è molto di che glorificare sacrifici e capri espiatori.
    E' una violenza, spesso di gruppo, rivolta verso un soggetto che viene caricato di colpe, di quel qualcosa che il gruppo vuole allontanare da sé, singolarmente e collettivamente, frutto delle paure e della rabbia, del bisogno di trovare a tutti i costi una causa, un colpevole, un rimedio. E' una giustizia ingiusta. Forse una sorta di aggressività ridiretta.
    In mezzo a questo è ovvio che ci stiano credenze, superstizioni, pregiudizi.
    Anche a livello di cristianesimo non è che le cose migliorino dato che la divinità ha bisogno ancora di un sacrificio, di un capro espiatorio, per quanto possa essere l'ultimo di carne e sangue.


    Olio su tela di William Holman Hunt:

    1854 The Scapegoat.jpg
    Pienamente funzionante e programmata in tecniche multiple

  9. #9
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    Grazie Cono e Vega per la vostra collaborazione.

    La mia informazione è basata sulla “Lettera di Barnaba”, compresa nelle lettere apocrife del Nuovo Testamento.

    Fu elaborata tra il 70 e il 132 e attribuita all’apostolo Barnaba, collaboratore di Paolo di Tarso, ma per gli studiosi fu scritta da un anonimo. Nel settimo capitolo dell'epistola barnabita il rito del capro espiatorio nel Levitico venne interpretato come prefigurazione simbolica dell'auto-sacrificio di Gesù sul Calvario, perché sia il capro espiatorio sia Gesù di Nazaret morirono fuori dalla cinta muraria di Gerusalemme per colpe accollate loro ingiustamente dal sommo sacerdote (vedi Levitico 16, 7 – 10 e 15 - 22; Vangelo Giovanni 11, 49 – 50).

    La somiglianza, però, non si estende dal livello simbolico a quello teologico, infatti il Nuovo Testamento non usa mai il rito del capro espiatorio per spiegare la passione di Cristo.

    Per la connessione tra il capro espiatorio della tradizione israelita, immolato il giorno precedente la Pasqua ebraica, e Gesù Cristo crocifisso, la Chiesa fa riferimento (pro domo sua) al noto brano che hai citato del profeta Isaia, capitolo 53, 7 – 12.

    Cono lo sai che i capitoli dal 40 al 55 sono compresi nel comparto detto “Deutero-Isaia”, scritti tra il 550 e il 539 a. C., sei secoli prima di Cristo, e secondo molti studiosi non c’è connessione con Gesù/Dio.
    Ultima modifica di doxa; 17-03-2023 alle 10:15

  10. #10
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    Caro Cono oggi ti voglio scandalizzare.

    Odo il tuo grido verso di me: “vade retro Satanasso !”

    La trasgressione peccaminosa che propongo alla tua visione è la “Crocifissione” realizzata da Renato Guttuso.


    Renato Guttuso, Crocifissione, olio su tela, (200×200 cm), 1941, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna

    In questo dipinto l’artista volle rappresentare non solo l’episodio evangelico della crocifissione di Gesù ma anche il dramma della seconda guerra mondiale, l’universalità e l’attualità del dolore.

    L’intento di Guttuso non fu quello di raffigurare Cristo che muore per i peccati quotidiani, ma di simboleggiare l’umanità dolente.

    Il quadro fu esposto nel 1942 al “Premio Bergamo” suscitando le ire del clero, perché considerato blasfemo e indecente.

    Critiche arrivarono anche dal regime fascista , perché la scena allude alla guerra.

    Questa provocatoria Crocifissione è significativa nella produzione dell'artista poiché riassume in sé sia la drammaticità del momento storico, sia l'anticipazione della componente ideologica che caratterizzerà la sua pittura, e più in generale il Realismo Sociale, negli anni seguenti.

    In merito il pittore siciliano scrisse:

    “La nudità dei personaggi non voleva avere intenzione di scandalo. Era così perché non riuscivo a vederli, a fissarli in un tempo: né antichi né moderni, un conflitto di tutta una storia che arrivava fino a noi. Mi pareva banale vestirli come ogni tentativo di recitare Shakespeare in frac, frutto di una visione decadente. Ma, d'altra parte, non volevo soldati vestiti da romani: doveva essere un quadro non un melodramma. Li dipinsi nudi per sottrarli a una collocazione temporale: questa, mi veniva da dire, è una tragedia di oggi, il giusto perseguitato è cosa che soprattutto oggi ci riguarda. Nel fondo del quadro c'è il paesaggio di una città bombardata: il cataclisma che seguì la morte di Cristo era trasposto in città distrutta dalle bombe”.

    Ed aggiunse: “La crocifissione deve essere il dramma di tutti gli esseri umani e in questo senso una scena comune. Questo è tempo di guerra e di massacri: gas, forche, decapitazioni, voglio dipingere questo supplizio del Cristo come una scena di oggi. Non certo nel senso che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee”.

    La scena è ambientata in un paesaggio collinare, le case sono accennate, squadrate secondo lo stile cubista. L’abitato è vicino ad un fiume.

    I vivaci colori danno una forte carica espressiva ai corpi dei personaggi e all’opera stessa.

    La tela raffigura più persone.

    Le tre croci con Gesù e i due ladroni non sono una di fianco all’altra e frontali come da secolare tradizione, ma disposte in diagonale, una dietro l’altra, simile allo schema seguito da Rembrandt nel disegno “Cristo in croce tra i due ladroni”.

    Il volto di Gesù non è visibile, perché coperto dalla croce antistante, ma è riconoscibile dal drappo bianco nel girovita e dalla corona di spine sul capo.

    Un particolare interessante riguarda la figura di Cristo e di uno dei due ladroni: hanno i pugni chiusi, simbolo dei comunisti (Guttuso era iscritto al partito comunista), fu un espediente per manifestare il suo dissenso politico e culturale al regime fascista.

    Ai piedi della croce di Gesù c’è la madre, nuda, con le mani alzate, mentre tenta di asciugare il sangue che esce dalla ferita nel costato del Figlio.

    Dietro Maria c’è la Maddalena, nuda nella parte superiore del corpo: è inginocchiata davanti la croce con le braccia spalancate.

    Vicino la madre di Gesù, un’altra pia donna con vestito celeste, con le mani si copre il volto piangente.

    In primo piano, sulla sinistra, dietro il cavallo bianco con il collo torto e la copertina sottosella di colore rosso sulla schiena, c’è un uomo a petto nudo che con la mano sinistra sorregge l’asta con in cima la spugna bagnata con la polsca (bevanda dal basso costo in uso nell’antica Roma dalla plebe e dai legionari) per raggiungere di Gesù agonizzante in croce, nell’altra mano ha due dadi.

    Il cavallo bianco con il collo torto rimanda a quello presente nel “Guernica” che Picasso realizzò nel 1937.





    A fianco del cavallo bianco col sottosella rosso si vede un altro cavallo col manto blu, cavalcato da un cavaliere nudo.

    Ancora in primo piano, sulla destra, è raffigurata una natura morta non casuale: sul tavolo ci sono i chiodi e il martello, strumenti tradizionali per il martirio di Cristo, accanto ad altri oggetti della vita quotidiana: un coltello da cucina, un paio di forbici, una tazza, due bottiglie, una tovaglietta. Presentati in questo contesto divengono simbolo dei soprusi e della violenza che l’umanità è costretta a subìre.

  11. #11
    Candle in the wind L'avatar di conogelato
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    Non c'è niente di scandalizzante: nelle braccia aperte di Cristo sulla croce, vi sono tutti i poveri cristi della Storia.
    amate i vostri nemici

  12. #12
    Sovrana di Bellezza L'avatar di ReginaD'Autunno
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    In un incantevole paese della regione dei trulli
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    Mi ha sempre affascinato questo quadro e vedere la tua spiegazione doxa me lo ha fatto amare ancora di più!
    Corteggiata da l'aure e dagli amori, siede sul trono de la siepe ombrosa, bella regina dè fioriti odori, in colorita maestà la rosa CLAUDIO ACHILLINI

  13. #13
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    Amata Regina, devoti omaggi

    Buongiorno Cono, gentile interlocutore che pazientemente segui e commenti le mie evoluzioni argomentative e i repentini cambiamenti da un tema all’altro per non annoiare i lettori.

    Ti creo sofferenza spirituale se oggi anziché offrirti l’immagine ti segnalo un libro ?

    E’ un saggio dell’antropologo e filosofo franco-statunitense René Girard, titolato “Il capro espiatorio” (edit. Adelphi), pubblicato alcuni anni fa ma ancora in commercio.

    L’autore, cattolico (1923 – 2015) per “illuminare” il meccanismo psicologico della persecuzione e del sacrificio, esamina e interpreta come antropologo anche alcune parabole di Gesù ed episodi dei Vangeli, come Salomé, il rinnegamento di Pietro, i demoni di Gerasa.

    La sua è un’ipotesi sul funzionamento sociale e culturale umano. Dice che uomini e donne usano anche le credenze religiose per le relazioni sociali.

    Questa teoria tratta il livello emotivo e antropologico: gli individui riescono a gestire i conflitti emotivi incanalandoli in cerimonie e riti religiosi e culturali, oppure trasformandoli in racconti e narrazioni mitologiche.

    Quando la rivalità diviene eccessiva, o insorgono paura e insicurezza, un sentimento di odio si diffonde tra le persone e tende a convergere minacciosamente su una sola vittima: è questa che Girard chiama capro espiatorio (un individuo o un animale) che deve pagare al posto di altri, non perché sia colpevole, ma perché la comunità non può trovare accordo se non unendosi contro qualcuno o qualcosa.

    Il capro espiatorio svia la violenza del gruppo sociale canalizzandola su di esso: bersaglio non pericoloso, il suo assassinio non sarà vendicato, perché è reietto e nel contempo salvatore, con il suo sacrificio "lava" la comunità dalle sue colpe.

    Girard trova l’origine del legame sociale nella menzogna del capro espiatorio e nella violenza della sua uccisione, cioè nella condivisione da parte del gruppo dell’assassinio di un innocente, capace di cementare il patto di convivenza tra i suoi membri.

    Lo studioso evidenzia come il sacro, la religione ed i miti nascano dal processo vittimario che si scatena in momenti di grave crisi socio-economica di una comunità e che minano la solidità del gruppo umano.

    Nei periodi in cui è messa a repentaglio la sua stessa sopravvivenza, come nella caso di una carestia o di una pestilenza, la tranquilla esistenza della collettività è sconvolta e gli individui, incapaci di fronteggiarla, vanno alla ricerca di uno strumento di ricomposizione della crisi, capace di rassicurare e riconciliare gli animi.

    In questi casi, emerge sempre la stessa soluzione con le singole rivalità tra gli individui che degenerano velocemente dando vita ad un desiderio unanime e indifferenziato di vendetta.

    Il “contagio” si diffonde nella comunità interessando anche le persone meno coinvolte.

    La folla contagiata è pronta a seguire la prima indicazione di un colpevole additato da un leader per concentrare contro questo bersaglio tutto l’odio di cui è carica. La persecuzione può assumere tragiche dimensioni, come le guerre.

    Ma cosa spinge la folla a scegliere questa o quella vittima? E perché non prova compassione per la sua sorte?

    Analizzando singoli miti e una quantità di casi storici, Girard giunge alla conclusione che la folla in preda a frenesia sceglie le proprie vittime non in base a indizi di colpevolezza, ma di caratteristiche fisiche o situazionali che associa alla sacrificabilità del soggetto.

    Nella dinamica del capro espiatorio non si ricorre al normale procedimento di incriminazione tipico del processo penale, ma si individua sommariamente qualcuno come portatore delle caratteristiche di un potenziale responsabile dei mali sofferti dalla collettività.

    I capri espiatori hanno segni evidenti di diversità fisica o morale dal resto del gruppo. Possono avere un difetto fisico o psichico, oppure appartenenti a una diversa religione, com’è successo agli ebrei o agli eretici nel Medioevo e nel Rinascimento.

    Il secondo elemento è la loro non necessità alla sopravvivenza del gruppo.

    Scegliendo un soggetto con queste caratteristiche, la società cerca di sviare in direzione di una vittima relativamente indifferente, una vittima sacrificabile, una violenza che rischia di colpire i suoi stessi membri che invece intende proteggere.

    Se gli individui riescono a convincersi che uno solo di loro è responsabile della crisi che scuote la collettività, se riescono a vedervi la macchia che li contamina tutti, distruggendo la vittima sacrificale crederanno di sbarazzarsi del loro male.

    segue

  14. #14
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    Vega hai letto il libro di René Girard: “Il capro espiatorio” ?

    Questo autore afferma che il denominatore comune dei miti consiste in due transfert:

    il primo, detto transfert di aggressività, consiste nella lapidazione o nell’espulsione della vittima, per avere in cambio un beneficio concreto per l’intera comunità che è la ricomposizione della crisi e la successiva pace (anche se temporanea);

    il secondo, detto transfert di divinizzazione, consiste nella venerazione della vittima immolata da parte della comunità riappacificata, una venerazione giustificata dal potere conciliatorio del capro.

    Se il transfert che demonizza la vittima è forte, la riconciliazione che ne consegue è improvvisa e rapida.

    Le tregue conseguite con il meccanismo vittimario sono temporanee, di breve durata, per questo il ricorso al capro espiatorio è frequente e dà vita a una serie di violenze ininterrotte.

    Secondo Girard è necessario l’intervento esterno di qualcuno che sia capace di svelare il processo vittimario rendendo i membri dei gruppi consapevoli del male commesso e della sua inutilità.

    L’individuo che si incarica di far luce sul meccanismo vittimario deve essere un estraneo o un membro del gruppo che sia capace di essere arbitro al di sopra delle parti. Questo soggetto è, per Girard, il Cristo.

    Questo antropologo offre una lettura importante del Cristianesimo, indicandolo come il punto di svolta culturale che porta una nuova visione del sacrificio perché svela l’innocenza della vittima.

    Le società primitive erano strutturate in modo tale da non dubitare della colpevolezza e della vittima.

    Nell’ebraismo e nel cristianesimo questa credenza sparisce perché la vittima è presentata come innocente: è questa la vera rottura tra l’universo mitico e quello ebraico-cristiano, la rivelazione del sistema del capro espiatorio. Ci mostrano una vittima contro la quale tutta la comunità si è riunita, ma che è una vittima innocente.

    Secondo Girard “le tenebre” sono la metafora per indicare la condizione di accecamento della folla in preda a frenesia che non sa quello che fa. Ecco perché Cristo in punto di morte chiede perdono per i suoi aguzzini che non sanno quello che fanno: in quel momento sono incapaci di comprendere il male che stanno per commettere.

    “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”
    (Luca, 23, 34).

    Gesù descrive l’incapacità della folla scatenata di ragionare in modo razionale. I persecutori credono di “far bene” e sono convinti di agire per la verità e la giustizia, credono di salvare in tal modo la loro comunità.

    I Vangeli gravitano intorno alla passione di Cristo, al dramma del capro espiatorio, della vittima.

    I Vangeli respingono le persecuzioni,così facendo distruggono le culture che ne derivano.

    Il potenziale delle rappresentazioni persecutorie diventa più debole se si individuano i meccanismi psicologici che sottendono al capro espiatorio.

    Se questi meccanismi vengono resi noti perdono di efficacia, e l’individuo crederà sempre meno alla colpevolezza della vittima.

    “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me” (Gv 15, 18 e 20 – 25);

    “Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine” (Lc 22, 37); ecc..

    I persecutori odiano senza una causa ma non ne sono coscienti.

    Nei salmi penitenziari le vittime urlano nel momento della loro persecuzione, i loro nemici li circondano e li colpiscono.

  15. #15
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    1,504
    “Non vedo alcuna causa”. Parole di Ponzio Pilato affermate dopo aver interrogato Gesù. (vedi Vangelo di Luca, 23, 1 – 5).

    ”…una delle guardie che gli stava vicino dette uno schiaffo a Gesù, dicendo: ‘Così rispondi al sommo sacerdote?’ Gesù gli rispose: ‘Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?’ “ (Gv 18, 22 – 23).

    L’evangelista Giovanni introduce il personaggio della moglie di Pilato per rendere a costui più difficile la decisione se salvare o meno Gesù.
    La moglie chiede al marito di resistere alla folla. In questo modo l’apostolo Giovanni vuole evidenziare che Pilato è fra due poli di attrazione mimetica: da un lato la moglie che vuole salvare Gesù, dall’altro la folla. Nonostante il legame tra moglie e marito, è la folla a vincere.

    Pilato ha il potere di liberare Gesù ma la folla influisce sulla sua decisione ed ecco l’unanimità dell’assassinio collettivo.

    Affinché la rappresentazione persecutoria raggiunga la massima efficacia, bisogna che avvenga nelle circostanze più difficili e sfavorevoli alla verità.

    Ai Vangeli interessa indicare l’unanimità dei persecutori.

    Secondo Girard i Vangeli rivelano il meccanismo del capro espiatorio e la sua natura inconscia.

    La frase che definisce l’inconscio collettivo di tipo persecutorio è: "Padre mio, perdonali perché essi non sanno quello che fanno" (Lc., 23, 34).

    A Gerusalemme l’apostolo Pietro rivolgendosi alla folla disse: “Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi” (At 3, 17). In questa frase sono evidenti due aspetti:

    Caifa, sommo sacerdote, chiese di far morire Gesù di Nazaret anziché avere ripercussioni contro Israele da parte delle legioni romane. Ciò che dice il sacerdote è la motivazione del capro espiatorio. Si deve limitare al massimo la violenza: uno al posto della nazione.

    Caifa si dimostra un capo affidabile e sicuro perciò viene assecondato nella sua richiesta di far morire Gesù.

    La decisione politica dell’autorità preminente prevale, ma in periodo di crisi accade il contrario. E' la folla a prevalere. La fusione tra autorità e popolo avviene tramite il capro espiatorio.

    La folla è potente e le autorità si inchinano ad essa e le cedono le vittime che reclamano, come fa Pilato. In questo modo le autorità vengono assorbite dalla folla.

    I conservatori vogliono consolidare tutte le autorità costituite, sono sensibili alle minacce di violenza provenienti dalla folla, mentre per i rivoluzionari è il contrario, essi sacralizzano le violenze della folla.

    L’evangelista Matteo racchiude in una frase l’insieme del procedimento per giungere alla scelta del capro espiatorio: “Dovunque sarà il cadavere, là si raduneranno gli avvoltoi” (Mt., 24, 28).

    I Vangeli non utilizzano il termine “capro espiatorio”, ma “agnello di Dio”.

    Un altro esempio di capro espiatorio è l’antico profeta ebreo Giona. Durante la tempesta, la sorte designa Giona come vittima che i marinai gettano in mare per salvare sé stessi e la nave.

    The end

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