Nella seconda Lettera ai cristiani di Tessalonica, agitati da fremiti apocalittici settari sull’imminente fine del mondo (si consideravano dimissionari nei confronti dei loro impegni professionali e sociali), l’apostolo Paolo li ammonisce e dice loro di continuare a lavorare, invita gli oziosi ad assumersi le loro responsabilità nella vita comunitaria. Inoltre li esorta a lavorare per guadagnarsi il pane. Chi non lavora per il proprio mantenimento diviene un peso per la comunità. L'apostolo li incoraggia all'impegno concreto presentandosi come modello di lavoro anche manuale:

"Sapete infatti come dovete imitarci: poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente fra voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darvi noi stessi come esempio da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace. Voi, fratelli, non lasciatevi scoraggiare nel fare il bene. Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni; non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello” (2 Ts 3, 7 – 15).

“Chi non vuol lavorare, neppure mangi" : pochi sanno che questa norma paolina è entrata nella Costituzione sovietica del 1918 e nell’inno popolare Bandiera rossa: “E noi faremo come la Russia: chi non lavora, non mangerà!”.