Questa pomeriggio sono tornato in paese... per partecipare ad un funerale.
Un cognato di mio zio è venuto a mancare. Un male lo ha consumato in pochi mesi. Aveva 69 anni.
Padre di tre ragazzi, lascia moglie, figli, nipotini, una fratello, una sorella e dei nipoti, i miei cugini.
Era una persona solare, sempre allegra e modesta.

In Chiesa Madre, non c'erano più posti a sedere, tanto era gremita. Come sempre, quando torno in paese
per queste tristi ricorrenze, incontro anche parenti miei alla lontana, cugini dei miei genitori, gente anziana.
Ancora oggi mi capita che mi salutano persone delle quali io non ricordo più il grado di parentela.

In questa Chiesa Madre si sono sposati i miei genitori, mi hanno battezzato e di fronte l'ingresso è visibile
il palazzetto appartenuto ai miei nonni. Mia nonna poi, fino ai sei anni e cioè fino a quanto ho vissuto in paese,
spesso mi prendeva per mano e mi portava con lei a sentir messa.

Un intero paese oggi era lì, a rendere omaggio a questa brava persona. Mia zia, sua sorella, la moglie e l'altro fratello
erano uniti in un unico pianto. Questa famiglia rappresentava il concetto di fratellanza per eccellenza. Il fratello più
piccolo era distrutto anche perché gli era stato vicino fino all'ultimo.

Infatti lui, sentendosi vicino alla fine, lo ha voluto spesso accanto, per farsi forza. Domenica poi, ha chiesto lui stesso
di far venire il prete per ricevere l'estrema unzione. Alla fine ha salutato tutti, ringraziandoli per il loro amore e la
vicinanza, dicendo di esser stato fortunato ad avere una bella famiglia, dei figli e dei nipoti... e soprattutto, una vita felice.

Questo mi ha raccontato mio zio, mentre accompagnavamo il feretro dalla piazza del paese, fino al cimitero. E francamente
mi sono commosso. Per la prima volta mi sono uscite le lacrime... quelle lacrime che non mi erano uscite neanche per i miei
genitori.

Credevo non mi appartenesse nulla del mio paese di origine... a parte i miei zii e cugini. Ho lasciato il paese che avevo sei anni...
e man mano che sono venuti a mancarmi i nonni e alcuni zii, pensavo di non avere più nulla da condividere.

In piazza poi ho incontrato il mio vecchio datore di lavoro in Germania... colui che ha lapidato una fortuna e due famiglie e che vive
oggi di fasti e pensione sociale. "Bumble, come stai? Ho ritrovato delle foto di quando eravamo in Germania, tu eri sopra una
motocicletta di grossa cilindrata... se vuoi te la passo via WZ..."...
"Non si disurbi...." oggi come allora, gli do del lei... "Ce L'ho già... la moto era di un cliente di Lucca in gita in moto...."
gli ho risposto, ringraziandolo...

Poi ho incontrato delle cugine mi mia madre, una porta il suo stesso nome e cognome... l'altra la chiamo "Zia Rosetta"
anche se è una cugina... ed è colei che sposò in prime nozze "Carletto" il mio "Dio" vichingo, collega di mio padre...
uomo immenso e di un lignaggio nobiliare... anche se non era un nobile... un vero e proprio "gentiluomo" che ho perso,
abbiamo perso, in una torbida estate del 1978. Adesso sono in contatto con una sua nipote che vive a Bruxelles e che
conobbi l'anno prima della sua morte, quando andammo a passare due settimane nel paese in sui i suoi genitori e fratelli
si erano stabiliti... il padre era uno di quei tanti minatori italiani in Belgio, scampato per fortuna alla strade di Marcinelle.

Al cimitero, prima di lasciare il feretro nella camera mortuaria, solito strazio di circostanza... ma veramente sentito...
ho voluto guardare l'uomo che riposerà un'ultima volta, prima del sigillo... la figlia lo pregava di salvaguardare tutti
da l'assù.

Bisogna guardare in faccia la morte. L'ho già fatto diverse volte e non per il gusto del macabro... perché la vita va
affrontata con coraggio... e la morte, pure. Assomigliava al padre... Don Pippo, venuto a mancare un decennio fa.

Ebbi l'onore e l'ònere di fargli la barba una volta. Don Pippo aveva il polso slogato. Io mi trovai a passare dalla sua
residenza in campagna e, non essendoci nessuno dei suoi figli maschi, mi chiese se potevo raderlo perché non si
sentiva a suo agio con la barba incolta. Ebbi un istante di soggezione, ma poi affrontai la cosa con coraggio e
cominciai a raderlo. Lui si accorse che ci andavo troppo leggero e mi invitò ad essere più incisivo e non preoccuparmi.
Alla fine gli feci al barba... dopo qualche mese morì. Qualche anno dopo feci la barba ad un altro "Pippo" senza "Don",
questa volta... mio padre. Pochi giorni dopo morì anche lui.

La vita va vissuta... con senso del dovere... che non è qualcosa di imposto, ma che viene naturale dal di dentro.
Il dovere di aiutare e fare del bene al prossimo... e dimenticare... anzi no.... non si dimentica, magari lo rimuovi
tu dalla mente... ma poi il bene ritorna, sotto forma di gratitudine o ricordi, come in questo caso.

Prima di uscire dal cimitero sono passato dai miei nonni, tutti e quattro, mio zio, i miei... e da "Carletto",
che non dimentico mai di salutare... rischiando di rimanere chiuso dentro... con mia moglie che mi
diceva di far presto che era quasi buio...

E comunque... io non riposerò in paese. Preferisco il cimitero di Siracusa, più grande, più gente...
più estranei... io mi trovo benissimo con gli estranei... li trasformo in conoscenti e amici... alla lunga.

buona notte.