Ho lottato contro la pigrizia oggi pomeriggio: alla fine ho vinto un paio d’ore prima del tramonto, e sono andata fino all’imbocco della Napoleonica, a picco sul mare. Giornata grigia ed umida in cui il mare e la città non si vedevano, coperti da un fitto strato di nebbia: mi sembrava di essere quasi in paradiso, al di sopra della nebbia, e spuntava ogni tanto pure un timido sole velato che m’incoraggiava a godermi la giornata ed a continuare a camminare a passo spedito.
Da lontano, nella parte asfaltata del sentiero, tra le pareti di roccia che di solito brulicano di arrampicatori, anche se oggi ce n’erano solo due, ho notato un uomo che spingeva una donna in una sedia a rotelle ed ho pensato subito: ma guarda, ci sono persone che nonostante le gravi difficoltà nella deambulazione scelgono di trascorrere il pomeriggio all’aria aperta, a contatto con la natura e forse di altra gente.
Man mano che ci avvicinavamo li ho riconosciuti: lui professore di ginnastica, un tipo affascinante e lei, nella sedia a rotelle, la moglie, dai lineamenti del viso ancora bellissimi nonostante la malattia.
Avevo saputo da altri l’anno scorso che lei si era gravemente ammalata, non poteva più muoversi, e che lui doveva accudirla.
Avrei voluto salutarli, farmi riconoscere dopo tanti anni, ma davvero non sapevo cosa dire: un come va? non sarebbe stato opportuno, mi pareva di insistere sullo stato della moglie. Avevo ancora pochi secondi: se lui mi avesse rivolto lo sguardo, avrei parlato.
Ed invece lui guardava a terra e noi ci passammo accanto senza un cenno di saluto che magari, forse, col senno di poi, sarebbe stato anche gradito.
Vigliaccheria? Imbarazzo?
Quanti momenti importanti ci lasciamo sfuggire per le motivazioni più sciocche.