(Spero sia la versione definitiva, ma... il pregio della scrittura è poter modificare e correggersi, com' ebbe a scrivere mi pare Calvino)

Quando entro nella sua casa, il mio sguardo e la mia anima sono rapiti dalla grande foto a colori della moglie che sorride, giovanilmente abbronzata, sana, biondissima: l’immagine incorniciata campeggia su un tavolino in veranda dove non manca mai un vaso di fiori freschi, specialmente di margherite che lei adorava.
Una fitta mi attraversa il petto, il ricordo di lei che inopinatamente si presenta a casa mia radiosa per consegnarmi un manicaretto o domandarmi un piacere o semplicemente per conversare, interrompendomi nei miei lavori quotidiani. Un’amica come poche.
Il marito è ormai oltre l’ottantina: era abituato ad un tenore di vita stellare, tra champagne costosi, ristoranti prestigiosi, inviti altolocati, feste in casa o in giardino per innumerevoli amici, alle quali noi eravamo sempre invitati, da quando loro si stabilirono qui. Rammento ancora quando Peter apparve ad una nostra festa in giardino, non invitato, con un vassoio di innumerevoli calici di cristallo e champagne per tutti i miei invitati, attirando le simpatie e la gioia dei miei ospiti.
Ora conduce una vita ritirata, confessandomi spesso che non disdegna la solitudine ed i suoi silenziosi colloqui con la moglie defunta alcuni mesi fa per una grave malattia. Ama ritrarsi, conversare solo per pochi minuti, perché gli costa fatica uscire dai suoi pensieri per adeguarsi al ritmo di quelli altrui.
I parenti e noi amici e vicini veniamo a trovarlo lo stesso e quasi tutti gli portiamo qualche pasto caldo fumante, gli gnocchi, un’orata al forno o un gulasch. Lui non sa cucinare: questa era un’occupazione di sua moglie, cuoca provetta e perfetta casalinga che curava ogni dettaglio di qualsiasi cena a casa loro .
Per la vigilia di Natale, quando l’ho invitato a casa mia, voleva contribuire col denaro, ma io gli dissi di portare il vino. Lui si vestì elegante e ci portò un Dom Pérignon magnum che ci stupì per la sua bontà già al primo assaggio.
Rimase piacevolmente sorpreso della tavola e del menù elegante, a partire dalle ostriche, e si sentì subito a suo agio come nei bei tempi andati, quando era il mattatore di numerose serate: conversò molto e lasciò affiorare i suoi ricordi della seconda guerra mondiale, quando bambino correva con la sua piccola seggiola pieghevole sino al lontano rifugio antiaereo mentre suonavano le sirene e come, l’ultima volta che quel suono sovrastò il paese, lui non capì che si festeggiava la fine della guerra e corse lo stesso al riparo, allo stesso posto, dove non c’era però nessuno e rimase stupito: “Dove sono tutti?” Doveva avere quattro anni.
Altri ricordi emersero, del periodo degli alleati e della prima cioccolata ed un frutto sconosciuto, la banana, che non aveva mai visto né assaggiato prima, offerte ai ragazzini vocianti dai soldati americani che si sentivano dei benefattori.
E’ un abile affabulatore e quella sera diede il meglio di sé, dimenticandosi della sua attuale chiusura al mondo: aveva ritrovato la sua vena più autentica ed amabile per una serata .