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Discussione: Incomunicabilità nella coppia

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  1. #1
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    Incomunicabilità nella coppia

    Comunichiamo con le parole, la prossemica, la gestualità, ecc., ma riusciamo davvero a farci capire dalla persona con la quale parliamo ? Riusciamo sempre a trasmettere all’altro/a le nostre intenzioni ?

    Lo scrittore Italo Calvino ne “Gli amori difficili” (raccolta di 15 racconti pubblicata nel 1970) evidenzia la difficoltà di riuscire a comunicare il proprio amore: “gli amori che vivono sono amori incompleti, mai realmente cominciati e sicuramente destinati a non finire”.

    L’amore e il silenzio si scontrano. Il significato delle parole rimane sospeso in un limbo.

    L’incomunicabilità rende difficile o impossibile comunicare le proprie emozioni o i sentimenti. Tale incapacità induce ad una condizione di isolamento e solitudine, come in alcuni film realizzati dal regista Michelangelo Antonioni: “L’Avventura” e gli altri tre film inseriti nella tetralogia esistenziale o “trilogia dell’incomunicabilità”, La notte, l’Eclisse e Deserto rosso).

    Quei film privilegiano l’amore con le sue complicazioni. L’uomo e la donna: due universi paralleli incapaci di convergere in un punto d’incontro. Da questa assenza di comprensione reciproca, deriva l’incomunicabilità che si traduce col silenzio.

    Un altro noto scrittore, Luigi Pirandello, in “Sei personaggi in cerca d’autore”: “E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre, chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo d'intenderci; non c'intendiamo mai!”.

    Si legge in “Uno nessuno centomila”: “Ma il guaio è che voi non saprete mai, né io vi potrò mai comunicare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco. Abbiamo usato la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo se le parole per sé sono vuote?” e “C’è in me e per me una realtà mia: quella che io mi do; una realtà vostra in voi e per voi: quella che voi vi date; le quali non saranno mai le stesse né per voi né per me”.

    Ascoltare per comprendere ma anche per farsi capire, in reciproca cooperazione dialogica.

    Saper ascoltare per capire l'interlocutore è l’attività comunicativa che necessita del coinvolgimento cognitivo, dell’empatia, della capacità di entrare in sintonia con lui/lei comprendendo il suo punto di vista.

    Una frase attribuita all’antico filosofo greco Epitteto afferma: “Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà”.

    segue
    Ultima modifica di doxa; Ieri alle 11:53

  2. #2
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    Nell’altro topic titolato “Tris di cuori” ho riassunto ciò che scrisse lo psicologo statunitense Michael P. Nichols nel suo libro titolato “L’arte perduta di ascoltare”, pubblicato nel 1997.

    Quel post lo aggiungo anche qui perché pertinente al tema.

    L’autore ha scritto che “Nulla fa soffrire quanto la sensazione che chi ci è vicino non stia ascoltando veramente ciò che abbiamo da dire”.

    Nel rapporto di coppia e nell’ambito della famiglia a volte capita di non essere ascoltati per mancanza d’interesse da parte dell’interlocutore. Ma se manca la reciproca attenzione s’interrompe l'interazione, e col tempo quando uno dei due si stanca di non essere ascoltato con attenzione ed empatia, non ne può più del mutismo o dell’indifferenza dell’altro/a, cerca una terza persona con cui sia più facile comunicare, che ascolta e comprende.

    Suscita delusione e frustrazione chi non sa ascoltare o chi interrompe l’interlocutore per dire ciò che pensa prima di capire ciò che ha detto l’altra persona. Tale modo di agire preclude la possibilità della reciproca comprensione.
    Essere ascoltati significa che ciò che si dice ha importanza, merita l’attenzione.

    Quando una donna ha un problema, vuole esprimere la frustrazione di una giornata negativa o stancante desidera liberarsi dalla tensione emotiva, vuole dialogare col partner o con qualcuno che l’ascolta, non cerca una soluzione, vuole solo comprensione e sostegno.

    Invece quando un uomo ha un problema o è frustrato perché ha avuto una giornata pesante, non cerca comprensione, si chiude nel silenzio, si isola, legge il giornale o finge di guardare la televisione. Pensa come risolvere la questione, cerca il confronto di opinioni, un consiglio, una soluzione.

    Comprendere non significa concordare ma conoscere l’opinione o l’aspettativa del compagno o della compagna, ma per poter comprendere è necessario ascoltare con attenzione. Può capitare che durante una discussione si pensi alla risposta da dare anziché udire compiutamente cosa dice l'altro/a.
    Ascoltare in modo attivo significa interessarsi a ciò che dice con le parole e ciò che lascia intendere con il linguaggio non verbale.

    Se la comunicazione diventa disfunzionale la coppia va incontro a frustrazioni, malintesi e rancori che allontanano. ‘‘Non mi capisci!‘‘, ‘‘con te non si può discutere!‘‘.... Frasi ricorrenti come queste possono mettere in crisi il rapporto coppia e causare l’incomunicabilità dei propri desideri, emozioni, pensieri... Invece la comunicazione amorosa necessita della reciproca capacità di esprimere a parole il proprio mondo emozionale e sentimentale; capacità che hanno la maggioranza delle donne; invece gli uomini, per natura e cultura, generalmente conoscono poco quel tipico modo di relazionarsi.

    Con il dialogo si possono chiarire le rispettive opinioni e giungere ad un accordo che soddisfi entrambi tramite il confronto costruttivo.
    Se invece ognuno dei due rimane nelle rispettive posizioni antagoniste subentra la delusione, il rancore, e col tempo la voglia di separarsi, specie se la donna lavora ed ha un reddito sufficiente per vivere in modo autonomo.

    Ci sono partner che pur continuando a comunicare informano sempre meno il compagno o la compagna sul loro vissuto in rapporto con l’altro/a, sui loro stati d’animo, e s’avviano verso una silente crisi. Aumenta in ognuno dei due la solitudine interiore, diminuisce la voglia di continuare insieme il percorso della vita, di fare progetti comuni. E si può giungere alla depressione, la quale potrebbe essere la spia della propria insoddisfazione esistenziale che preme per essere ascoltata. In tale condizione psicologica se s’incontra un altro/a che ci fa tornare la voglia di vivere, ridere, è facile illudersi, farsi coinvolgere dall’infatuazione, che diventa l’antidepressivo.

    Nel rapporto di coppia a volte capita di non essere ascoltati per mancanza d’interesse da parte del/la partner. E quando entrambi protestano che il proprio comportamento è la reazione a quello dell'altro, occorre chiarire ciò che s'intende dire. La mancanza di un equilibrato scambio di opinioni è tra le maggiori cause di dissidio.

    La mancanza di un equilibrato scambio di opinioni è tra le maggiori cause di dissidio. Ipercriticismo, ambiguità, disconferme, l'elusione di problemi, rendono la comunicazione disfunzionale.

    La conversazione può influenzare positivamente la relazione oppure creare incomprensioni, opinioni dissonanti, pregiudizi, reciproco ascolto disattento, risonanze negative suscitate da frasi non meditate. Le parole, infatti, possono essere lievi come il volo di una farfalla oppure pesanti come un macigno, possono essere farmaco ma anche veleno.

  3. #3
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    In merito un mio amico virtuale ha scritto:

    "Anche se ascolti con la massima attenzione, la donna non riesci a capirla veramente. E viceversa. C'è da aggiungere alla riflessione che spesso capita che la donna cambi rapidissimamente opinione, o stato d'animo, così che anche quel poco che hai compreso diventi quasi subito superato dagli eventi. Così, quando cerchi di sintonizzarti sul nuovo pensiero, lei riscopre quello che sembrava ormai passato, gettandoti nella confusione e nello sconforto. Così vieni redarguito sul fatto che non sai capirla e non l'ascolti, e anche tu capisci di non capirla e di non essere capito a tua volta nel fatto che non riesci a capirla".


  4. #4
    "Comunicare": la vacca da mungere o il vitalizio di un sacco di blablatori, istituzionali e professionisti.
    Per me, giullare, la domanda "fondamentale" (che poi sono tre) é: a chi, cosa e ,soprattutto, perché? Poi seguono il "quando", "come", "dove" e via di seguito.
    L'analisi delle prime tre già permetterebbe di fare un buon passetto avanti, cominciando col "perché?"
    Analizzando la motivazione, e quindi il bisogno soggiacente, si possono già avere elementi per chiarire la cosidetta incomunicabilità, e scoprire che "il genere" come tale, tutto sommato, conti poco. Molto più importante é la coerenza tra la motivazioni: se manca, sarà ben difficile "comunicare". Quale che sia il genere della coppia di dialoganti.
    IMHO

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