Il sostantivo endofasia in ambito psichiatrico indica l’illusoria percezione di voci interiori, nei casi più gravi la percezione patologica di voci nella schizofrenia. Invece nel settore linguistico e letterario l’endofasia allude al monologo interiore, e il mio pensiero vola alla nota commedia di Eduardo De Filippo titolata “Le voci di dentro”, nella quale la dimensione del sogno si confonde con quella della realtà: “Miche’, io me l’aggio sugnato! Ma così naturale! […]. Un sogno così inciso, preciso!”.
Avete fatto caso a quella voce dentro di noi che a volte ci parla ? Cono crede che sia la "voce della coscienza" !
Le voci interiori hanno relazione con gli stati d’animo e possono essere coinvolte in disturbi ansiosi e depressivi. Possono assumere la forma di monologhi o dialoghi a due. Ad ascoltare siamo sempre e soltanto noi stessi.
A queste voci sono stati attribuiti diversi nomi. Esse sono un parlare a sé stessi in segreto (verbalizzazione interiore). Talvolta possono affiorare e superare la soglia della verbalizzazione, e allora sembra che si parli da soli.
“Quando siamo impegnati nella verbalizzazione mentale contribuiamo a dare forma alla nostra esperienza interiore e agiamo per il mantenimento di una narrativa coerente del nostro Sé”, dice Helene Loevenbruck del “Laboratoire de psychologie et neurocognitions Cnrs” di Grenoble, autrice del libro: “Le mystère des voix intérieures”.
La voce interiore o il discorso interiore ci parla della nostra vita passata, esaminandola e giudicandola.
Tramite i dialoghi intrecciati con noi stessi possiamo continuare a immaginarci come un’unica persona nel corso degli anni.
Queste voci hanno un ruolo determinante in diverse funzioni psicologiche: per l’autoconsapevolezza e per la costruzione della memoria episodica, quella che raccoglie il filo degli eventi della nostra vita; ma anche per la possibilità che offrono di comprendere l’ambiente circostante, di immaginare e pianificare il futuro, di prepararsi a un incontro o a un confronto, a fare congetture e a risolvere problemi. Sono utilizzate per l’auto-incoraggiamento, quando si devono affrontare sfide e difficoltà, servono come forma di auto-conforto e come voce auto-critica.
Alcuni non percepiscono in modo evidente di avere un monologo o un dialogo interiore.
C’è chi sviluppa idee e vita interiore con altre forme di pensiero: intuitivo in vari casi, in altri, la persona può affermare che al momento in cui deve esprimersi verbalmente si accorge di dover effettuare una specie di traduzione in parole di quello che è il suo pensiero originario. Questo fenomeno può apparire visibile agli interlocutori, perché talora si manifesta con lunghe pause nei discorsi.
Leggere in silenzio un libro è forse la più semplice modalità per rendersi conto della propria voce interiore, in particolare se si legge un testo di narrativa con dei dialoghi. Senza rendercene conto tendiamo ad attribuire sfumature diverse di voce ai vari personaggi della storia. Alcuni studi hanno dimostrato che queste voci hanno l’accento regionale di chi legge.
Senza rendersene conto, chi legge un testo difficile da comprendere, utilizza il sistema della sub-vocalizzazione: è quel mormorio tipico di chi sta imparando a leggere e che è di aiuto per passare dalla parola scritta alla parola compresa.
Interessante anche il caso delle voci interiori delle persone che parlano più lingue: alcune ricerche hanno mostrato come la voce interiore possa modificarsi a seconda del tipo di discorso che si sta facendo.
Ad esempio, chi emigra in un’altra nazione e ha tardivamente appreso una seconda lingua, può parlare a sé stesso con la lingua materna quando tratta argomenti legati al suo luogo di nascita e con la seconda lingua quando tratta invece argomenti che hanno a che fare con l’attualità della nazione che lo ospita.
Alcuni ricercatori sono andati anche a esplorare quella particolare esperienza di voce interiore rappresentata dai dialoghi presenti nei sogni.
I sogni sono il prodotto della mente del sognatore, perciò tutti i dialoghi e le voci che al loro interno si manifestano potrebbero anche essere considerate una forma particolare di voce interiore.
Uno studio pubblicato sulla rivista “Cognitive science”, mostra come esperienze uditive siano presenti in più della metà dei sogni fatti nelle varie fasi di sonno “rem” (= rapid eye movements”, caratterizzato da rapidi movimenti oculari sotto le palpebre chiuse) i sogni presentano spesso persone che parlano e il sognatore percepisce frammenti di quelle voci, tra le quali quasi mai c’è la sua. Sono voci spesso antipatiche o minacciose.
La voce interiore può diventare incessante e fuori controllo, difficile da fermare, fastidiosa e disturbante, anche quando ci si impegna in tutti i modi a tentare di “spegnerla”. E’ la cosiddetta “ruminazione psicologica” una forma di pensiero ripetitivo, solitamente attivato da eventi sfavorevoli della vita. E’ considerata una strategia di regolazione delle emozioni negative.
Le persone usano varie strategie per la regolazione delle emozioni al fine di migliorare la propria esperienza emotiva nel caso di eventi stressanti.
La ruminazione rappresenta una forma di regolazione delle emozioni più dannosa di altre strategie, quali l’accettazione, la risoluzione dei problemi, la rivalutazione dell’accaduto o la soppressione dei pensieri.
Chi resta intrappolato nel pensiero ruminativo lo fa perché forse sta tentando di comprendere cause e conseguenze di tali eventi, al fine di mitigarne gli effetti. Ma questo tipo di pensiero, invece di aiutare a cercare soluzioni costruttive, finisce per focalizzare l’attenzione eccessivamente su di sé, sulle emozioni e sui problemi irrisolti, producendo così effetti negativi.