A Padova, fino al 9 maggio, nel Museo di storia della medicina c’è l’esposizione dedicata a: “L’anomalia e la norma. La variabilità della vita tra anatomia e biologia”.
La mostra propone ai visitatori un percorso storico dall’antichità ai nostri giorni per far capire il modo in cui la società, la medicina e la biologia hanno affrontato il rapporto tra l’anomalus e il normalis, soffermandosi sulla trasformazione che questi concetti hanno avuto anche in relazione ai progressi della conoscenza scientifica.
Racconta in tre sezioni come la nostra cultura ha percepito, definito e vissuto i concetti di norma e anomalia nel corso dei secoli.
Cosa significa “normale” e cosa rende qualcosa “anomalo” ? La percezione e i criteri con cui giudichiamo ciò che è comune o straordinario, accettabile o deviante.
L’ exhibit invita il visitatore a riflettere sul suo personale concetto di normalità, puntando a scardinare pregiudizi sociali e culturali, lanciando il messaggio che, in fondo, l’anomalia è la norma.
Dall’antichità al Medioevo, l’anomalo viene inteso prevalentemente come monstrum: veniva considerato una maledizione o manifestazione divina, incompresa dalla medicina (la cura, quindi, è assente) ed escluso dalla società, segno di malvagità e sventura.
In mostra ci sono alcuni reperti di animali teratologici (animali che presentano delle malformazioni) quali il cranio di un elefante nano e quello di un vitello bicefalo, spiegano le origini di alcuni esseri mitologici, la cui somiglianza formale con alcune gravi patologie, fecero scaturire errate interpretazioni e credenze che alimentarono, ad esempio, il mito dei Ciclopi e delle Sirene.
L’anomalo come patologia. Con l’avanzare delle conoscenze mediche tra ‘600 e ‘900 l’anomalo perde i suoi connotati “mostruosi” e viene considerato come sintomo di patologia e disfunzione d’organo.
L’anomalo concepito come patologico fu studiato dal medico Giovanni Battista Morgagni (Forlì 1682 – Padova 1771) fondatore di una nuova scienza, l’anatomia patologica, e si passò dal considerare l’anomalo come creatura mitica, prodigiosa, al riconoscerlo come soggetto patologico, disfunzionale, da curare e catalogare per la ricerca sperimentale.
Dopo la diffusione della teoria dell’evoluzione di Charles Darwin, si comprende che alcune anomalie genetiche non patologiche furono fondamentali per favorire l’evoluzione della specie viventi, creando le condizioni per un migliore adattamento all’ambiente.
Nel nostro tempo le anomalie, ad eccezione di quelle identificabili come patologiche, sono indici di diversificazione che testimoniano la singolarità di ogni essere umano, unico e irripetibile a livello fisico e psicologico.