A un tratto il suo sguardo è penetrato nelle viscere
di mia madre e le sue mani sono venute a prendermi.
Mi ha strappato dalle profondità della carne dov’ero
sepolta, di quella carne che mi aveva dimenticato per
continuare il viaggio, poi, dopo avermi liberata, ha sentito
che le mie mani non mi sarebbero servite a niente,
che nascendo avevo come rinunciato a esse.
Pur non comprendendosi, mi hanno dato lo stesso
nome, ciascuna nella propria lingua. «Soledad» ha detto
mia madre senza nemmeno guardarmi. E la vecchia
le ha risposto, come un’eco: «Wahida».
Nessuna delle due sapeva leggere.

Il cuore cucito di Carole Mrtinez!