Leggo oggi l'ennesima notizia di scontro tra questioni di genere (riguardo alle quali spesso gli strati inferiori del clero sono più sensibili) e gerarchie vaticane.

Questa diversa visione della questione era già venuta alla luce nella vicenda di Don Barbero: http://video.google.com/videoplay?do...3375475228518#

E in altri casi in cui comunque, al di là della condanna ufficiale, alcune aperture (spesso ufficiose) ci sono: http://www.corriere.it/cronache/08_a...4f486ba6.shtml

Voi come la vedete questa "ambiguità"?

Vi sembra che sia una spinta di modernizzazione di un'istituzione che da sempre rimane ancorata a dogmi e consuetudini spesso molto datate e ormai inapplicabili? Credete che la Chiesa dovrà, volente o nolente, adeguarsi anche in questo campo, così come ha fatto nel corso dei secoli in molti altri casi?

Oppure pensate che quste "aperture" siano solo sbandamenti individuali (dovuti ad una errata concezione della religione cattolica, ad una disobbedienza ai dettami della chiesa) e che quindi i preti in questione dovrebbero lasciare l'istituzione di cui non seguono i principi? Che questi casi siano cioè isolati e a ragione condannati dal Vaticano, perchè nella chiesa cattolica (a differenza di valdesi e anglicani) non c'è possibilità di assoluzione per chi devia dalla norma?

Inoltre: pensate che sia un caso che siano proprio le persone più in basso nella gerarchia istituzionale ad essere sensibili a questi temi (come a quelli riguardanti la sessualità, i giovani, i poveri, ecc) oppure che sia dovuto al fatto che preti e frati vivono a più stretto contatto con la vita vera delle persone e un po' meno nel mondo dell'iperuranio?