Del resto che bisogno ci sarebbe di Dio se il suo giudizio fosse sovrapponibile alle leggi dell'umana ragione e della sua morale che calcola debiti e crediti, colpe e pene? Un Dio retribuzionista che, come ci ricorda Pierangelo Sequeri, si attiene allo schema concettuale del "do ut des", mentre il Vangelo conosce un Dio capace di grazia, che misconosce quanti si ritengono giusti e quindi meritevoli di retribuzione, perch� hanno "profetato e cacciato o demoni in suo nome" (Mt, 7,22-23).
E' lo stesso Dio che, per bocca di suo figlio, accoglie festosamente il figliol prodigo e, di fronte al disappunto del figlio rimasto fedele, dice: "E' giusto far festa e darsi gioia, perch� questo tuo fratello era morto ed � ritornato in vita, era perduto e si � ritrovato" ( Lc, 15,32); che d�, a chi � giunto sul lavoro all'ultima ora, la stessa mercede pattuita con chi ha lavorato l'intero giorno: " Non posso fare del mio quello che voglio? Cos� gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi" ( Mt, 20,15-16); che loda il fattore che pratica sconti sui debiti a quanti li hanno contratti con il suo padrone ( Lc, 16,8); che va alla ricerca della pecorella smarrita e, ritrovatala dice: "Vi sar� in cielo una gioia maggiore per un solo peccatore che si pente che per novantanove giusti" ( Lc, 15,7); che ai grandi sacerdoti del Tempio ed agli Anziani del popolo dice che: " I pubblicani e le prostitute andranno innanzi a voi nel regno dei cieli" (Mt, 21,31); che analoga promessa annuncia sulla croce al ladrone: " In verit� ti dico : oggi sarai in paradiso con me" ( Lc, 23,42).
Come si conciliano questi e numerosi altri episodi riferiti dal Vangelo con la morale retribuzionista degli uomini? In nessun modo. L'imperscrutabilit� del giudizio di Dio sul valore di ogni singola esistenza vieta allora alla religione di impossessarsi del principio del bene e del male, che � poi il segreto che Dio cela e che il serpente promette ad Adamo ed Eva di svelare.
Quando Adamo ed Ava cedettero alla promessa del serpente prese avvio una storia ancora irredenta, perch� incessante � il bisogno di giustizia che disegna quella maschera di Dio che � il retribuzionismo, il calcolo dei meriti e delle colpe. Il volto di Dio � lontano da quella maschera che la religione cristiana ha confezionato, con i peccati mortali da scontare all'inferno e quelli veniali in purgatorio, per assicurare ai suoi fedeli la vita eterna. Al volto di Dio sono pi� confacenti i tratti del "mistero" e della "grazia" che i cristiani possono leggere nelle figure della "passione" e della "resurrezione", figure illeggibili con gli occhi che hanno in vista il giusto compenso o la giusta retribuzione.
A questo punto possiamo dire che il cristianesimo non pu� attingere alla dimensione del sacro se prima non rinuncia a legiferare in sede morale con i criteri costruiti dalla ragione umana che distingue il vero dal falso, il bene dal male, per orientarsi nel mondo. Non c'� infatti commensurabilit� tra il sapere umano ed il sapere divino, e tantomeno si pu� omologare il giudizio di Dio al giudizio degli uomini. Il timor di Dio, se ancora ha senso, � perch� custodisce questa incolmabile distanza che pu� essere annullata sola dalla pretesa di conoscere il mistero di Dio. Un Dio che a questo punto sarebbe irrilevante, e di cui si potrebbe fare del tutto a meno, una volta che si fosse stabilito che i suoi criteri morali sono uguali a quelli degli uomini.
Se il cristianesimo decide di rinunciare alle prescrizioni morali per tornare ad essere religione che custodisce il mistero di Dio, pu� lasciare agli uomini il compito di formulare una morale che possa valere per tutti, al di l� delle divisioni religiose, come da duecento anni si � cominciato a fare a partire dall'Illuminismo, con qualche passo avanti e mille cedimenti a quel modo di pensare, preparato da duemila anni di cristianesimo, secondo il quale la morale non avrebbe alcun fondamento senza una base religiosa. Anche se il Genesi (3,3) ci ricorda che l'unica proibizione che Dio aveva assegnato ad Adamo ed Eva era proprio quella di accostarsi all' "albero della conoscenza del bene e del male" perch� il giudizio di Dio � imperscrutabile.