Citazione Originariamente Scritto da crepuscolo Visualizza Messaggio
Secondo me il perché riguarda la conoscenza del nostro corpo e della nostra mente.
Chi non digiuna non sa cosa vuol dire e che sentimenti o sensazioni provochi la fame, e così l'astinenza al sesso; la domanda che per me dovrebbe già contenere la risposta è: " Quanto resisterò? "
Poi da questo punto può entrare in gioco la misura della propria volontà. Forza volontà e debolezza danzano attorno stringendosi la mano.
Io direi che astenersi dal.... sia per una conoscenza personale.
questo è vero, e vale esattamente per un discorso morale generale, e per quello che viene chiamato "Dio";

a vita è mossa dal desiderio, in senso lato; per poter desiderare è assolutamente necessario un limite, altrimenti è come se si andasse al ristorante e il menu fosse infinito; cosa ordini, senza accettare di rinunciare ad altro, in un set limitato ?

in Dostoevskij si si legge che "se non c'è Dio, allora tutto è possibile", nel senso che non ci sarebbe alcun freno alle azioni umane;
in realtà, è il contrario: se non c'è Dio - cioè, un limite al desiderabile - niente è possibile, perché l'angoscia ha il sopravvento e il soggetto è incapacitato a relativizzare e desiderare un possibile, individuare un oggetto;
il modo in cui si perdono certi poveri divenuti improvvisamente ricchi dovrebbe suggerire qualche riflessione; le truffe non sono la causa, bensì la conseguenza della loro incapacità di strutturare un nuovo limite ai loro desideri, una volta caduto il vecchio perimetro angusto;

perciò, mangiare con gusto richiede un vero appetito, e una sessualità felice il discernimento di quello che ci piace davvero, tra molte possibilità;

il problema dell'ossessione sessuofobica della religione però si incista su un altro bug della mente umana, anzi due:
il primo è la necessità di far quadrare i conti al caso, la mentalità pagana:
siccome si deve dare un ordine alle cose, e quell'ordine è informato dallo schema fatica/rinuncia = risultato, oggettivamente vero nella determinazione umana - lavorerò, risparmierò, conserverò i semi per i futuri raccolti - si cerca di "imporre" quello schema anche a ciò che è invece governato dal caso:
se mi privo di qualcosa, l'ordine mi restituirà e mi proteggerà; e questo è il senso del sacrificio, della superstizione; difficilmente estirpabile da qualsiasi essere umano;

il secondo è che le personalità insicure, nevrotiche o malate, metabolizzano come forza ed estremizzano le loro patologie, perché questo li illude di un controllo: una persona che si sente poco desiderabile, o rifiutata, diventa trascurata, perché così amministra il rifiuto temuto, che può raccontarsi come una una sua scelta;

analogamente, una disciplina sessuofobica incontra l'esigenza diffusissima di sottrarsi alla competizione sessuale, che angoscia la maggior parte delle persone, insicure; le quali, solo modicamente nevrotiche, si rifugiano in una monogamia più o meno soddisfacente, si accontentano di una misura, che è remedium anche alle nevrosi, finché tiene;

quindi, oscilliamo inevitabilmente tra l'incomprensione della necessità di un limite, materiale e morale, e l'incomprensione dell'artificiosità di qualsiasi limite che percepiamo o definiamo come naturale e assoluto, mentre si tratta solo di un adattamento, spesso nevrotico, a volte patologico;

il che, non vuol dire certamente che sarebbe legittimo aspettarsi da qualsiasi persona la rimozione serena e funzionale di troppi tabù in una vita sola, perché l'educazione famigliare e sociale ce la portiamo appresso.