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Sindrome della capanna
Per molti il binomio solitudine e web si traduce nella “sindrome della capanna”, così è stata definita dagli psichiatri per identificare chi, dopo un lungo periodo di isolamento sociale, non vuole più uscire e prova ansia e malessere se deve tornare alla “vita normale”.
Capisco la riluttanza del mio vicino di casa a riprendere la vita di prima, perché, dice, è diventata faticosa la vita di adesso. Per entrare in un’agenzia bancaria ci vuole una prenotazione, che si fa attraverso un numero verde, che non risponde mai. Spedire una raccomandata alla posta richiede mezza mattinata di fila, causa meno sportelli aperti, ecc.. Allora è possibile che qualcuno finisca per preferire la vita in casa, con tutte le sue limitazioni, cercando, se possibile, di non farsi “annebbiare” la mente. Gli esperti dicono che è sufficiente l’ascolto giornaliero di un solo telegiornale; non bisogna cercare continuamente di ascoltare le notizie sull'andamento della pandemia, altrimenti si diventa alienati. Informarsi senza che diventi un’ossessione e poi dedicarsi ad altro: hobby, interessi culturali, giardinaggio, tutte le attività che ci piacciono e ci fanno stare bene. Chi può, si dedichi all’attività fisica che ha anche una valenza psicologica.
Gli anziani non stanno messi bene…. Un’indagine dell’università di Stirling, nel Regno Unito, ha dimostrato che con la pandemia gli over 65 ammettono di sentirsi più soli, di avere meno contatti con gli altri, di essere meno attivi di prima, di essere più depressi. Comunque il loro timore del contagio è poco legato alla paura della possibile morte, perché questa li accompagna mentalmente ogni giorno, invece i giovani si sentono immortali.
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