YR4 era gigantesco, regolare, persino elegante nella sua traiettoria ad anello di Mobius. Un ammasso di quark, gluoni, elettroni e una scarpa vecchie trovata nella galassia di Andromeda. Nessun sobbalzo gravitazionale, nessuna oscillazione nello sguardo. Scivolava via nello spziotempo con l’indifferenza di un vecchio imperatore che ha disdetto l’invito alla festa dei barbari.
Se ne andava verso un sistema planetario di una stelluccia di mezza tacca al bordo di una galassiuccia senza storia, né interesse : verso Saturno, cosi' carino con i suoi anelli a disco di vinile o forse più in là: la sua orbita raccontava un destino tranquillo, un finale senza clamore. La Terra, quel pianetucolo dalla troppa vanità e dal poco silenzio, era ignorata. E non per sbaglio. Per disprezzo.

In quel mentre, nel solito bar di discuterepuntoit, quello che non cambia mai, nemmeno di fronte alla termodinamica , Kanyu stava lucidando un elmo medievale con una compostezza da prelato. Vega, seduta accanto al vecchio registratore di cassa, stava facendo calcoli a mente sulla probabilità di inversione asimmetrica dello spaziotempo, armata solo di un bicchiere d’acqua frizzante e una matita masticata.
“È troppo lontano,” disse lei, come se stesse parlando del vicino di casa.
Kanyu sospirò. “Ma non è mai troppo tardi per una chiamata sacra.”
“E per un rito.”
Si guardarono. Lo sapevano entrambi: era il momento di agire.


Nella penombra rossa del bar, odorante di vetiver stanco, birra calda e caffè rassegnato, i due si alzarono in piedi. Vega, autoproclamata Papessa della Religione dell’Asteroide Vendicatore e Purificante, indossò un copricapo fatto di lattine di chinotto, piume sintetiche e due vecchi cerchi di rame rubati a un quadro elettrico comunale.
Kanyu, in qualità di Papa Carlino I, indossò la toga da scout cerimoniale, cucita con cartine topografiche di province ormai abolite.
“Nel nome del Vento, del Vuoto e del Vetro rotto!” intonarono.
Vega prese la parola, solenni le sillabe:
“Yax’chulun, Ur-Nammu, Gwydion delle Nebbie: ascoltateci!”
“Attraverso la curva piegata della realtà, richiamiamo il Vendicatore Errante!” aggiunse Kanyu, sollevando una bottiglia di rhum vuota come se fosse un’ostensorio.
Nel silenzio irreale del bar, qualcosa scricchiolò. Non un suono fisico, ma la sensazione netta che un angolo dell’universo stesse… sbadigliando.


Fu allora che Conogelato apparve come sempre: non entrò, si manifestò.
Vestito con la sua tunica finta domenicana fatta con tovaglie da sagrestia, sollevò un braccio e tuonò:
“E vidi l’Asteroide librarsi come angelo cadente nella bacinella del Tempo!
E dissi: ‘Tu sei la Chiave e la Fionda, il Martello e la Ruota dentata!’
Convertitevi, o amebe senzienti, ché la marea di fuoco purificherà la vostra cronologia!”
Raccolse poi una copia del menù e lo agitò come fosse l’Apocalisse secondo San Ginetto.
“È scritto! E la bottiglia si spezzerà, e i cocktail saranno versati senza mescita, e i bicchieri diranno amen!”
Kanyu annuì, come se tutto fosse andato secondo copione.
Vega aggiunse due gocce di chinotto nel bicchiere vuoto: “Sacrificio accettato.”


Rachele passò in quel momento. Non si sentì la porta. Era già lì.
Indossava una veste da badessa galattica e disse una sola cosa:
“Ogni richiamo ha la sua eco. Ma attenzione: anche le eco, a volte, giocano a rubamazzetto. E barano.”
Poi svanì, lasciando dietro di sé un vago profumo di incenso e pixel.
Nel bar, tutte le bottiglie ondeggiarono. Non per il vento.
Un’impercettibile onda gravitazionale, come un sussurro nella spina dorsale dello spaziotempo, attraversò il locale. Il ghiaccio nei bicchieri tintinnò con tono interrogativo.
“Ma funziona...” sussurrarono Kanyu e Vega all’unisono, come due medium appagati.
Conogelato, già inginocchiato sopra un tappeto rubato da una moschea Ikea, esultò:
“Sì! Così era scritto nella Rapsodia del Gorgonzola Errante!
E lo spirito di Rachele è testimone! Noi abbiamo invertito l’orbita!”


Lo spazio-tempo si piego' con un rumore (se ci fosse stato qualcuno ad ascoltarlo) di gessetto sulla lavagna, modificandosi a ripido imbuto verso il terzo pianeta di quella stelluccia. L’asteroide facendo una curva che manco sciumarer con la rossa (no, non dark), borbotto' contumelie non adatte ad un asteroide beneducato . Disse non " θάλαττα θάλαττα" come Senofonte, ma , novello gabbiere di Colombo (quello senza impermeabile e sigaro) : "Terra ! Terra !"

Ed il destino fu deciso.

Da qualche parte nell’universo, Pascal si sfrego' le mani e penso' : "Finalmente incasso il premio per la scommessa. Vinco a mani basse. "