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Una sacra reliquia: Il torsolo della mela di Eva
Cronaca storica sulla reliquia fondamentale per l'Umanità.
Dopo il Peccato e la giusta, definitiva ed irrevocabile quanto prevista sentenza, Eva (finalmente) stette un po' zitta.
Adamo trovo' nell’azione manuale una forma di terapia. Così conciò il Serpente. Letteralmente. Lo stese a forza di mazzate, con un bastone d’ulivo non ancora classificato come simbolo di pace e ne fece un contenitore, in pelle. Ci mise dentro il torsolo.
Adamo, va detto, non era del tutto cartavelinico ed aveva intuito una regola fondamentale della convivenza matrimoniale o more-uxorio con una donna di genere femminile: conservare prove. Sapeva che in futuro, durante le inevitabili dispute sul "di chi é la colpa", avrebbe potuto tirar fuori quella reliquia come un’arma non violenta ma definitiva.
Il torsolo era la testimonianza muta ma eloquente della prima scelta sbagliata della Storia. E, nota non trascurabile, non era colpa sua. Preveggente prudenza coniugale maschile.
La conservazione ? Non si sa esattamente come "Il Torsolo della peccato" sia sopravvissuto. Alcuni dicono che Adamo lo abbia trattato con resina d’albero, rimorsi e lacrime amare, altri parlano di un tentativo di tecniche criogeniche , come una buca all'ombra del negozio di abbigliamento (il fico).
Quando la Prima Famiglia (i supestiti dalla prima tragedia familiare) si disperse, e la Storia prese a correre, con guerre, esodi e catene genealogiche sempre più confuse, il Torsolo fu affidato alla stirpe con l’ordine non scritto di custodirlo e di mantenerlo segreto.
E, soprattutto, di non perderlo.
E così attraversò i millenni, nascosto nel bagaglio a mano della Storia.
Durante l’Impero romano, finì nelle mani di un centurione di guarnigione in Giudea, che lo considerava un "porta-fortuna agricolo". Lo usava nei riti per la fertilità delle vigne e delle api, fino a quando un prefetto stoico come Marco Aurelio, lo scambiò per metafora filosofica e lo fece incastonare in una fibula. Caduto in disgrazia, per Commodità (orribile, lo so. Devo fare sfoggio di cultura storica) la fibula, passò nei mercati di Antiochia, poi in quelli di Lugdunum. I legionari ne ridevano, ma nessuno osava buttarlo.
Unni, goti, ostrogoti, visigoti, bevigoti lo trascurarono. (penosa, lo so
)
I Longobardi, più pratici, lo cucinarono. O almeno provarono. Il torsolo, reso coriaceo da secoli, non si lasciò masticare.
Fu allora che un monaco irlandese lo sottrasse e lo interpretò come segno divino: "Il nocciolo della Conoscenza", scrisse. Lo mise in un reliquiario insieme a una falange, un imene e due prepuzi di dubbia provenienza, sotto infuso alcolico di orzo e segale cornuta, torbato.
I Vichinghi, razziando il monastero, trovarono il contenitore. Non capendo cosa fosse, lo affidarono allo skald, il cantore, come talismano. Incomincio' a girare per i fiordi come “la Mela che parlò agli Dèi”.
Più tardi, fu recuperato da un crociato francese nella presa di un caravanserraglio, dove veniva usato come tappo di riserva per un’anfora di mirra. Tornato in patria, il cavaliere lo donò ai templari in cambio di indulgenza. L’Ordine lo conservò nella sede di Parigi, sotto la dicitura: “Pomum Ultimum”.
Dopo lo scioglimento dell’Ordine, meglio, l'incinerazione, sparì. Ma non del tutto.
Secondo lo storico (statunitense) Daniele Bruno
, Leonardo da Vinci, esaminando certi codici cifrati recuperati a Firenze, avrebbe annotato:
"Fructum residuum, il quale non si guasta, mi fu mostrato da uno frate muto, in cella che non dava sul chiostro."
Disegnando un oggetto simile a un torsolo sezionato, con frecce che indicavano “centro della spira cognitiva”. Senza ulteriori spiegazioni. Un altro codice, probabilmente.
Nel XVII secolo, il torsolo fece la sua comparsa a Cambridge. Un certo Isaac Newton, già incline a mescolare teologia e meccanica, trovò nel “reperto vegetale” una curiosa coincidenza con le sue riflessioni sulla caduta dei corpi. Non era la mela a colpirlo: era ciò che restava. Scrisse, in un appunto poco noto:
"Non fu il frutto, ma il torsolo, a restarmi in mente. È il centro che attrae, non la polpa che nutre."
Durante il Settecento il torsolo ricomparve brevemente nei salotti francesi. Un antiquario massone lo presentò a Voltaire come “frammento dell’Albero della Verità”. Voltaire rise, ma lo comprò. Lo teneva in una teca tra una statuetta cinese e il ritratto di Locke. Pare lo mostrasse agli ospiti più scettici, come provocazione:
"Ecco l’origine del dogma, ridotta a fibre e semi. Ma ancora la temono. E darei la vita affinché possano continuare ad aver paura"
Durante la Rivoluzione, la teca sparì con l’assalto alla casa dell’antiquario. Qualcuno dice fu trafugata da un giacobino che la regalò a Robespierre, il quale, superstizioso, la regalo' a Marat come soprammobile portafortuna per la sala da bagno.
Altri la videro, anni dopo, esposta in un bordello filosofico di Lione.
Alla fine del Settecento, il torsolo arrivò a Königsberg a Kant, che non amava viaggiare ma collezionava oggetti strani portatigli da viaggiatori. lo ricevette probabilmente da Eulero, dopo aver attraversato i famosi ponti (nota domenicale erudito-saccente). Lo osservò a lungo, poi scrisse in una nota marginale della Critica del Giudizio:
"Se anche il mondo fenomenico intero crollasse, sotto il cielo stellato e dentro di noi, resterebbe forse un torsolo: residuo dell’uso improprio della libertà."
Non lo citò mai apertamente, ma pare che lo tenesse sullo scrittoio, nascosto da una tazza da tè scheggiata, ed in tasca quando faceva la passeggiate per taratura del tempo della città. Quando morì, il torsolo fu rimosso da un servo silenzioso, che lo portò con sé in Lettonia. Da lì scomparve di nuovo.
Nel XIX secolo, il torsolo fu citato in una lettera di Nietzsche a un collega filologo:
"Mi hanno mostrato un oggetto ridicolo, reliquia dell’innocenza perduta, che pare sia passato di mano in mano come verità imbarazzante. Non l’ho sbeffeggiato: l’ho riconosciuto."
Un ufficiale prussiano, collezionista di oggetti mistici, pare lo avesse ritrovato in Boemia e lo avesse affidato a una loggia esoterica berlinese. Si vociferava che Wagner lo avesse voluto per il finale del Parsifal, ma il progetto fu giudicato troppo bizzarro persino per Bayreuth.
Ricomparve solo nel secolo successivo, a Cambridge: Wittgenstein lo ricevette in dono da un collega teologo, che lo trovava “più parlante di cento trattati morali”.
Ludwig lo fissò, lo capovolse, lo pesò in mano, e infine sussurrò:
"Di ciò su cui non si può ragionare, si può forse masticare."
Lo lasciò in un cassetto dell’università, tra una tabacchiera (di legno) e un martello.
E parti' per la prima guerra mondiale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, alcuni rapporti alleati riportano la sigla “T.d.M.E.” in una lista di beni trafugati da un’unità SS specializzata in arte sacra e reliquie. L’oggetto fu poi smarrito nel caos postbellico.
Se ne é persa ogni traccia.
E così, oggi, si mormora che il "Torsolo della Mela di Eva", vero o simbolico , sia custodito in un caveau di una banca svizzera o spedito nello spazio come prova di civiltà umana da mostrare agli alieni .
O nelle mani di un discendente dei templari in una grotta o monastero ?
Vassapé.
(continua)
Ultima modifica di restodelcarlino; 29-06-2025 alle 13:40
Motivo: ortografia
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