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Discussione: Dark: La mia vacanza

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  1. #1

    Dark: La mia vacanza

    Era partita per sbaglio, o forse per stanchezza. Aveva prenotato un last-minute mentre aspettava che il caffè riempisse la vasca da bagno e la gatta smettesse di limarsi le unghie con la scimitarra afghana .
    Infilò nel trolley nero più lacca che bikini, qualche libro che non avrebbe letto, due eyeliner, un quaderno e tre sigarette sciolte. Direzione: Apiaggia, l’unica località balneare dove le onde sembrano recitare madrigali a ritmo di flamenco e la notte odora di disincanto e spray antizanzare.
    Lì, tra locali notturni illuminati da neon che parevano bestemmie al buon gusto, Dark cercava di dimenticare. Cosa? La stanchezza, probabilmente. Ed un ciclo di prediche su "Mantide irreligiosa: ossimoro o fimmina dissoluta ?" sul quale aveva dovuto fare un servizio TV .

    All’arrivo fu un festival. Non musicale, almeno non nel senso convenzionale. Il lungomare brulicava di tipi che sembravano usciti da una brochure psichedelica: tutti musicisti, tutti single, tutti con strumenti improbabili e gli occhi da cucciolo timido svezzato troppo presto che cerca un padrone affettuoso e servile.
    Un giapponese suonava una caccavella, miagolando. Un altro, una specie di monaco con l'aria da vittima, ma lo sguardo lubricamente furbetto che suonava, lascivamente un flauto peruviano. Poi, un giullare panzuto dai pantaloni a scacchi, con un putipù per accompagnare un rap sconclusionato in napoletanromanesco abborracciato.
    Ancora, un'eco di Ale, versione balneare con sandali e conta-bracciate che suonava un tamburello di campanelli da bici.

    Erano, in fondo, tutte declinazioni dello stesso fallimento estetico: ciascuno cercava di imporre il proprio fascino sulle corde della metafora erotico-musicale. Tutti educatamente fastidiosi. Tutti in attesa che lei abboccasse alla battuta: “Suono anche la tromba, sai…”.
    Dark, capelli rosso tiziano, tendente al ruggine per stanchezza e sguardo da maledizione etrusca, li scansava come una scienziata in laboratorio: curiosità sì, ma guai a toccare. Beveva , stancamente, grappa di caffeina del Mozambico per ridere da sola, fumava solo per infastidire i salutisti. Ogni tanto scriveva appunti con la biro nera sulla pelle del braccio. Cose come:
    “Tutti vogliono scoprirti. Nessuno vuole leggerti. E nessuno ti capirebbe”

    Fu quando decise di fare una pausa dal caos: il settimo rifiuto in tre ore le aveva abbassato la pressione, portando le glandole mammaria alle ginocchia, che lo vide.
    Seduto al bancone del bar più appartato, sotto un’insegna mezza spenta: "La Nave dei Sogni", nome tragico ma evocativo, Kanyu. Panama inclinato, camicia bianca aperta sul petto villoso, il volto tagliato da una malinconia che non cercava pietà. Sorseggiava, lento, un rhum scuro come i suoi pensieri, masticando un frammento di cioccolato fondente, come se stesse leggendo Conrad.
    Il sigaro cubano, tra le dita, si consumava in lente volute. Non aveva cellulare, né fretta. Solo tempo, e occhi che parevano aver visto il peggio di ogni porto senza perdere stile, con l’aura disillusa dei marinai che attraccano solo per ricordare perché non avrebbero dovuto gettare l'ancora.

    Dark lo puntò, si sedette accanto. Ordinò un amaro. "Del capo...di Buona speranza..." per attaccar bottone con una battuta penosissima. Poi ci riprovo' con qualcosa di intelligente, forse sfrontato, forse affascinante.
    Lui ascoltò, soffiò il fumo verso l’alto come fosse un’offerta sacrificale.
    "Le donne come te meritano di non essere collezionate", disse.
    Poi tornò al suo bicchiere.

    Dark resto' muta. I capelli rossi calarono sulla fronte coprendole il volto, come la tela di un teatro alla fine della tragedia.

    Cadde il silenzio.

    Nel frattempo, un gruppo di villeggianti si era accorto della scena. Due figure in particolare osservavano da lontano, con smorfie diverse. Una, una simil-Baux vestita da intellettuale neo-bohémienne, laureata in performatività emotiva, esperta in semiotica dello sguardo. L’altra, una simil-Ninag sportiva, ordinata, donna da camminata nordica e giudizio ben saldo.
    Entrambe avevano già tentato e fallito.
    "È solo una che finge di essere stanca per sembrare profonda", sibilò la simil-Baux, arricciandosi un ciuffo.
    "Quella lì vive di drammi come noi viviamo di escursioni", concluse la simil-Ninag, strizzando la borraccia per estrarne l'ultima stilla.

    Dark
    si alzo,' lentamente. Disse al bartender impassibile. "Paga lui". E usci. Senza voltarsi.

    Il fumo del sigaro continuà a salire in lente volute azzurrine.
    "Suonala ancora, Sam".

    In camera,l’aria condizionata non funzionava.
    Si stravacco' sul letto come un quattro di bastoni che fa scopa sul quattro di denari.
    Scartoccio' una barretta proteica gelata (Sammontana, Empoli) al gusto “Disillusione tropicale”.
    Sgranocchiò lentamente, fissando il soffitto.
    Disse : "Che schifo !". E la butto'.

    Poi scrisse sull’interno del polso:
    “Né tromba, né amico. Solo silenzio e ruggine.”

    E fece le valige per ritornare a discuterepuntoit

    Vacanze.
    Mai più.
    Stanca morta, più che mai.
    Ultima modifica di restodelcarlino; Ieri alle 14:35

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