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Discussione: "Colombaide"

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  1. #1
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    "Colombaide"

    Dicono che il piccione sia un animale crudele. Quando “duella” con un altro piccione si avventa su di lui finché non muore.

    Piccione e colombo appartengono alla stessa specie, ma hanno colorazioni, carattere e habitat differenti.
    Vengono detti colombi quelli domestici, piccioni quelli selvatici o urbani.

    La differenza tra i colombi e i piccioni è nel colore del loro manto.

    Generalmente il piccione ha un manto colorato dai colori dalle tonalità sul grigio con macchie e striature di colori differenti. Invece i colombi hanno il manto bianco perciò fin dall’antichità la colomba è scelta come simbolo sia di pace sia religioso, rappresenta la spiritualità.

    La colomba è divenuta l’emblema della pace sulla scia del racconto biblico del diluvio. Quando le acque si ritirarono, essa tornò nell’arca di Noè, “reggendo nel becco una tenera foglia d’ulivo” (Genesi 8, 11).

    Ma anche nell’apparente mitezza della colomba c’è l’oscura pulsione aggressiva istintiva. Ogni animale rimane nella sua specie e nel suo comportamento. Invece l’umano usa il dono della libertà per travalicare il confine e diventare feroce.

    La cronaca giornalmente ci informa che persone apparentemente “normali” diventano belve umane. Il dominio di sé è un esercizio severo, soprattutto contro il veleno dell’odio.

    La cosiddetta “guerra delle due rose” (nota in inglese come Wars of the Roses) fu una sanguinosa lotta dinastica combattuta in Inghilterra tra il 1455 e il 1485 (1487 per una parte della storiografia inglese) tra due diversi rami della casa regnante dei Plantageneti: i Lancaster e gli York.

    La guerra provocò l'estinzione delle linee maschili di entrambi i casati e si concluse con l'affermazione di una nuova dinastia, i Tudor, di ascendenza lancasteriana, ma in cui confluivano anche gli York, tramite il matrimonio della loro ultima rappresentante, la principessa Elisabetta, con il nuovo re, Enrico VII Tudor.

    William Shakespeare nel dramma teatrale “Riccardo III” (The Life and Death of King Richard III, Vita e morte di re Riccardo III) quando al re viene rimproverata la sua crudeltà, egli cinicamente risponde: “anche le bestie hanno pietà, ma io non sono una bestia e quindi non la provo”. Il paradosso, volutamente feroce, rovescia l’argomento morale e mostra la sua disumanità.

    Il dramma ha inizio col famoso elogio che Riccardo tributa al fratello maggiore, Edoardo IV, appena divenuto re d'Inghilterra.

    “Ormai l'inverno del nostro scontento /
    s'è fatto estate radiosa ai raggi di questo sole di York”.


    In realtà dalle parole di Riccardo emerge l'invidia nei confronti di Edoardo, aitante e giusto; Riccardo descrive invece sé stesso come

    “plasmato da rozzi stampi" e "deforme, monco", privo della minima attrattiva per "far lo sdilinquito bellimbusto davanti all'ancheggiar d'una ninfa”.

    Egli risponde all'angoscia della sua condizione affermando la sua volontà:

    “Ho deciso di fare il delinquente e odiare gli oziosi passatempi di questa nostra età”.
    Ultima modifica di doxa; 13-10-2025 alle 10:16

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