Antica Grecia e Roma

Due giovani uomini si baciano. Da un vaso greco di epoca classica.

Benché fra la Grecia classica e la Roma ellenistica esistesse una certa differenza d'atteggiamento rispetto all'omosessualità, è possibile, per semplificare, trattare assieme di Grecia e Roma.
La Grecia giustificò talvolta l'amore omosessuale con teorizzazioni filosofiche e artistiche originali che a Roma mancarono. E Roma dimostra, rispetto alla Grecia, un atteggiamento più rozzo e diretto verso la sessualità, e fa meno uso di alibi filosofici ed artistici.
Ciononostante, la mentalità del maschio romano nei confronti del ragazzo oggetto dei suoi desideri non è fondamentalmente diversa rispetto a quella del greco dell'età classica.
La vera rottura di mentalità non si ebbe al passaggio da mondo classico al mondo ellenistico, ma nel passaggio dal mondo ellenistico al mondo cristiano.

Iniziamo con la verifica delle differenze tra il comportamento antico e quello dei nostri giorni.
L'atteggiamento del mondo classico nei confronti dei comportamenti omosessuali differiva da quello della nostra epoca per tre motivi.

Principalmente il giudizio sociale relativo agli atti sessuali non si basava come ai giorni nostri sulla scelta del genere sessuale del o della partner sessuale, bensì sulla scelta del ruolo sessuale rivestito dal maschio nel coito (attivo o passivo). Il ruolo "attivo" era considerato degno del maschio anche all'interno di un rapporto omosessuale, mentre qualsiasi tipo di "passività" era violentemente disprezzata, come lo era tutto ciò che fosse associato ad essa: ad esempio gli attori erano disprezzati perché sulla scena interpretavano anche ruoli femminili.

Una seconda differenza riguardava il fatto che nell'antichità il criterio per stabilire la liceità dell'atto omosessuale non si basava come oggi sul raggiungimento o meno della cosiddetta età del consenso di entrambi i partner, bensì sulla condizione personale (libero o schiavo) del soggetto "passivo". Era lecito un rapporto sessuale anche con un bambino, se schiavo (e se il padrone era d'accordo!), era illecito un rapporto con un adolescente consenziente ormai uomo se l'adolescente era un cittadino e subiva il ruolo "passivo". (E qui si noti un equivoco comune: ephebos in greco non era colui che chiamiamo oggi "efebo", cioè un adolescente: la ephebeia era infatti la prima classe dell'arruolamento militare, e palesemente non poteva riguardare altro che uomini fatti, per quanto giovani "reclute"). Da questo punto di vista, è particolarmente lontano dalla nostra mentalità il concetto di "stupro consensuale", che invece esiste nel diritto romano nel caso di un rapporto sessuale proibito dalla legge, anche quando entrambi i partner erano consenzienti. Stuprum, in latino, significa per questo sia "stupro", sia "rapporto sessuale fra persone consenzienti ma proibito dalla legge".

Una terza differenza, infine, consisteva nel fatto che il matrimonio, nell'antichità, era prima di tutto un contratto destinato a produrre benefici (una prole che mantenesse il genitore anziano e inabile nell'età tarda, alleanze politiche, trasferimento di patri-monio, accrescimento della potenza militare della comunità...), e non era, come al giorno d'oggi, pensato idealmente per soddisfare di un bisogno affettivo individuale (l'amore era un gradito "extra" che poteva arrivare dopo il matrimonio, ma non la ragione per cui il matrimonio avveniva). Per questa ragione il matrimonio era una cerimonia praticamente obbligatoria. L'omosessualità esclusiva era un privilegio di pochi, perché anche per i ricchi il matrimonio era un obbligo: se non economico, almeno dinastico