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l'ulteriore passo verso l'illuminazione, stato superiore di coscienza, dove finalmente il bene ed il male, o terra se preferite, non rappresenteranno più il nostro limite perché la pianta ha già messo frutto.
E' parziale perchè identifichi il frutto finale con un "bene" che poi non identifichi con le caratteristiche che rendono quel risultato "il bene" e ci si ritrova in un bene relativo allo scopo del contadino che produce il frutto per mangiarselo o commercializzarlo.
Restando sull'esempio agricolo
due contadini coltivano la terra, per avere gli stessi frutti agresti, poi uno ne fa granaglie e l'altro carburante biologico, chi ha fatto bene e chi male? su quale base universalmente riconosciuta? visto che entrambi i contadini il loro risultato lo hanno ottenuto?
Oppure il contadino produce frutti avvelenati che sterminano i passeri che si mangiano il suo raccolto, ha fatto bene o male?
Quindi il soggetto indeterminato resta il concetto di bene o male che poi si farà riferimento proprio e lo stesso resta problema se tale riferimento sia innato e stabile, oppure sia indotto e variabile, piuttosto che una combinazione.
Ovvero nella questione non si può dare per scontato che il bene sia bene di per se stesso, salvo affermare che sia comunque bene il raggiungere lo scopo proprio nella situazione propria, cosa che può pure essere, però è meglio precisarla e, in quell'accezione, pure il killer che riesce ad uccidere la sua vittima fa bene, se la mancasse farebbe male, quelli d'altra parte sono i suoi frutti, ma è questo il pensiero che si voleva esprimare?
Quindi cosa fa del bene il bene che si dice e cosa lo rende riferimento condivisibile in proprio per spontanea scelta propria?
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Crepuscolo e il gatto...avete provato a rileggervi ?
Si, la cosa è complicata alquanto, ma il problema non è semplice.
Ciò tuttavia non ti impedisce di darci la tua definizione del bene e del male e dirci quanto questa tua definizione ricalchi quella presente negli altri e quanto stimi in questi sia stabile nel tempo.
Del tipo: io ritengo bene ciò che mi torna utile nel momento in cui mi serve quel particolare utile per cui perseguendolo e ottenendolo nel mio ho fatto il bene, ciò rede il mi "bene" diverso da quello altrui e la situazione complessiva è molto variabile di conseguenza per tutti, perchè raramente si persegue un solo scopo proprio che tale sia e si mantenga per una vita.
Cosa per cui la coscienza è il risultato di una combinazion di contesti e necessità proprie ed è mutabile con il mutare di queste.
Questa è la mia risposta, ovviamente altri rispondono altro se diversamente è per loro, però il semplice fatto di avere risposte diverse da una risposta alla questione di fondo sull'esistenza di una coscienza uniforme e stabile nella vita di tutti.
Perchè la questione posta è questa
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La coscienza potrebbe essere l'unico elemento tangibile (nel senso che lo riusciamo a percepire) che può indicarci cosa è giusto o cosa è sbagliato, trasmettendoci relative sensazioni.
Ma se la coscienza cambia?
Può succedere che oggi io ritenga sbagliata qualcosa che, domani, riterrò giusta?
In questo caso non vi sarebbe alcuna "voce interiore" a guidarci nel corso della vita.
Ovvero si una percezione del mondo, ma correlata ai concetti di bene e di male, quindi non fatta di sola percezione, cosa per altro piuttosto semplice da rilevare, sono il bene e il male difficiletti da gestire.