Originariamente Scritto da
elnick
per quanto attiene l'esistenza del divino io non mi pongo nemmeno il problema di dimostrarne l'esistenza, che infatti si rende possibile solo per grazia divina e non con i mezzi dell'uomo.
In quanto al tentativo di spiegare quanto non è conoscibile come nel tentativo del non credente di spiegarsi la fede quel che trovo ridicolo è il tentativo di ridurre al proprio schema quanto non si riesce a comprendere diversamente.
Il fatto poi di essere in tanti (osservazione che ricorre spesso nelle nostre discussioni) a pensarla in un dato modo non è di gran conforto nè alla logica nè alla validità di una tesi.
Ti spiego, con tutta la pazienza che serve: ho fatto il riferimento ad altri filosofi e pensatori unicamente per non millantare come mia una interpretazione del bisogno di religione dell'uomo che invece mi precede di secoli. Sul resto, cercherò anche in questo caso di essere paziente: se ho davanti a me in un fenomeno - la fede - che si basa su un presupposto per me inesistente - e certamente indimostrabile - non è che non sono capace di comprendere, ma lo comprendo dandone una spiegazione secondo il mio schema che ha la MASSIMA dignità, quello che non prevede Dio. Trovo però ridicola e molto riduttiva la posizione di chi pensa che non possa farlo: puoi proporre un forum riservato ai credenti, per coerenza.
per quanto riguarda l'equazione bisogno ricerca fede sei sulla buona strada per la prima parte. La conclusione invece salta un paio di passaggi: è vero che il senso della vita comprende la morte, non è invece affatto vero che comprenda la paura in quanto l'equivalenza morte-paura che tu dai per scontata nella ricerca etica non lo è minimamente. Lo è il concetto morte-paura residuale, che nasce da una visione materiale dell'esistenza ma è appunto un concetto residuale che andrebbe invece totalmente escluso dalla prima equazione. Il che ovviamente ti porta a rovesciare la conclusione di un ragionamento che, altrimenti, sarebbe logico ed è appunto quanto cercavo di spiegare.
Eppure dovresti leggermi con maggiore attenzione, perché nella mia prima risposta avevo scritto: "La paura è insita nella natura dell'uomo, e la capacità di agire - e quindi di vivere - senza esserne condizionati, dando uno scopo alle proprie azioni che non sia quello di ricevere una ricompensa o scampare ad un castigo è di pochi, credenti o atei o agnostici che siano." Quindi, per me tu stai parlando dei pochi che approdano alla fede attraverso una ricerca etica, mentre io sto sostenendo uno schema che comprende i tanti, e che è basato sulla paura del niente, come ha detto l'utente credente dandomi ragione. Però, non escluderei affatto che lo schema valga anche per quei pochi, perché anche il bisogno di trovare un senso - è lì che la ricerca etica mira - può nascere dalla paura di vivere una vita che non ce l'abbia, quel "niente" di Conogelato . Poi, quando l'hai trovato o lo stai cercando è possibile che superi quella paura, o la trascendi per chi crede.