Sai, sembrava che divorziare, da come ne avevi parlato, qualcosa contro una certa morale che sentivi e che veniva un po'...dall'alto.
Sai, sembrava che divorziare, da come ne avevi parlato, qualcosa contro una certa morale che sentivi e che veniva un po'...dall'alto.
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Una complicazione di più specialmente quando non serve.
Non mi sembra di averne parlato nei termini che tu dici, forse ti riferisci a cono.
Vedi, tu sei più elastico, forse perché il tuo dio lo è. Per cono pensare di divorziare è tipo strada spianata per l'inferno.
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Evidentemente la pensa così, comunque buon per loro se si vogliono bene e vogliono sacralizzare il loro matrimonio.
Anche mia moglie ed io pensavamo all'inizio che durasse. Ora è passato ma ai tempi della separazione, per cui io sono ritornato a 40 anni a vivere con mia madre, non è stata facile per nessuno dei due.
Separarsi è sempre traumatico. Doloroso. Se ci sono figli, angosciante. Non è che chi prende questa decisione si escluda automaticamente dal Disegno Divino di Salvezza, ragazzi. Possibile che dell'Amoris Laetitia non abbiate letto neppure una pagina?
«bisogna egualmente considerare il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un'isola, facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto».[12] «Le tensioni indotte da una esasperata cultura individualistica del possesso e del godimento generano all’interno delle famiglie dinamiche di insofferenza e di aggressività».
Gesù, «riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che “per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così” (Mt 19,8). L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”: Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. […] La condiscendenza divina accompagna sempre il cammino umano, guarisce e trasforma il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce. Dai Vangeli emerge chiaramente l’esempio di Gesù, che […] annunciò il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio.
«Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cfr Gv 1,9; Gaudium et spes, 22) ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione, li incoraggia a compiere il bene, a prendersi cura con amore l’uno dell’altro e a mettersi al servizio della comunità nella quale vivono e lavorano. […] Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico – ed è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove – può essere vista come un’occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio, laddove questo sia possibile».[78]
79. «Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione».
http://w2.vatican.va/content/frances...-laetitia.html
amate i vostri nemici
Vieni via conino, che tanto è peccato e nemmeno la comunione alla messa è consentita.
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dipende dal prete/vescovo, forse
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi".
A rischio di non essere aggiornata io, non credo proprio. C'era stato un po' di dibattito tempo fa, ma non credo sia cambiato qualcosa in maniera eclatante.
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Non ho alcun problema, anzi, diciamo che già da prima della separazione cominciavo a nutrire dei dubbi sul senso della chiesa e dei suoi riti che mi sembravano sempre più vuoti. Preferisco navigare da solo in acque agitate piuttosto che navigare con certe compagnie in acque calme.
Mi può essere sfuggito qualcosa, ma non ho trovato un riferimento preciso all'eucarestia, tante chiacchiere ma mi manca il punto che dice a chiare lettere che, valutato il caso, il divorziato può fare la comunione.
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Leggi il capitolo 297:
Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia “immeritata, incondizionata e gratuita”. Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino (Amoris Laetitia, 297)
I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale.
https://it.aleteia.org/2017/12/13/co...apa-francesco/
amate i vostri nemici
Ma a chiare lettere non si afferma che i divorziati o alcuni divorziati possono accedere alla comunione. Poi se anche ora succede, manca sempre l'ufficialità. Finché rimane dentro scritti di contorno e non nella dottrina nero su bianco è un altro conto. Se c'è un po' do elasticità intanto, ben venga per chi ci crede e ci tiene, ma verba volant...
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Il fatto è che la chiesa non capisce se star fuori o se star dentro.