Siede la patria mia tra il monte e 'l mare,
Quasi teatro ch'abbia fatto l'arte,
Non la natura, a' riguardanti appare,
E 'l Tagliamento l'interseca, e parte:
S'apre un bel piano, ove si possa entrare,
Tra 'l merigge e l'occaso, e in questa parte
Quanto aperto ne lassa il mar e 'l monte
Chiude Liquenza con perpetuo fonte.
Nel mezzo siede la città, ch'eresse
Attila, e gli Unni, onde il suo nome ottenne;
Nobil Città, ch'ad Aquilea successe,
Che innanzi a quel flagello a terra venne:
E lo stesso crudel, che l'una oppresse,
Sollevò l'altra, ove il suo campo ei tenne:
Così si cambia il mondo, e le ruine
Son de le cose ad un principio e fine.
Non è di basso nome, e fu già caro
Albergo al grande Julo, onde s'appella:
Dolci acque, verdi selve, ed aer chiaro,
Bei colli, largo pian, vaghe castella,
Fertil terren, che la speranza raro
Ingannar suol, la fan leggiadra e bella:
E 'l liquor di Lieo cresce in tal copia,
Ch'a largo anco d'altrui tempra l'inopia.
(Erasmo da Valvasone, La caccia canto I, stanze 102-104)







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