Sul tuo continuo attribuire responsabilità a Dio per i nostri errori, riporto il testo di sorella White in Patriarchi e Profeti:
Adamo non poteva negare né giustificare il suo errore. Invece di mostrarsi pentito, accusò sua moglie e Dio stesso: “...La donna che tu m’hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell’albero, e io n’ho mangiato”. Genesi 3:12. L’uomo che per amore di Eva aveva deciso di rinunciare all’approvazione divina, all’Eden e a una vita di gioia eterna ora — dopo il peccato — tentava di attribuire la responsabilità della trasgressione alla sua compagna e perfino al Creatore stesso. La potenza del peccato è davvero terribile. {PP 42.5}
Quando la donna si sentì dire: “Perché hai fatto questo?” Rispose: “Il serpente mi ha sedotta, ed io ne ho mangiato”. Cfr. Genesi 3:13. In realtà con queste parole Eva intendeva dire: “Perché hai creato il serpente? Perché hai tollerato la sua presenza in Eden?” Così come aveva fatto Adamo, anch’ella cercava di imputare a Dio la responsabilità del proprio errore. La pretesa di giustificare le sue azioni illecite era nata nel padre della menzogna, Satana. I nostri progenitori, subendo il suo influsso, manifestarono lo stesso atteggiamento e lo trasmisero a tutti gli uomini. Invece di confessare i loro errori con umiltà, gli uomini tentano di giustificarsi attribuendo la colpa agli altri, alle circostanze e a Dio: perfino le benedizioni divine si trasformano in occasioni per protestare contro di lui. {PP 42.6}