L’inverno del ’44 a Milano è stato il più mite che si sia avuto da un quarto di secolo; nebbia quasi mai, neve mai, pioggia non più da novembre e non una nuvola per mesi; tutto il giorno il sole. Spuntava il giorno e spuntava il sole; cadeva il giorno e se ne andava il sole.
Il libraio ambulante di Porta Venezia diceva: «Questo è l'inverno più mite che abbiamo avuto da un quarto di secolo. È dal 1908 che non avevamo un inverno così mite».
«Dal 1908?» diceva l'uomo del posteggio biciclette. «Allora non è un quarto di secolo. Sono trentasei anni».
«Bene» il libraio diceva. «Questo è l'inverno più mite che abbiamo avuto da trentasei anni. Dal 1908».
Egli aveva perduto il suo banco nei giorni della distruzione di agosto; aveva lasciato la città e non è ritornato a Porta Venezia che al principio di dicembre per poter vedere questo che vedeva: il più mite inverno di Milano dopo il 1908. Splendeva il sole sulle macerie del '43; splendeva ai Giardini, sugli alberi ignudi e sulle cancellate; ed era una mattina d'inverno, era gennaio.
Un uomo si fermò davanti al banco dei libri, portava una bicicletta per mano.
«Buongiorno» il libraio gli disse.
«Buongiorno».
«Che inverno, eh!».
«Che inverno è?».
«È l'inverno più mite che abbiamo avuto da un quarto di secolo».
Si avvicinò l’uomo del posteggio. «Da un quarto di secolo?», disse. «O dal 1908?».
«Dal 1908» disse il libraio.
«Dal 1908».

(Elio Vittorini, "Uomini e no")





Hendrick Avercamp, Winter Landscape with Ice Skaters, c. 1608
Amsterdam, Rijksmuseum