una questione parecchio complessa; a parte le attitudini culturali, che meriterebbero un capitolo a parte, l'origine materiale-strutturale della vocazione all'evasione dipende in grande misura dal basso profilo del sistema produttivo, che è stata una scelta generale del sistema paese durante tutto il secolo scorso;
per semplificare il concetto, dato un costo-base fisso, incomprimibile, di determinati servizi offerti dallo stato - scuola, sanità, lavori pubblici, ecc... - posto ad un certo livello, che possiamo definire 100; e il costo di un determinato tenore medio di vita, che stabiliremo -poniamo - in 200; avremo che:
omettendo per semplificare il risparmio, le pensioni e altre variabili, il sistema paese dovrebbe produrre una ricchezza pari a 300, di cui 200 restano nelle tasche dei cittadini, e 100 vengono versate al fisco, con un livello di tassazione del 33 per %; ci siamo ?
ora, se il sistema produttivo non arriva a quota 300, che succede ?
siccome il sistema dei servizi erogati dallo stato è strutturalmente rigido nei suoi costi - gli stipendi vanno pagati, le strutture manutenute, ecc... il fisco tende a comprimere il reddito privato, aumentando le tasse;
una parte dei contribuenti - quelli che possono, gli autonomi - per necessità o per desiderio di un comprimere il proprio tenore di vita, evade;
nel tentativo di recuperare, il fisco aumenta le aliquote, su tutti, in un meccanismo di avvitamento, dove il reddito fisso paga sempre di più, e così anche gli autonomi che pagano, mentre l'area di evasione modula;
se la politica non è capace di mediare il conflitto sociale, lo ammortizza indebitando lo stato; cioè, sostiene a buffo i redditi e i servizi, in vario modo: svalutando la moneta, creando occupazione dove il mercato non la chiede, sussidiando direttamente i privati, o tollerando l'evasione, che è una forma di sussidio implicito;
in Italia, nel Novecento abbiamo avuto due periodi di modernizzazione: a) il Ventennio, trainato dalla disponibilità di utensili e meccanica generati dalla produzione bellica del Primo conflitto, ma con gli squilibri originati dalla crisi americana del '29; b) gli anni '50, trainati da analoga disponibilità di potenziale produttivo, ma sostenuti da una finanza più solida, che in Europa ha portato il piano Marshall, finito il quale nel 1957, finita la propulsione;
in entrambi i casi, queste fasi sono state contrassegnate da salari molto bassi e scelte di classe, molto conservatrici, e qui arriviamo al punto:
come arrivare a quella famosa quota 300, mantenerla ed incrementarla ? cioè, come creare una ricchezza tale per cui il sistema fiscale non si avvita e viene percepito come un generatore condiviso di equità e pace sociale, in cui evadere è ritenuto meno interessante e remunerativi di contribuire, a qualsiasi livello ?
nelle economie industriali, l'incremento di ricchezza si ha con la maggior sofisticatezza delle produzioni, cioè l'avanzamento tecnologico, che incrementa il valore aggiunto medio delle produzioni; es.: passare dalla lavatrice al pc o allo smartphone, o produrre automobili di qualità migliore, ecc...
il punto è che questo processo richiede una disponibilità della società alla promozione e all'inclusività sociale; cioè, per ottenere questo risultato servono meno operai e più tecnici, ingegneri, ecc... questo significa la promozione dei ceti subalterni, che vengono formati ed istruiti fino a diventare competitivi con le classi dirigenti già al vertice; mobilitare il lavoro femminile, con tutte le implicazioni in termini di costumi sociali, famigliari, ecc...
e questo è ciò che la fragile borghesia italiana non ha voluto, né durante il fascismo, né durante gli anni '50;
perciò le scelte sono state quelle che sono state; i tecnici Montedison hanno inventato brillantissimi brevetti, ma sono stati venduti alla chimica tedesca, che ha fatto festa, perché i ceti dirigenti nazionali conservatori erano molto diffidenti e spaventati di fronte alla sfida di impegnarsi nella riforma del sistema sociale;
in buona misura, pure la sinistra di allora aveva un suo interesse conservatore, perché non voleva correre il rischio che la classe operaia si imborghesisse, come da decenni era avvenuto in Germania;
perciò il sistema si è avvitato sul modus vivendi fiscale che conosciamo, trovando un suo equilibrio precario, sempre sotto la spada di Damocle della questione del debito; finché tiene il debito, la guerra civile sul fisco è rimandata a "domani", perché le pensioni vengono ancora pagate, lo stato precarizza, si lavora in nero, ci si arrabatta, ma si sopravvive, mediando;
in teoria, tutto il sistema può restare in equilibrio e riformarsi gradualmente, posto che:
il progressivo decremento di attività economiche che contribuiscono, vive, sia compensato dall'ingresso di capitali d'investimento stranieri, e persone giovani che li facciano girare e li giustifichino; cioè, lavoratori e consumatori, con figli, ecc...
un paese di anziani consuma solo il proprio patrimonio, ma sempre meno e tende alla recessione, la decrescita e l'abbandono.