Originariamente Scritto da
conogelato
Parla forse di tempistiche la Bibbia? O le interessa l'essenziale?
"che cos’è che fa scattare l’attività scientifica? In altre parole, com’è che la mente umana viene sollecitata a porsi l’obiettivo di quella conoscenza che infine costituirà la scienza? Se interroghiamo coloro che traggono il loro sapere dall’esperienza, vale a dire gli stessi scienziati creativi, riceviamo una risposta unanime. Ciò che in primo luogo li muove a far scienza non è che un senso di sorpresa.
Psicologicamente parlando, è ovvio che l’uomo abbia bisogno della sorpresa per intraprendere l’attività scientifica, perché la scienza è una ricerca del nuovo. Non ci si mette alla ricerca del nuovo se lo stato delle cose appare scontato, ma solo se si presenta in modo insolito. Un famoso detto lo esprime inequivocabilmente: ab assuetis non fit passio, assuefa vilescunt. Ciò a cui siamo avvezzi non ci sorprende, ci appare insignificante. In realtà la scienza ha inizio quando si rimane colpiti dal fatto che il mondo dell’osservazione è così com’è. Vale a dire, il primo apparire della scienza corrisponde alla consapevolezza di una novità e alla aspettativa delusa esperita in rapporto alla realtà quotidiana. Questa sorpresa è di tipo cognitivo, in un duplice senso: il primo consiste nell’improvvisa percezione che l’uomo può realmente conoscere il mondo osservabile; il secondo nella percezione che, nonostante il mondo sia conoscibile, non è ancora conosciuto da parte dell’uomo. Ciò che allora spinge l’uomo a far scienza è l’attrazione esercitata da un’intelligibilità che chiaramente è là, ma fino a quel momento trascurata o ignorata. Per Einstein non c’è dubbio che la scienza, lungi dal sopprimere lo stupore, in realtà contribuisce a incrementarlo: maggiore lo stupore, più forte il progresso della scienza. Da che cosa traeva questa convinzione? Possiamo dire con certezza che la traeva dalla propria esperienza di scienziato creativo. Particolarmente un passo, contenuto in una lettera a un amico, manifesta chiaramente l’origine esperienziale della convinzione di Einstein. «Lei trova strano che io senta l’intelligibilità del mondo (per quanto è lecito parlarne) come una meraviglia (Wunder) o un eterno mistero (ewiges Geheimnis). A priori, ci si aspetterebbe un mondo caotico che il pensiero non è assolutamente in grado di cogliere. Ci si potrebbe (o meglio, dovrebbe) attendere che il mondo fosse soggetto alle leggi solo fino al punto in cui interviene la nostra attività ordinatrice. Si tratterebbe di un assetto simile a quello dell’ordine alfabetico delle parole di una lingua. Al contrario, il genere di assetto che risulta, per esempio, dalla teoria della gravitazione di Newton ha un carattere del tutto diverso. Anche se gli assiomi della teoria sono stati fissati dall’uomo, il successo dell’impresa presuppone un elevato livello d’ordine del mondo oggettivo che non abbiamo alcun diritto di attenderci a priori. Ecco la “meraviglia” che aumenta costantemente con lo sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei di professione che si rallegrano in coscienza di aver sottratto al mondo non solo Dio (entgöttert), ma anche lo stupore (entwundert)»
Per concludere, è ovvio che lo stupore e la scienza sono profondamente interconnesse!
http://disf.org/stupore-nella-scienza-cantore