Ma la domanda culturale è: l’individuo può dimenticare le domande fondamentali sul proprio senso esistenziale, vedendo esso stesso nascere e morire in continuazione, secondo la regola naturale? Può accettare la precarietà come condizione di senso della propria vita?

Non ha senso generalizzare. C'è chi accetta di più, chi di meno, chi non accetta per niente. Siamo tutti diversi etc.. Io non accetto, per questo mi sento un disadattato.