Originariamente Scritto da
BiO-dEiStA
Incuriosito dal titolo, e sperando che si tratti di un'opera a sé stante, alla fine mi sono deciso a leggere l'ultimo romanzo di Elena Ferrante. Non è impegnativo, fila via liscio, l'ho affrontato in due tempi mettendoci in totale una mezza giornata. Sto parlando naturalmente de "La vita bugiarda degli adulti".
Si capisce che l'autrice è napoletana da come descrive bene quella città, mentre di Milano parla molto poco e forse avrebbe potuto farlo ancora meno, poiché nomina alla svelta solo i posti più noti e oltretutto senza che essi abbiano alcun peso nell'economia della narrazione. L'opera è generalmente ben scritta, anche se trovo discutibile qualche scelta di punteggiatura: ad esempio mettere il punto finale dopo la chiusura delle virgolette in un discorso diretto, oppure una carenza cronica di punti di domanda (ammetto di essere particolarmente sensibile su questo tema).
Comunque per almeno tre quarti la trama regge bene, e sembra preludere a qualche colpo di scena finale che però non è mai arrivato. L'evolversi della situazione rende evidente la veridicità del titolo per quanto riguarda i genitori della protagonista e i loro amici, e appare perfino consolatorio che la verace zia Vittoria si riveli in fondo bugiarda, meschina e ipocrita quanto i suoi parenti più presentabili. Atteggiamenti questi che non tardano a contagiare la protagonista adolescente la quale, prima per autodifesa, poi per aperta ribellione nei confronti dei propri genitori finisce per comportarsi esattamente come loro, mentre il rapporto con le sue amiche, figlie dei loro amici, diventa sempre più stentato e ambiguo man mano che la patina di rispettabilità degli adulti si sfalda.
A parte un finale a mio parere banale e deludente, forse lasciato apposta incompiuto per preparare un seguito, vorrei segnalare qualcosa che non riguarda la vicenda principale, ma che ritengo degno di nota. Rosario, figlio di un ricco avvocato, viene presentato ancor prima della sua apparizione come un pericoloso poco di buono, e in seguito tratteggiato con le caratteristiche tipiche degli intoccabili di camorra. Tuttavia le sue azioni stonano parecchio con questa descrizione: alto, allampanato e coi denti sporgenti, non si offende se Vittoria lo minaccia perché sembra che rida, forse solo a causa della sua conformazione, anzi reagisce come uno che non fa male a una mosca anche se provocato. È chiaro che ha un debole per la protagonista e la vorrebbe per sé, ma non fa nulla per forzarla, e quando la porta con la propria macchina assieme al sodale Corrado si lascia comandare da quest'ultimo perché è stato lui a portarcela. Quando poi lei chiede proprio a Rosario di farle perdere la verginità lui appare addirittura imbarazzato, tanto che lei glielo deve ordinare a chiare lettere. Quello che si comporta da vero sbruffone è invece Corrado, che non è un affiliato ma non si fa problemi a esigere giochetti sessuali da lei anche quando la ripugnano.
I poveri di una volta la domenica erano costretti a indossare il loro unico abito decente, mentre i ricchi potevano anche permettersi il lusso di andare in giro con le pezze al culo. Allora i rampolli della mala sono i signori che non devono dimostrare nulla, mentre i veri cafoni sono quelli che non hanno il loro status ma vorrebbero essere come loro? Ignoro se siano proprio queste le intenzioni dell'autrice, sto solo cercando di dare un'interpretazione, ma per conto mio se le cose stanno così la sua costruzione del personaggio è un colpo di genio, altrimenti il suo tentativo riuscito di rendercelo perfino simpatico è un'incongruenza bella e buona.
Ai posteri l'ardua sentenza.