no, stai mentendo e, per dirla con Paolo, sono i tuoi stessi pensieri, qui
scripta manent, che ti accusano, dimostrano la tua malafede; tu ha citato la
Romani per questo motivo, tue parole:
non per affermare l'ovvio, e cioè che Dio sia superiore all'uomo; quando mai è in questione la cosa ?
in questa epistola, l'uomo è oggetto inanimato, un vaso, destinato ad uno o all'altro uso, indipendentemente dalla sua volontà, ed è esattamente questo il "non avere senso", che - correttamente, perché non sei stupido - ti ha fatto citare questo testo, dove si afferma che il destino del vaso è deciso in origine dal
Vasaio, altro che libero arbitrio;
stupido no, ma intellettualmente disonesto sì; e anche poco furbo, visto che ti fai beccare con le mani nella marmellata;
allora, Arcobaleno:
sostiene che la fede sia il prodotto della sola ragione; chi sia venuto a conoscenza dei testi sacri, può decidere di avere fede, a prescindere da qualsiasi ulteriore volontà divina; e questo, effettivamente, sarebbe libero arbitrio;
col problema, però, di spiegare un dio pasticcione, che interviene di continuo, perché, nonostante sia perfetto e presciente, deve correggersi, come se non sapesse da subito dell'
indurimento delle sue creature; ma, visto che è Lui stesso ad
indurire chi vuole, stiamo rappresentando - appunto - il nonsenso di un padre che dice al figlio che
deve fare forca a scuola, e quando quello torna dalla partitella a pallone, gli tira due ceffoni;
perché mi ha comandato così ? Figlio, chi sei tu per questionare i miei ordini ?
il tutto, a comento dell'epistola di uno che sarebbe stato folgorato sulla via di Damasco, e non che sia giunto alla conversione riflettendo pacatamente su postulazioni contenute in un libro, o in seguito a predicazioni
allora, contrariamente a quanto afferma Arcobaleno, per il quale avere fede prescinde dall'intervento divino, visto che, una volta conosciute le Scritture, la fede è il risultato di una scelta, e quindi, nel suo vedere è falsa anche l'umiltà che gli attribuisci:
visto che nel sistema di Arcobaleno credere è una virtù, di cui lui ha merito, e chi non crede, pur disponendo delle Scritture, demerito;
infatti, da qui il giudizio implicito di questa affermazione, che è un po' il generale pensiero del credente:
cioè,
chi non crede non può essere giusto; io credo, quindi sono giusto, più degli atei, dei miscredenti, ecc...
non solo: nell'opinione di Arco, lui è giusto, in effetti, per suo merito, visto che crede per sua scelta, a differenza di me, Vega, La Pazza, Jerda, e tutti i miscredenti;
ma tu, al contrario, affermi - o sembreresti affermare - che la
fede è un dono - suppongo divino - non una scelta della ragione, come Arco:
cioè, l'ateo, il miscredente, ecc... è tale, non ha fede, per una decisione di Dio, del
Vasaio che citi, dal Quale dipende ultimamente il suo destino, a prescindere da qualsiasi libertà, che non è prerogativa di un vaso;
e, questo punto:
si impone lo schema logico, di cui dovresti dar conto; le possibilità a sistema sono queste:
a) è decisiva la fede nella Parola di Dio nel determinare il destino umano; cioè, ci si può salvare o no valutando personalmente secondo il proprio sentimento di giustizia - in buona coscienza categorica, ovviamente ?
Nulla Salus extra Ecclesiam ? si o no ?
i) sì: ma, in questo caso, non si capisce l'essenzialità delle Scritture, né tantomeno della Passione; tutta la religione stessa viene ridotta a morale succedanea per chi non abbia percezione del proprio sentimento di giustizia;
ii) no: in questo caso,
credere,
avere fede, diventa essenziale, condizione imprescindibile per la salvezza;
per prima cosa, dovresti rispondere a questa domanda, in modo netto e onesto: la fede è indispensabile ?
con la consapevolezza delle conseguenze logiche esposte;
nel caso tu affermassi che la fede, credere, osservare la Legge della Chiesa - in senso generico, un magistero religioso, intendo - e non attribuire un primato alla propria coscienza - cioè quelle scelte che critichi anche nei credenti, come
peccato, a coloro che invece le affermano in coscienza, e non per egoismo, come giuste - è indispensabile: e allora ti si pone la questione successiva:
a) la fede è solo ed esclusivamente responsabilità autonoma della persona di fronte alla Rivelazione religiosa; oppure
b) la fede è un
dono divino, in cui l'intervento diretto di Dio è condizione imprescindibile, che rende irrilevante, non decisiva, né sufficiente qualsiasi iniziativa della ragione, per quanto collaborativa;
perché nel caso b), che sembrerebbe la tua tesi,
per la proprietà logica transitiva aristotelica, se il comportamento e la salvezza dipendono dalla fede, e questa, a sua volta, è un dono, dirimente, imprescindibile per la salvezza, che tu hai ricevuto e io no, hai logicamente affermato che Dio ti ha reso diverso, predestinato, gratificandoti di quel dono, decisivo;
dire che anche io posso salvarmi, pur non avendo ricevuto quel
dono, significa affermare il non-senso dell'agire divino, per cui Dio elargirebbe questo
dono, il quale però è irrilevante, visto che ci si salva anche senza credere; cioè, senza Legge, ma essendo legge a se stessi;
tu, se volessi essere credibile, dovresti rispondere in modo organico a queste semplici domande, e non con enunciati di
mirabile sintesi dottrinaria, che enuncia l'assurdo, che infatti non riconosce nessuno, genera "misteri", scismi, teologie rarefatte e lo stesso primato conciliare della coscienza, per quanto ambiguo ;
quando andavi a scuola, non bastava enunciare un teorema di geometria; chiunque può imparare a memoria un enunciato, anche senza averne capito il senso; lo dovevi anche dimostrare, quel teorema;
e non è solo questione di prendere in giro gli interlocutori, con questo continuo smentirsi, dire una cosa e immediatamente dopo negarne il senso; sarebbe una questione di onestà verso te stesso, il primo a cui dici bugie, sapendo che sono tali.