"Preso allora dalla disperazione, tornò di corsa in città e andò difilato in tribunale, per denunziare al giudice i due malandrini, che lo avevano derubato.Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente peri suoi occhiali d’oro, senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo d’una flussione d’occhi, che lo tormentava da parecchi anni.
Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l’iniqua frode, di cui era stato vittima; dètte il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finì chiedendo giustizia.Il giudice lo ascoltò con molta benignità; prese vivissima parte al racconto: s’intenerì, si commosse: e quando il burattino non ebbe più nulla da dire, allungò la manoe sonò il campanello.A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da giandarmi.Allora il giudice, accennando Pinocchio ai giandarmi, disse loro:—Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque, e mettetelo subito in prigione.—Il burattino, sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di princisbecco e voleva protestare: ma i giandarmi, a scanso di perditempi inutili, gli tapparono la bocca e lo condussero in gattabuia.E lì v’ebbe a rimanere quattro mesi: quattro lunghissimi mesi: e vi sarebbe rimasto anche di più se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perché bisogna sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappa-citrulli, avendo riportato una bella vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e di velocipedi, e in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte anche le carceri e mandati fuori tutti i malandrini.—Se escono di prigione glialtri, voglio uscire anch’io —disse Pinocchio al carceriere.—Voi no, —rispose il carceriere —perché voi non siete del bel numero...—Domando scusa; —replicò Pinocchio —sono un malandrino anch’io.—In questo caso avete mille ragioni —disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprì le porte della prigione e lo lasciò scappare "
Collodi: Pinocchio
Brano chiave di volta di educazione civica italiana
Bello, farei bene a rileggerlo.
"La storia che i cacciatori-raccoglitori hanno recitato negli ultimi milioni di anni non è una storia di dominio e di conquista. Recitarla non li ha portati al potere, ma ha dato loro vite colme di umanità e di significato. Ecco che cosa scoprireste, se andaste tra loro: non vivono in preda a un perenne malcontento o a un desiderio di ribellione, non si azzuffano di continuo su cosa deve essere proibito o permesso, non si accusano a vicenda di non comportarsi nel modo giusto, non vivono nel terrore del prossimo, non impazziscono perché le loro vite sono vuote e senza scopo, non devono intontirsi con le droghe per avere la forza di arrivare al giorno dopo, non inventano una nuova religione ogni settimana per avere qualcosa a cui aggrapparsi, non sono eternamente alla ricerca di qualcosa da realizzare o in cui credere, che renda la vita degna di essere vissuta. E questo non succede perché vivono a contatto con la natura, o perché non hanno un governo organizzato oppure perché possiedono una bontà innata. Succede soltanto perché recitano una storia che è adatta alla gente, che ha funzionato per milioni di anni e che funziona ancora oggi, dove la “civiltà” non è riuscita ad annientarla."
Daniel Quinn, Ishmael, come riportato da Michele Vignodelli, La civiltà contro l'uomo, capitolo consultabile a questo link.
Al sommo figlio di Crono non invidio la capretta nutrice; ad allattarmi con le loro mammelle sono state due amabilissime ninfe: Mete, l'Ebbrezza, figlia di Bacco, e Apedia l'Incultura, figlia di Pan. Le vedete qui con me, nel gruppo di tutte le altre mie compagne e ancelle, delle quali se, per Ercole, vorrete sapere i nomi, da me li sentirete solo in greco. Quella che vedete con le sopracciglia inarcate è senz'altro Filautia, la Vanità; quella che vedete con gli occhi lusinghieri, e che fa il gesto di applaudire, è Colacìa, l'Adulazione; quella mezza addormentata che ha l'aria di sonnecchiare si chiama Lete, l'Oblio; quella che si appoggia sui gomiti con le braccia incrociate si chiama Misoponia, la Sfaticataggine; l'altra, cinta da un serto di rose, e tutta spalmata di unguenti, Hedonè, la Voluttà; Anoia, La Demenza questa, dagli occhi inquieti, che vagano qua e là. Quella dalla pelle lucente e dal corpo bello grasso si chiama Trufè, la
Debosciatezza. Tra le fanciulle potete vedere anche due Dèi: Como, chiamato Crapula e Ipno, il Sonno profondo. Col fedele aiuto di questa mia servitù io sottometto alla mia giurisdizione tutte le cose, di qualsiasi genere ed esercito il comando sugli stessi comandanti.
Erasmo da Rotterdam- Elogio della follia
Ascoltatemi amici, romani, concittadini…
Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo.
Il male che l’uomo fa vive oltre di lui.
Il bene sovente, rimane sepolto con le sue ossa… e sia così di Cesare.
Il nobile Bruto vi ha detto che Cesare era ambizioso. Grave colpa se ciò fosse vero e Cesare con grave pena l’avrebbe scontata.
Ora io con il consenso di Bruto e degli altri, poiché Bruto è uomo d’onore, e anche gli altri, tutti, tutti uomini d’onore…
Io vengo a parlarvi di Cesare morto.
Era mio amico. Fedele giusto con me… anche se Bruto afferma che era ambizioso e Bruto è uomo d’onore.
Si è vero. Sul pianto dei miseri Cesare lacrimava.
Un ambizioso dovrebbe avere scorza più dura di questa.
E tuttavia sostiene Bruto che egli era ambizioso e Bruto è uomo d’onore.
Si è anche vero che tutti voi mi avete visto alle feste dei Lupercali tre volte offrire a Cesare la corona di Re e Cesare tre volte rifiutarla. Era ambizione la sua?
E tuttavia è Bruto ad affermare che egli era ambizioso e Bruto, voi lo sapete, è uomo d’onore.
Io non vengo qui a smentire Bruto ma soltanto a riferirvi quello che io so.
Tutti voi amaste Cesare un tempo, non senza causa. Quale causa vi vieta oggi di piangerlo? Perché o Senno fuggi dagli uomini per rifugiarti tra le belve brute.
Perdonatemi amici, il mio cuore giace con Cesare in questa bara. Devo aspettare che esso torni a me.
Soltanto fino a ieri la parola di Cesare scuoteva il mondo e ora giace qui in questa bara e non c’è un solo uomo che sia così miserabile da dovergli il rispetto, signori.
Signori, se io venissi qui per scuotere il vostro cuore, la vostra mente, per muovervi all’ira alla sedizione farei torto a Bruto, torto a Cassio, uomini d’onore, come sapete.
No, no. Non farò loro un tal torto. Oh… preferirei farlo a me stesso, a questo morto, a voi, piuttosto che a uomini d’onore quali essi sono.
E tuttavia io ho con me trovata nei suoi scaffali una pergamena con il sigillo di Cesare, il suo testamento.
Ebbene se il popolo conoscesse questo testamento, che io non posso farvi leggere perdonatemi, il popolo si getterebbe sulle ferite di Cesare per baciarle, per intingere i drappi nel suo sacro sangue, no…
No, amici no, voi non siete pietra né legno, ma uomini.
Meglio per voi ignorare, ignorare… che Cesare vi aveva fatto suoi eredi.
Perché che cosa accadrebbe se voi lo sapeste? Dovrei… dovrei dunque tradire gli uomini d’onore che hanno pugnalato Cesare?
E allora qui tutti intorno a questo morto e se avete lacrime preparatevi a versarle.
Tutti voi conoscete questo mantello. Io ricordo la prima sera che Cesare lo indossò. Era una sera d’estate, nella sua tenda, dopo la vittoria sui Nervii.
Ebbene qui, ecco.. Qui si è aperta la strada il pugnale di Cassio.
Qui la rabbia di Casca.
Qui pugnalò Bruto, il beneamato.
E quando Bruto estrasse il suo coltello maledetto il sangue di Cesare lo inseguì vedete, si affacciò fin sull’uscio come per sincerarsi che proprio lui, Bruto avesse così brutalmente bussato alla sua porta.
Bruto, l’angelo di Cesare.
Fu allora che il potente cuore si spezzò e con il volto coperto dal mantello, il grande Cesare cadde.
Quale caduta concittadini, tutti… io, voi, tutti cademmo in quel momento mentre sangue e tradimento fiorivano su di noi.
Che… ah… adesso piangete?
Senza aver visto che le ferite del suo mantello...?
Guardate qui, Cesare stesso lacerato dai traditori…
No… no, amici no, dolci amici… Buoni amici… Nooo… non fate che sia io a sollevarvi in questa tempesta di ribellione.
Uomini d’onore sono coloro che hanno lacerato Cesare e io non sono l’oratore che è Bruto ma un uomo che amava il suo amico, e che vi parla semplice e schietto di ciò che voi stessi vedete e che di per sé stesso parla.
Le ferite, le ferite… del dolce Cesare… Povere bocche mute…
Perché se io fossi Bruto e Bruto Antonio, qui ora ci sarebbe un Antonio che squasserebbe i vostri spiriti e che ad ognuna delle ferite di Cesare donerebbe una lingua così eloquente da spingere fin le pietre di Roma a sollevarsi, a rivoltarsi.
"Giulio Cesare"
William Shakespeare
Aut hic aut nullubi
Dimentica di me stessa, ho passato da un pezzo i limiti. Tuttavia, se vi pare che il discorso abbia peccato di petulanza e prolissità, pensate che chi parla è la Follia, e che è donna. Ricordate però il detto greco: "spesso anche un pazzo parla a proposito"; a meno che non riteniate che il proverbio non possa estendersi alle donne
Erasmo da Rotterdam- Elogio della follia
A UN BEONE
Chi crede che Acerra puzzi
del vino ieri bevuto,
s'inganna:
Acerra continua a bere
sino alle luci dell'alba.
Marziale: Epigrammi I , 28
"Quanto ai termini di bene e di male, anch’essi non indicano alcunché di positivo nelle cose, se le consideriamo in sé, e non sono altro che modi del pensare, ossia nozioni, che noi ci formiamo in conseguenza del nostro confrontare le cose le une con le altre. Una stessa cosa, infatti, può essere nello stesso tempo buona, e cattiva, e anche indifferente: la Musica, per esempio, è buona per chi è melanconico e cattiva per chi soffre; e per chi è sordo non è buona né cattiva. Ma, sebbene le cose stiano così, ci conviene egualmente continuare ad usare quei termini. Poiché, infatti, noi vogliamo configurare un’idea di Uomo che sia il modello della natura umana, al quale fare poi riferimento, ci sarà utile conservare i termini in parola nel senso che ho detto. Di qui in poi, pertanto, intenderò per buono (o per bene) ciò che sappiamo con certezza essere un mezzo per avvicinarci sempre più a quel modello della natura umana che ci proponiamo; per cattivo (o per male) invece intenderò ciò che sappiamo con certezza esserci d’ostacolo alla realizzazione in noi di quel modello. In base a questo noi definiremo gli umani come più perfetti o più imperfetti in proporzione del loro maggiore o minore avvicinarsi al modello predetto. Si deve poi far molta attenzione a questo: che quando dico che un umano passa da una minore ad una maggiore perfezione io intendo dire non che quegli cambi in un’altra essenza o forma la sua propria essenza o forma (un cavallo, per esempio, cessa di esistere come cavallo sia che si muti in un Uomo, sia che si muti in un insetto): ma che noi ci rendiamo conto che la sua potenza di agire, in quanto essa risulta dalla sua natura, aumenta o diminuisce. Infine, per perfezione in generale intenderò, come ho detto, la realtà, cioè la natura di una cosa qualsiasi in quanto essa esiste ed agisce in un certo modo, senza alcun riferimento alla sua durata. Nessuna cosa singola può infatti dirsi più perfetta perché ha perseverato più a lungo nell’esistere, dato che la durata delle cose non può determinarsi in base alla loro essenza. L’essenza delle cose, invero, non implica alcuna certa e determinata durata dell’esistenza nel tempo: ma una cosa qualsiasi, sia essa più o meno perfetta, potrà sempre perseverare nell’esistenza con la medesima forza con la quale comincia ad esistere: così che in questo tutte le cose sono eguali."
Etica IV Prefazione
Baruch Spinoza
....la solea esprime i suoi problemi esistenziali in maniera diretta e drammatica proprio attraverso il suo modo fisico di essere. Morfologia e carattere sono inscindibili e devono essere esaminati insieme in maniera da chiarire,possibilmente, la loro curiosa interdipendenza. Cio' non é facile perché, se da un lato la solea si esprime nella forma,dall'altro quel che la forma esprime é proprio l'incapacità di esprimersi della pianta. Paradossalmente il suo apparente slancio vitale finisce per inventare un linguaggio, sia pure rudimentale,che, in qualche modo, riesce ad articolare le frustrazioni di non poter produrre foglie, frutti, rami e persino vere radici...omissis....
"Ma quale é l'immagine" si domanda lo Spinder "che una pianta puo' avere di sé e del proprio corpo?"
"La botanica paeallela"- capitolo 11
Leo Lionni
«Le buone influenze non esistono, signor Gray. Tutte le influenze sono immorali... immorali dal punto di vista scientifico.»
«Perché?»
«Perché influenzare qualcuno significa dargli la propria anima: non pensa più con i suoi pensieri spontanei, né arde delle sue passioni spontanee. Non ha virtù proprie. I suoi peccati, se cose come i peccati esistono, sono presi a prestito. Diventa l'eco della musica suonata da un altro, l'interprete di una parte che non è stata scritta per lui. Lo scopo della vita è lo sviluppo di noi stessi. La perfetta realizzazione della nostra natura: questa è la ragione della nostra esistenza. Oggi l'uomo ha paura di sé. Ha dimenticato il più elevato di tutti i doveri, il dovere che ciascuno di noi ha nei confronti di se stesso. Naturalmente è caritatevole, dà da mangiare agli affamati e veste i mendicanti, ma la sua anima langue ed è nuda. Il coraggio ha abbandonato la nostra specie, o forse non lo abbiamo mai realmente avuto. Il timore della società, che è il fondamento della morale, il terrore di Dio, che è il segreto della religione, sono le due cose che ci governano. E tuttavia...»
«Dorian, volta la testa leggermente verso destra, da bravo,» disse il pittore, immerso nel suo lavoro e conscio solo del fatto che nel viso del giovane era apparsa un'espressione che non aveva mai visto prima.
«E tuttavia,» proseguì Lord Henry con la sua voce bassa e musicale e con quell'elegante ondeggiare della mano che era stato una sua caratteristica fin dai tempi di Eton, «credo che se ognuno dovesse vivere pienamente la sua vita, se desse concretezza a ogni sua sensazione, espressione a ogni pensiero, realtà a ogni sogno, credo che il mondo ne riceverebbe un così fresco impulso di gioia che dimenticheremmo tutti i malanni del medievalismo e ritorneremmo all'ideale ellenico e forse a qualcosa di più bello e più ricco dell'ideale ellenico. Ma il più coraggioso di noi ha paura di se stesso. Le mutilazioni dei selvaggi sopravvivono tragicamente nella repressione del proprio io che deturpa la nostra vita. Siamo puniti per i nostri rifiuti. Ogni impulso che cerchiamo di soffocare fermenta nella nostra mente e ci avvelena. Il corpo pecca una sola volta e supera subito il peccato, perché l'azione è un modo di purificarsi. Allora non rimane più nulla, salvo il ricordo del piacere, o il lusso di un rimpianto. L'unico modo di liberarsi di una tentazione è abbandonarvisi. Resisti, e la tua anima si ammalerà del desiderio delle cose che si è proibite, di passione per ciò che le sue stesse mostruose leggi hanno reso mostruoso e illegale. Si è detto che i grandi avvenimenti dell'umanità si sviluppano nel cervello. Ed è anche nel cervello che si verificano i grandi peccati dell'umanità. Lei, signor Gray, lei stesso durante la sua purpurea gioventù, durante la sua candida adolescenza, ha avuto passioni che l'hanno spaventata, pensieri che l'hanno riempita di terrore, sogni e fantasticherie il cui semplice ricordo dovrebbe farla arrossire di vergogna...»
«Basta!» balbettò Dorian Gray, «basta! Lei mi sconvolge. Non so che cosa risponderle: c'è una risposta ma non la trovo. Non parli, mi lasci pensare. O, meglio, lasci che provi a non pensare.»
Oscar Wilde
INTRODUZIONE.La natura, ossia l'arte per mezzo della quale Dio ha fatto e governa il mondo,viene imitata dall'arte dell'uomo, oltre che in molte altre cose, anche nellacapacità di produrre un animale artificiale. Infatti, poiché la vita non è altro cheun movimento di membra, l'inizio del quale sta in qualche parte internafondamentale, perché non potremmo affermare che tutti gli automi (macchinesemoventi per mezzo di molle e ruote, come un orologio) possiedono una vitaartificiale? Che cos'è infatti il cuore se non una molla e che cosa sono i nervi senon altrettante cinghie, e le articolazioni se non altrettante rotelle chetrasmettono il movimento a tutto il corpo secondo l'intendimento dell'artefice?L'arte si spinge anche più avanti attraverso l'imitazione di quel prodottorazionale che è l'opera più eccellente della natura: l'uomo. Viene infatti creatodall'arte quel grande LEVIATANO chiamato REPUBBLICA O STATO (in latinoCIVITAS) che non è altro che un uomo artificiale, anche se ha una statura e unaforza maggiori rispetto all'uomo naturale, per proteggere e difendere il quale èstato voluto. In esso la sovranità è un'anima artificiale poiché dà vita emovimento all'intero corpo; i magistrati e gli altri funzionati con compitigiudiziari ed esecutivi sono le articolazioni artificiali; la ricompensa e lapunizione (per mezzo dei quali ogni giuntura e membro sono legati al seggiodella sovranità e sono quindi mossi a compiere il proprio dovere) sono i nervi, iquali hanno la stessa funzione nel corpo naturale; la prosperità e la ricchezza ditutti i singoli membri sono la forza; la "salus populi" (la sicurezza del popolo) èil suo compito; i consiglieri, che gli suggeriscono tutto ciò che deve conoscere,sono la memoria; l'equità e le leggi sono una ragione e una volontà artificiali; laconcordia è la salute; la sedizione è la malattia e la guerra civile la morte. Infine,i patti e le convenzioni (1), attraverso i quali sono state originariamente prodotte,riunite e unificate le parti di questo corpo politico, assomigliano a quel "fiat" o aquel "sia fatto l'uomo" pronunciato da Dio al momento della creazione.
Thomas Hobbes: "Il Leviatano"
"I piccoli malati terminali di nove anni sono anime vecchie e sagge. Tutti i bambini lo sono, se hanno sofferto, se il loro quadrante fisico si è deteriorato prima dell'adolescenza. Dio ha creato l'uomo in maniera talmente miracolosa che il quadrante spirituale, che di solito non emerge prima dell'adolescenza, comincia a spuntare prematuramente per compensare la perdita di abilità fisiche. Ecco perché i bambini moribondi sono anime vecchie e sagge, simbolicamente parlando. Sono molto più saggi dei bambini sani e allevati in una serra. E' per questo che noi diciamo sempre ai genitori: ' Non proteggete i vostri figli! Condividete con loro il dolore e l'angoscia, altrimenti diventeranno dei menomati. Tanto, prima o poi le piante dovranno comunque uscire dalla serra, e allora non riusciranno a resistere al freddo e al vento".
ELISABETH KUBLER ROSS, "La morte è di vitale importanza"
" L' uomo ha una tale passione per il sistema
e la deduzione logica che è disposto ad alterare la verità,
per non vedere il visibile, a non udire l' udibile,
pur di legittimare la propria logica."
Dostoevskij.