Originariamente Scritto da
conogelato
E' crollato per la decadenza dei costumi, Pazza. Per la sua decadenza etica e morale....
Articolo apparso su IL FOGLIO, che certo non è cattolico.....
Così crolla una civiltàDenatalità, aborto, celibato, divorzio, malthusianesimo: ecco perché è finito l’Impero romano. Lo storico francese De Jaeghere racconta l’epoca del disincanto che tiene di mira l’occidente.
Le civiltà muoiono dall’esterno o dall’interno? Questo è il quesito più affascinante e riguarda anche l’occidente contemporaneo. “La loro scomparsa è il frutto di aggressioni esterne (guerre, disastri naturali, epidemie) o la conseguenza di una erosione interna (decadimento, incompetenza, scelta disastrosa)?”, si chiede Roger-Pol Droit. Arnold Toynbee, nel secolo scorso, è stato irremovibile: “Le civiltà muoiono per suicidio, non per omicidio”. Questa formula dello storico britannico, autore di uno studio monumentale di storia in dodici volumi, pubblicati dal 1934 al 1961, è diventata celeberrima. Lo studioso francese René Grousset ha sviluppato la stessa idea: una civiltà è distrutta dalle proprie mani. “Nessuna civiltà viene distrutta dall’esterno senza essersi innanzi tutto essa stessa deteriorata, nessun impero viene conquistato dall’esterno senza essersi precedentemente autodistrutto”, scriveva Grousset. “E una società, una civiltà non si distruggono con le proprie mani che quando hanno cessato di capire la loro ragione d’essere, quando l’idea dominante intorno alla quale si erano dianzi organizzate ridiventa loro estranea”.
La crisi demografica accasciò l’impero nei primi due secoli della nostra èra: “Nell’età dell’oro dell’Alto Impero, all’apogeo della civiltà. Il divorzio era diventato una pratica comune tra le élites alla fine della Repubblica, sotto l’influsso dei costumi ellenistici”. La contraccezione era praticata in tutta la scala sociale: “Galla – scriveva Marziale in uno dei suoi Epigrammi – vuole essere soddisfatta ma non vuole figli”. “Qui – dichiarava un contadino di Crotone nel ‘Satyricon’ di Petronio – nessuno cresce bambini perché se si hanno degli eredi naturali non si viene invitati ai banchetti, né agli spettacoli, si è esclusi da ogni piacere e si vive in tristezza tra la feccia”. Le fonti letterarie ci informano della varietà dei metodi utilizzati: amuleti e pozioni magiche, periodi di astinenza, impacchi o beveroni a base di noce di galla, di ferola erubescente, di artemisia, di scorza di melograno, di polpa di fico secco. “Nel II secolo l’aborto, che fino ad allora veniva praticato per far sparire bambini nati da amori clandestini, si estese a grande scala tra le coppie dell’alta società. L’infanticidio di una creatura non riconosciuta dal padre non veniva punito dalla legge. L’omosessualità era diffusa”. Se lo spopolamento venne aggravato dalle epidemie di peste scoppiate ai tempi di Marco Aurelio e di Claudio II, oltre che dai cinquant’anni di guerra e di distruzioni del III secolo, questo tuttavia non fu solo la conseguenza della crisi dell’impero, “ma anche lo specchio di un disincanto, il frutto di un materialismo che portava a ritenere la famiglia una forma di schiavitù, il bene comune una chimera e la felicità di vivere senza obblighi, invece, come il fine supremo dell’esistenza”.
Michel De Jaeghere conclude indicandoci Roma come un monito: “Possiamo stare tranquilli davanti allo spettacolo della nostra prosperità senza precedenti, delle nostre tecnologie sempre più sofisticate, di un mondo le cui connessioni virtuali danno l’illusione dell’onnipotenza. Possiamo persuaderci del fatto che i sintomi che annunciavano la caduta dell’Impero romano di occidente si erano manifestati in modo chiaro ai loro contemporanei. Che le élites del V secolo (la generazione degli ultimi Romani che fu testimone del sacco di Roma e della perdita della sua potenza) avevano presagito che avrebbero vissuto grandi avvenimenti, che il destino li aveva scelti per assistere all’affondare del più grande impero mai esistito sotto il cielo. Che non soffriremo alcun male finché non noteremo nessuno dei segnali che avevano fatto intuire loro il disastro. Non è così, però. I contemporanei della fine dell’impero romano, infatti, rifiutarono di crederci per tutto il tempo in cui riuscirono ad afferrarsi alle loro chimere. Roma ci serve da avvertimento”.
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