Uno degli effetti non voluti del coronavirus è stato quello di far pensare molte persone al possibile incontro con quella che Francesco d’Assisi denominava “sorella morte”. Di fronte ad essa le reazioni sono spesso spontaneamente simili a quella avuta da un granduca di Toscana, ma non so chi.
Si racconta che il confessore di un granduca di Toscana, un frate cappuccino, al suo penitente moribondo avesse ingenuamente suggerito: “Altezza, è bello andare in paradiso!”. Ma il granduca con un filo di voce replicò: “Ma io sto così bene anche a Palazzo Pitti!”.
Un altro episodio. Una domenica mattina un parroco dopo aver descritto le beatitudini nel Paradiso e le modalità per i credenti di raggiungerlo, chiese ai fedeli in chiesa: “ Chi di voi ha voglia di andare in Paradiso?”.
Tutti alzarono la mano, ad eccezione di un vecchietto in prima fila.
Il prete, sorpreso, domandò: “Chi di voi vuole andare all’Inferno?”. Nessuno alzò la mano, compreso l’anziano.
Il sacerdote allora gli si avvicinò e gli chiese: “ma lei dove vuole andare? In Paradiso, no; all’Inferno, neppure!…”.
E l’uomo gli rispose: “il Paradiso è bello, ma non ci voglio andare, perché sto bene qui!”.
Il granduca e l’uomo anziano pur così diversi per mentalità e condizione sociale erano concordi nel dire: “meglio la terra che il cielo, meglio vivere bene quaggiù che sperare nell’incerto Paradiso.
Tutte le religioni hanno cercato in forme diverse di varcare con l’immaginazione la frontiera della mortalità pensando a come può essere l' altro aspetto della “vita” per chi ci crede.
Il desiderio di fantasticare oltre quel limite ha pervaso per secoli la storia dell' arte, della letteratura e della filosofia.