fin qui, ci saremmo; posto che la cosa ha dei costi; e si tratta di stabilire su chi ricadranno; stampare moneta non fa aumentare il PIL, ma lo redistribuisce; a meno che quella moneta non produca ricchezza, non vada alla voce "investimenti", con un tasso di redditività superiore agli interessi;
nel brevissimo periodo, e purché si intenda che quella massa monetaria verrà ritirata;Quanto ai rischi, il capo economista del Ft ne elenca due. Sul primo, l’inflazione, scrive: «Nella situazione deflazionistica come quella attuale, una banca centrale ha una potenza di fuoco illimitata, e l’inflazione non è vincolante oggi».
perché se tu fossi un investitore che ha in portafoglio una moneta aumentata in quelle quantità, anche se ora non la vedresti inflazionata, dovresti comunque anticipare il rischio che lo diventi, che la politica consigli di non ritirarla, e perciò te ne disfaresti prima che si svaluti il suo potere d'acquisto, scatenando tu steso l'inflazione, perché ne aumenteresti la velocità di circolazione;
questo direbbe qualsiasi economista serio ed onesto;
questa è certamente una cosa sensata; esattamente il motivo per cui non ha molto senso impuntarsi sui formalismi; tanto, meccanismi cogenti di sanzione non ci sono, e tanto meno maggioranze politiche;Il secondo: la prossima sentenza della Corte di Karlsruhe, che a maggio potrebbe dichiarare incostituzionale il programma d’acquisto della Bce di tutti i 750 miliardi. «Ciò creerebbe immediatamente una crisi politica», scrive Wolf. «La Germania uscirebbe dall’euro. Berlino avrebbe un’opzione di uscita credibile. Ma un ritorno al D-Mark creerebbe un enorme choc economico e politico. E i tedeschi sarebbero pazzi a esercitare questa loro opzione, per quanto possano odiare la Bce. Il crollo della zona euro sarebbe una catastrofe».
il governo italiano conta quel che conta; poco; non può atteggiarsi a "padrone" e sfidare la situazione, tirando la corda fino al punto di mettere in difficoltà anche i meglio disposti tra gli interlocutori, anche loro pressati all'interno;Suggerimenti condivisibili, simili a quelli di Mario Draghi, che però non sembrano per nulla in sintonia con la linea del governo Conte-Gualtieri, fautori di Mes ed eurobond più di quanto lo siano per il Qe della Bce. Semmai, piaccia o meno, Wolf finisce con il dare ragione agli economisti della Lega, che però sono all’opposizione.
i leghisti fanno il loro; vogliono la crisi dei conti per inserirsi e destrutturare l'Italia fiscale; nemmeno uscire dall'euro, che fa molto comodo a tutto il nord-est inserito nelle filiere produttive tedesche;
loro vogliono "liberarsi della zavorra del sud", giungere ad un punto di rottura che consenta di negoziare una radicale riforma del fisco, per tenersi i soldi delle tasse il più possibile; questo è un obiettivo coerente con tutta la storia e le aspirazioni dell'elettorato leghista da sempre, che non viene certo modificato con quella propaganda "nazionale" da specchietto per le allodole, alla ricerca di qualche voto in Calabria o Abruzzo.